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La disuguaglianza intergenerazionale in UE: un sogno rinviato

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La Direttrice del Fondo Monetario Internazionale, riassumendo le conclusioni del Rapporto sulla disuguaglianza intergenerazionale e l’incombente povertà dei giovani in Europa, redatto dagli economisti del Fondo, ha citato il primo verso di una poesia di Hughes “Che succede ad un sogno rinviato?”, che dovrebbe costituire un monito per i responsabili delle politiche europee, dal momento che i versi finali recitano: “Forse è solo un carico pesante. O forse scoppierà?”.

Christine Lagarde, Direttrice del Fondo Monetario Internazionale (FMI) aveva anticipato il 23 gennaio 2018 sul suo blog la pubblicazione del corposo documento “Inequality and Poverty across Generations in the European Union” redatto dagli economisti del Fondo.

Citando la poesia “A dream deferred” di Langston Hughes (1902-1967), scrittore, poeta e drammaturgo statunitense afroamericano i cui scritti hanno costituito un punto di riferimento per il Movimento dei Diritti Civili in America, si chiedeva: “Che succede ad un sogno rinviato?”.

Si riferiva, ovviamente, al sogno di milioni di giovani in Europa che non immaginavano certo di dover accantonare le speranze di una completa realizzazione, frustrati dalla crisi economica-sociale che li costringe ad una lunga precarietà e che accentua le disuguaglianze tra le generazioni, con la prospettiva drammatica della povertà.

Secondo il Rapporto, infatti, i giovani sono il gruppo anagrafico a maggior rischio di povertà in Europa, nella cui area meridionale, poi, la situazione è drammatica: a essere minacciato è addirittura un ragazzo su 4.

La disuguaglianza di reddito complessiva è rimasta sostanzialmente stabile nell’UE negli ultimi dieci anni, ma la disparità nella povertà e la disparità di reddito tra le generazioni sono aumentate notevolmente – afferma il Rapporto – Gli sviluppi e i driver della disuguaglianza generale sono ben documentati, ma la dimensione della disuguaglianza generazionale ha ricevuto molta meno attenzione. In Europa, i redditi reali disponibili dei giovani sono rimasti indietro rispetto a quelli delle altre generazioni. Inoltre, i giovani stanno affrontando crescenti rischi di povertà rispetto a quelli affrontati da altre generazioni”.

Ai giovani tra i 16 e i 34 anni fa capo appena il 5% della ricchezza netta in Europa e la loro ricchezza mediamente è soltanto un decimo di quella del gruppo di persone oltre i 65 anni, e nelle generazioni più giovani si ritrova il più alto rapporto tra debito e patrimonio (49%) e la maggiore possibilità di finire tra i “protestati” (12,4%).

A pesare sui destini dei giovani europei, affermano gli economisti del Fondo, sono stati gli sviluppi del mercato del lavoro, ma anche i modelli scelti per riformare i sistemi di protezione sociale e consolidare i conti pubblici.

La crisi – si legge nel Rapporto – ha esacerbato la già alta disoccupazione giovanile e la tendenza verso la precarizzazione del lavoro“.  E ancora: “i problemi della disoccupazione giovanile e della conseguente povertà stanno raggiungendo proporzioni macroeconomiche in molte economie europee“.

Per “ridurre le possibilità che i giovani si impoveriscano e soffrano perdite di reddito durante la loro vita – si sottolinea – è essenziale facilitare la loro integrazione nel mercato del lavoro“.

Facilitare l’integrazione dei giovani nel mercato del lavoro è compito che spetta ai responsabili delle politiche che dovrebbero assicurare che i giovani d’oggi “non restino ulteriormente indietro rispetto al resto della popolazione“, con “effetti durevoli” sulle loro “prospettive sociali“.

Cosa dovrebbero fare i politici?
Nel Rapporto si offrono delle indicazioni che possono aiutare a ridurre la disuguaglianza e la povertà intergenerazionale in Europa.

In primo luogo, guardare ai mercati del lavoro. Per creare posti di lavoro e incentivare l’occupazione, i responsabili delle politiche possono ridurre i contributi di sicurezza sociale e le tasse sui lavoratori a basso salario. Per contribuire a migliorare le prospettive future di lavoro, i Governi possono investire in istruzione e formazione, che possono aiutare i giovani a colmare il divario di competenze.

In secondo luogo, i Paesi possono rendere più efficace la spesa pubblica per la protezione sociale .Bisognerebbe adattare la spesa sociale, in particolare la disoccupazione e altre prestazioni non pensionistiche, in modo da garantire che i giovani siano protetti meglio in caso di perdita del posto di lavoro.

In terzo luogo, le tasse. Le tasse sulla ricchezza sono oggi più basse rispetto al 1970. Un’eventuale riforma, conclude il Fondo, “dovrebbe riequilibrare il peso delle tasse tra le diverse generazioni e aumentare l’effetto redistributivo della tassazione, tramite un incremento della progressività delle tasse sul reddito e dando maggior ruolo redistributivo all’imposizione sui redditi di capitali e la ricchezza“.

Ridurre la povertà giovanile e la disuguaglianza intergenerazionale in modo fiscalmente neutro potrebbe richiedere un parziale riequilibrio della ridistribuzione fiscale per proteggere meglio i giovani, pur continuando a proteggere i regimi di assistenza pensionistica minima per evitare di invertire la tendenza alla diminuzione della povertà di vecchiaia.

Inoltre, “le spese per l’educazione e l’aggiornamento professionale dovrebbero essere escluse dal risanamento dei conti” e andrebbe migliorata la cooperazione tra Aziende, Sindacati e Governi nella definizione dei programmi.

Per far fronte ai vincoli di bilancio, scrivono i ricercatori del FMI “sono stati spesso tagliati gli strumenti non pensionistici“, con la conseguenza che “i giovani non sono stati adeguatamente coperti contro il rischio di disoccupazione e l’impatto di posti di lavoro precari“.

Le riforme previdenziali adottate durante la crisi finanziaria – ha sintetizzato il Rapporto – hanno protetto chi è già in pensione e spostato la maggior parte del peso dell’aggiustamento sulle future generazioni di pensionati“.

Ma sappiamo bene che i “politici pensano alle prossime elezioni, non già alle future generazioni”.

Come ha osservato il World Economic Forum nel suo Indice di Sviluppo Inclusivo 2018 diffuso proprio negli stessi giorni a Davos, un Paese, come l’Italia, “caratterizzato da un basso livello di crescita e sviluppo e da poca equità intergenerazionale e sostenibilità […] sta invecchiando, spostando il peso politico a favore delle coorti di anziani. Gli fa da risonanza la difficoltà di ridurre il debito pubblico, che mette in gioco un credito sulle risorse future dell’Italia, in cambio di attuali guadagni e un alto tasso di disoccupazione, soprattutto tra la popolazione più giovane.

Le conseguenze di questa crescente disuguaglianza sono evidenti, con un’Unione europea che è nella sua peggior crisi politica da quando è sorta, e che non sembra in grado ancora di imboccare la strada per uscirne.

La Direttrice del Fondo Monetario Internazionale, riproponendo la domanda “Che succede ad un sogno rinviato?” e le conclusioni del Rapporto, nel corso del suo intervento al World Economic Forum di Davos (23-26 gennaio 2018), di fronte alle élite imprenditoriali e politiche internazionali, ha lanciato in qualche modo un monito e, al contempo, un invito ad intraprendere quanto prima le adeguate misure per colmare la crescente disuguaglianza tra le generazioni.

Non si tratta di contrapporre delle generazioni tra di loro – ha affermato la Lagarde – Costruire un’economia che funzioni per i giovani crea una base più solida per tutti. I giovani con una prospettiva di lavoro duraturo possono contribuire alle reti di sicurezza sociale. E ridurre le disuguaglianze tra generazioni va di pari passo con la creazione di una crescita sostenuta e la ricostruzione della fiducia all’interno della società”.

Non sappiamo, pero, se i policy maker siano a conoscenza della conclusione della poesia di Hughes, cui la Lagarde sottintendeva, ma che non ha esplicitato: “Forse è solo un carico pesante.
O forse scoppierà?
”.

In copertina: Fonte The Atlantic.com

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