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Disuguaglianze in aumento: l’indagine di Bankitalia

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La Banca d’Italia ha rilevato che in Italia “È aumentata la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi che, misurata dall’indice di Gini, è tornata in prossimità dei livelli prevalenti alla fine degli anni novanta del secolo scorso. È aumentata anche la quota di individui a rischio di povertà, definiti come quelli che dispongono di un reddito equivalente inferiore al 60 per cento di quello mediano. L’incidenza di questa condizione, che interessa perlopiù le famiglie giovani, del Mezzogiorno o dei nati all’estero, è salita al 23 per cento, un livello molto elevato”.

L’annotazione è contenuta nel riassunto dei principali risultati dell’ Indagine sui bilanci delle famiglie italiane nel 2016”, pubblicata il 12 marzo 2018, da cui emerge anche che sono aumentate le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza.

Alla fine del 2016 le famiglie italiane disponevano in media di una ricchezza netta, costituita dalla somma delle attività reali e delle attività finanziarie al netto delle passività finanziarie, di circa 206.000 euro (218.000 euro nel 2014)., decremento del 5% essenzialmente imputabile al calo del prezzo delle case. Il valore mediano, che separa la metà più povera delle famiglie dalla metà più ricca, era significativamente inferiore (126.000 euro, da 138.000 euro nel 2014), riflettendo la forte asimmetria della distribuzione.

Secondo l’indagine, la quota di ricchezza netta detenuta dal 30% più povero delle famiglie, in media pari a circa 6.500 euro, è l’1%; tre quarti di queste famiglie sono anche a rischio di povertà. Il 30% più ricco delle famiglie, di cui solo poco più di un decimo è a rischio di povertà, detiene invece circa il 75% del patrimonio netto complessivamente rilevato, con una ricchezza netta media pari a 510.000 euro. Oltre il 40% di questa quota è detenuta dal 5% più ricco, che ha un patrimonio netto in media pari a 1,3 milioni di euro.

Di contro, si è ridotta al 21% (nel 2014 era del 23%) ed è sceso al 63%, dal picco dell’80% registrato nel 2012, il valore mediano del rapporto tra l’ammontare complessivo dei debiti familiari e il reddito.

Il reddito medio delle famiglie italiane rilevato, a prezzi costanti e corretto per confrontare tra loro nuclei familiari di diversa composizione, è cresciuto del 3,5% rispetto a quello rilevato dalla precedente indagine sul 2014, dopo essere pressoché ininterrottamente caduto dal 2006. Questo significa che della crescita non tutti ne hanno tratto beneficio: i ricchi sono diventati più ricchi.

Tra il 2006 e il 2016, la flessione della quota di famiglie indebitate ha interessato quasi esclusivamente quelle il cui capofamiglia ha al più 45 anni (dal 38 al 29%), riflettendo la forte contrazione del ricorso al credito al consumo (dal 20 al 9%); è invece rimasta stabile (attorno al 17%) la quota di chi è indebitato per acquisto o ristrutturazione di immobili.

Nella scheda di approfondimento dedicata a “Misure di disagio economico basate sulla ricchezza e sul reddito”, Bankitalia osserva che le famiglie “finanziariamente povere” erano il 44 % delle famiglie italiane (una famiglia è finanziariamente povera se, anche liquidando tutte le attività finanziarie immediatamente disponibili, non ha risorse sufficienti per evitare il rischio di povertà per almeno 3 mesi), una quota ancora decisamente superiore a quella registrata nel 2006, prima dell’avvio della crisi finanziaria globale, ma in calo dal picco del 2012.

La condizione di povertà finanziaria è più concentrata tra le persone a rischio di povertà (di reddito): circa l’85 % delle persone con reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano non dispone di attività finanziarie sufficienti in caso di necessità.È tuttavia finanziariamente povero anche poco meno di un terzo del complesso delle persone con reddito equivalente al di sopra di questa soglia e circa il 15% di quelle con reddito equivalente nel quarto più alto della distribuzione.

Con l’avvio della crisi finanziaria, l’incidenza della povertà finanziaria è cresciuta più rapidamente di quella del rischio di povertà (di reddito). Ne è discesa una crescita rapida della quota di persone che ricadono in entrambe le condizioni dal 15% nel 2006 a quasi il 20% nel 2016, dopo la sostanziale stabilità nei 10 anni precedenti. Gli effetti della prolungata crisi economica e finanziaria appaiono quindi assai più pesanti quando si considerano insieme il reddito e la ricchezza.

Che il fenomeno delle disuguaglianze sia globale lo ha rilevato anche l’ultimo Rapporto di Oxfam “Ricompensare il lavoro, non la ricchezza.

In Italia, tuttavia, è esploso in modo significativo, rispetto agli altri Paesi dell’UE, tant’è che lo scorso mese, promosso 8 Associazioni (ActionAidCaritas italianaCittadinanzattivaDedalus cooperativa socialeFondazione BassoFondazione di comunità di MessinaLegambienteUISPUniversità e Ricerca) e da 32 studiosi e ricercatori, è stato presentato il Forum Disuguaglianze e Diversità con l’obiettivo di avviare processi virtuosi per ridurre le disuguaglianze di ricchezza, di reddito e di lavoro, nell’accesso e nella qualità dei servizi essenziali e nella partecipazione alle decisioni.

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