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Disastri e climate change: conto salato per l’Italia

Un focus Censis-Confcooperative su disastri e climate change evidenzia come negli ultimi 40 anni un terzo dei danni provocati da disastri naturali ed eventi estremi nell’UE sia stato pagato dall’Italia, oltre la metà sono stati determinati dagli effetti dei cambiamenti climatici e che il settore più colpito è l’agricoltura.

È di 210 miliardi di euro il conto che disastri naturali e cambiamenti climatici hanno presentato al nostro paese, pari all’intero importo del PNRR e a 10 manovre finanziarie, di cui ben 111 sono determinati dagli effetti dei cambiamenti climatici – ha affermato Maurizio Gardini, Presidente di Confcooperative, commentando i dati che emergono dal Focus Censis-ConfcooperativeDisastri e climate change conto salato per l’Italia”, diffuso il 20 febbraio 2024, che certifica, dati alla mano, che dal 1980 al 2022 un terzo del valore dei danni provocati da eventi estremi nell’UE è stato “pagato” dall’Italia – Ecco perché la cura del territorio non è un costo, ma un investimento sul sistema paese

Dal focus emerge che dal 2017 al 2022 i danni sono stati pari a 42,8 miliardi e nel solo 2022. sono costati 17 miliardi di euro, pari allo 0,9% del PIL. Ben il 21,3% delle PMI è esposto ad un rischio da molto alto a medio. L’impatto degli eventi naturali sulle imprese italiane negli anni successivi all’evento comporta un rischio di fallimento del 4,8% più elevato rispetto a quelle localizzate in comuni non colpiti da frane e alluvioni

L’agricoltura – ha sottolineato Gardini – è il settore economico che risente di più delle conseguenze dei cambiamenti climatici”.

Nel solo 2022, l’agricoltura ha avuto perdite per 900 milioni di euro pari ad una riduzione del 15%. dell’intera produzione. Buona parte del risultato negativo è da imputare alla diffusa siccità e alla carenza di precipitazioni, tanto che il 2022 è stato per l’Italia l’anno più caldo di sempre. Quasi tutte le tipologie di coltivazioni hanno subìto un duro contraccolpo: la produzione di legumi (-17,5%), l’olio di oliva (-14,6%), i cereali (-13,2%). In flessione anche ortaggi (-3,2%), piante industriali (-1,4%) e vino (-0,8%). Il comparto zootecnico ha avuto una riduzione della produzione pari allo 0,6%.

E il 2023 si preannuncia altrettanto negativo per gli eventi meteorologici estremi che si sono abbattuti su gran parte del territorio nazionale e per le temperature che sono risultate inferiori solo al 2022.

Dal punto di vista territoriale, la flessione del volume di produzione ha avuto una maggiore incidenza nel Nord-ovest (-3,5%) e nel Sud (-3,0%), mentre al Centro non si è registrata alcuna variazione.

Se si guarda al valore aggiunto, la tendenza negativa appare particolarmente evidente nel Nord-ovest con un -7,6%. Al Sud il valore aggiunto si riduce del 2,9%.

Occorrono interventi drastici e veloci per mettere in sicurezza il territorio – ha concluso Gardini – Non possiamo più permetterci di mancare sulla manutenzione straordinaria per evitare i contraccolpi degli eventi estremi



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