Acqua Fiumi e laghi

Direttiva acque: le raccomandazioni della Commissione UE per l’Italia

Il Rapporto della Commissione UE sullo stato di implementazione dei piani di gestione dei bacini idrografici europei, previsti dalla Direttiva acque, formula per il nostro Paese le indicazioni per attuare misure più efficaci per raggiungere l’obiettivo al 2027 del “buono stato ecologico” delle acque.

Il V Rapporto della Commissione UE relativo a “Attuazione della Direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE) e della Direttiva Alluvioni (2007/60CE)” evidenzia come gli Stati membri manchino ai propri impegni in attuazione delle normative europee, mettendo a rischio la disponibilità d’acqua per la natura e per le persone.

Il Rapporto, previsto dalle suddette Direttive, si basa sulla valutazione effettuata dalla Commissione del secondo ciclo di piani di gestione dei bacini idrografici e del primo ciclo di piani di gestione del rischio di alluvioni, elaborati e trasmessi dagli Stati membri per il periodo 2015-2021, dal momento che essendo entrambi i Piani si sviluppano in un arco di 6 anni.

“La legislazione dell’UE in materia di acque costituisce un notevole successo, invertendo una tendenza di declino di vecchia data – ha dichiarato il Commissario per l’Ambiente, gli Affari marittimi e la Pesca, Karmenu VellaMa c’è ancora molto da fare: la maggior parte dei 130.000 corpi idrici europei non sono all’altezza degli elevati standard di cui abbiamo bisogno. Chiedo agli Stati membri di intensificare i loro sforzi e di garantire che forniamo la qualità di cui i cittadini hanno bisogno e che la natura richiede, il prima possibile”.

Il riferimento è all’ultimo Rapporto  di valutazione sullo stato delle acque in Europa dell’Agenzia Europea dell’Ambiente da cui è emerso che solo il 40 % dei laghi, dei fiumi, delle acque costiere e degli estuari monitorati ha raggiunto almeno lo stato ecologico “buono” o “elevato” previsto dalla Direttiva, durante il periodo di monitoraggio 2010-2015.

Sebbene nel Rapporto si riconoscano miglioramenti significativi delle conoscenze e delle relazioni sulla Direttiva, il rispetto dell’obiettivo previsto al 2027 di avere lo stato di “buono” per tutte le acque dell’UE sta proseguendo troppo lentamente, e lascia intravedere un compito che diventa più arduo e impegnativo, tal che dovranno essere adottate ulteriori misure, oltre a quelle previste al 2021.

Permangono, infatti, problemi in tutta l’UE in ordine all’inquinamento chimico, all’eccessiva estrazione di acqua, in particolare per l’agricoltura, e la presenza di infrastrutture che ostacolano il flusso naturale dei fiumi, con conseguenze negative per la qualità dell’acqua.

La Commissione ha annunciato un rafforzamento degli obblighi legislativi per quanto riguarda le pressioni sugli ecosistemi acquatici, come la revisione della Direttiva nitrati (91/676/CEE) e quella sullo smaltimento delle acque reflue urbane (91/271/CEE).

Per la Direttiva sulle alluvioni, il Rapporto della Commissione esprime in generale considerazioni positive, anche se si incentra sul primo ciclo di piani di gestione dei rischi di alluvione.
La Direttiva impone agli Stati membri di identificare e mappare le aree soggette a inondazioni e di elaborare piani per ridurre al minimo il rischio e il potenziale danno attraverso Piani di gestione del rischio di alluvione.

Tutti gli Stati membri avrebbero fondamentalmente abbracciato il concetto di gestione del rischio di alluvione, sebbene si evidenzino risultati differenti. Raggiungere l’obiettivo principale di ridurre le potenziali conseguenze negative di alluvioni significative richiederà maggiori sforzi da parte degli Stati membri nei successivi cicli.

In Allegato al Rapporto ci sono le schede dedicate ai singoli Paesi, riguardanti le:
Raccomandazioni per la preparazione del terzo ciclo di piani di gestione dei bacini idrografici;
Raccomandazioni per la preparazione del secondo ciclo di piani di gestione del rischio di alluvioni.

Per il nostro Paese le Raccomandazioni sono numerose. Ricordiamo che l’Italia ha cumulato nel corso degli anni, relativamente ad inadempienze della Direttiva quadro sulle acque, una serie di procedure di infrazioni, alcune delle quali hanno comportato il deferimento alla Corte europea di Giustizia con conseguenti condanne, l’ultima delle quali è stata inflitta lo scorso anno (multa di 55 milioni di euro, seppur dimezzata con la sentenza di appello), per non essere riuscita dopo 20 anni a dotare 74 agglomerati urbani sopra i 15.000 abitanti di impianti di raccolta e trattamento delle acque reflue.

In particolare, per i piani di gestione dei bacini idrografici, l’Italia è invitata a:
armonizzare i diversi approcci regionali, in particolare per la definizione della portata delle pressioni;
fornire informazioni rilevanti sulla portata e sulle tempistiche delle misure previste dal programma di misure, in modo da chiarire come verranno conseguiti tali obiettivi (nei piani di gestione dei bacini idrografici deve essere sistematicamente indicata la priorità assegnata alle misure);
assicurare che le informazioni sulle fonti di finanziamento del programma di misure siano descritte più chiaramente nel terzo piano di gestione dei bacini idrografici;
rafforzare la misurazione del consumo per tutte le estrazioni e rivedere i sistemi di permessi di estrazione; assicurare l’adozione di misure per affrontare le estrazioni illegali, in particolare nei distretti di sviluppo rurale con problemi di carenza idrica;
affrontare la questione dello scarico delle acque reflue urbane e assicurarsi che le misure previste siano sufficienti per raggiungere gli obiettivi della direttiva quadro sulle acque (nonché della direttiva sulle acque reflue urbane) in tutti i bacini idrografici;
assicurare la corretta applicazione dell’articolo 9 sul recupero dei costi, compresi il calcolo e l’internalizzazione dei costi ambientali e delle risorse;
assicurare l’adozione di un piano di gestione della siccità anche per il bacino idrografico della Sicilia.

In base ai risultati del primo ciclo di piani di gestione del rischio di alluvioni, l‘Italia è invitata in particolare a:
sviluppare obiettivi specifici e misurabili dei piani di gestione del rischio di alluvioni e stabilire un collegamento tra obiettivi e misure;
spiegare in modo coerente nei piani di gestione del rischio di alluvioni come sarà effettuato il monitoraggio delle misure e fornire maggiori dettagli sulle modalità di finanziamento delle misure;
– estendere, ove possibile, l’uso dell’analisi costi-benefici nella selezione e nella classificazione in ordine di priorità delle misure;
assicurare il coordinamento con la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici.

 

 

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