Clima Regioni

Emergenza clima: il Rapporto dell’Osservatorio CittàClima 2022

L’annuale Rapporto dell’Osservatorio CittàClima di Legambiente segnala che In Italia gli eventi climatici estremi stanno accelerando, senza che l’Italia si sia dotata, uno dei pochissimi casi in UE, di un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici che definisca un programma strutturale di finanziamento per le aree urbane più a rischio.

Nei primi 10 mesi del 2022 in Italia si sono registrati 1.503 eventi climatici estremi (più 27% sull’intero 2021). A preoccupare è il bilancio degli ultimi 13 anni: dal 2010 al 31 ottobre 2022 si sono registrati 1.503 fenomeni estremi, 780 i comuni colpiti e 279 le vittime. Tra le regioni più colpite: Sicilia (175 eventi estremi), Lombardia (166), Lazio (136), Puglia (112), Emilia-Romagna (111), Toscana (107) e Veneto (101).

È l’ulteriore allarme lanciato dall’annuale Rapporto dell’Osservatorio CittàClima di Legambiente, presentato il 18 novembre 2022, realizzato con il contributo del Gruppo Unipol, il cui scopo è di contribuire a far crescere l’attenzione e le analisi scientifiche sugli impatti che la crisi climatica ha sulle aree urbane e sul territorio italiano e per chiedere di accelerare le politiche di adattamento al clima, a livello nazionale e locale.

Sui 1.503 fenomeni estremi ben 529 sono stati casi di allagamenti da piogge intense come evento principale, e che diventano 768 se si considerano gli effetti collaterali di altri eventi estremi, quali grandinate ed esondazioni; 531 i casi di stop alle infrastrutture con 89 giorni di blocco di metropolitane e treni urbani, 387 eventi con danni causati da trombe d’aria.

Ad andare in sofferenza sono soprattutto le grandi città con diverse conferme tra quelle che sono le aree urbane del Paese più colpite in questi 13 anni: da Roma – dove si sono verificati 66 eventi, 6 solo nell’ultimo anno, di cui ben oltre la metà, 39, hanno riguardato allagamenti a seguito di piogge intense; passando per Bari con 42 eventi, principalmente allagamenti da piogge intense (20) e danni da trombe d’aria (17). Agrigento, con 32 casi di cui 15 allagamenti e poi Milano, con 30 eventi totali, dove sono state almeno 20 le esondazioni dei fiumi Seveso e Lambro in questi anni.

La preoccupante fotografia scattata da Legambiente e presentata nel giorno in cui si dovrebbe concludere la COP27 di Sharm el.Sheikh, ma che al momento non si sa se ci sarà un prolungamento per trovare all’ultimo momento il compromesso tra nazioni ricche e quelle in via di sviluppo bloccate sulla creazione di un fondo per i paesi devastati dagli effetti del riscaldamento globale (Loss&Damage), per lanciare un doppio appello: se da una parte al livello internazionale è fondamentale che si arrivi ad un accordo ambizioso e giusto in grado di mantenere vivo l’obiettivo di 1.5 °C ed aiutare i Paesi più poveri e vulnerabili a fronteggiare l’emergenza climatica, dall’altra parte è fondamentale che l’Italia faccia la sua parte.

L’Associazione del Cigno Verde chiede al Governo Meloni e al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica MASE), Gilberto Pichetto Fratin, in primis, che venga aggiornato e approvato entro la fine dell’anno il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC), rimasto in bozza dal 2018, quando era Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti.

Ad oggi sono saliti a 24 i Paesi europei che hanno adottato un piano nazionale o settoriale di adattamento al clima e la grande assente è l’Italia che, peraltro, in questi ultimi 9 anni – stando ai dati disponibili da maggio 2013 a maggio 2022 e rielaborati da Legambiente – ha speso 13,3 miliardi di euro in fondi assegnati per le emergenze meteoclimatiche (tra gli importi segnalati dalle regioni per lo stato di emergenza e la ricognizione dei fabbisogni determinata dal commissario delegato). Si tratta di una media – sottolinea l’Associazione – di 1,48 miliardi all’anno per la gestione delle emergenze, in un rapporto di quasi 1 a 4 tra spese per la prevenzione e quelle per riparare i danni.

Nella lotta alla crisi climatica da troppi anni l’Italia sta dimostrando di essere in ritardo – ha dichiarato Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente – Continua a rincorrere le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione, che permetterebbe di risparmiare il 75% delle risorse economiche spese per i danni provocati da eventi estremi, alluvioni, piogge e frane, e non approva il Piano nazionale di adattamento al clima, dal 2018 fermo in un cassetto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica. È fondamentale approvare entro fine anno il Piano, ma anche definire un programma strutturale di finanziamento per le aree urbane più a rischio, rafforzare il ruolo delle autorità di distretto e dei comuni contro il rischio idrogeologico e la siccità, approvare la legge sul consumo di suolo, e cambiare le regole edilizie per salvare le persone dagli impatti climatici e promuovere campagne di informazione di convivenza con il rischio per evitare comportamenti che mettono a repentaglio la vita delle persone”.

Immagine tratta da Mappa del rischio climatico

Il Rapporto di Legambiente fa anche il punto su interventi per la prevenzione e fondi per le emergenze. Se guardiamo alla spesa realizzata in questi anni per gli interventi programmati di messa in sicurezza e prevenzione, emerge come dal 1999 al 2022 sono stati 9.961 gli interventi avviati per mitigare il rischio idrogeologico in Italia per un totale di 9,5 miliardi di euro (elaborazione Legambiente su fonte ISPRA, piattaforma Rendis), con una media di 400 milioni di euro l’anno. In parallelo, i dati della Protezione Civile sugli stati di emergenza da eventi meteo-idro dal maggio 2013 a maggio 2022 parlano di 123 casi, segnando un lieve incremento rispetto al 2021 (quando però i dati includevano il periodo fino a ottobre), ma comunque in aumento deciso rispetto ai 103 nel 2020. E poi ci sono i fondi assegnati per le emergenze che, sempre in questo arco di anni, arrivano a poco meno di 13,3 miliardi di euro.

Anche quest’anno il Rapporto CittàClima ci evidenzia un peggioramento nell’esposizione ai rischi climatici – ha sottolineato Marisa Parmigiani, Responsabile Sostenibilità del Gruppo Unipol – Come denunciamo da tempo il nostro paese è fortemente esposto in primis al rischio idrogeologico, ma ultimamente vediamo crescere, anche nei nostri sinistri, i fenomeni della grandine e delle trombe d’aria. Dobbiamo operare congiuntamente, secondo un approccio di partnership pubblico/privato, per adottare e sviluppare un adeguato Piano di Adattamento, perché non è più sufficiente intervenire sulla mitigazione in un contesto in cui il clima è già cambiato”.

Infine il Rapporto segnala anche alcune buone notizie e buone pratiche.
Per le prime, il successo del programma sperimentale d’interventi per l’adattamento ai cambiamenti climatici in ambito urbano, emanato nel 2021 dal MiTE che prevede finanziamenti in decine di aree urbane italiane. Tra queste, ad esempio, Cremona con i Boschi della Villetta e La strada in Verde, Lucca con Le scuole verdi di Lucca, a Ferrara dove le azioni di adattamento riguarderanno Piazza Cortevecchia, a L’Aquila progetti di riforestazione urbana.

Passando alle buone pratiche, c’è Milano con il suo Piano Aria e Clima, finalizzato a ridurre l’inquinamento atmosferico e a rispondere all’emergenza climatica. Genova con l’Action Plan Genova 2050, uno strumento che comprende un pacchetto di azioni concrete sulla sostenibilità ambientale, l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici, per migliorare la qualità della vita dei residenti e non solo. Da Forlì arriva l’esempio del Giardino dei Musei: nato come azione all’interno del progetto Life SOS4life e finanziato con fondi statali, comunali e dal contributo della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, si pone come obiettivo la riqualificazione e la valorizzazione dell’area, adibita a parcheggio sopraelevato, sostituendola con un’area a verde pubblico. Da Perugia l’esempio dei GIS (Geographic Information System) per acquisire e analizzare i dati integrando la dimensione geografica, per monitorare in tempo reale i fenomeni e pianificare efficacemente la costruzione del futuro, raccontando con precisione cosa sta succedendo in una città.

Infine, dall’estero tra le buone pratiche c’è quella di Los Angeles, in California, dove è stato approvato un Piano per il riciclo delle acque reflue che prevede che il 70% dell’acqua sia di provenienza locale entro il 2035 per passare al programma degli incentivi per la permeabilità delle superfici voluto dall’Amministrazione di Washington DC, in un’ottica di miglioramento del deflusso delle acque.

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.