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I percorsi di profonda decarbonizzazione per rimanere a +2 °C

percorsi di profonda decarbonizzazione

Il Rapporto presentato all’ONU indica per la prima volta quel che debbono fare i 15 Paesi dalle economie più importanti, responsabili dei due terzi delle emissioni globali di gas serra, per operare una transizione energetica in grado di non superare il “punto di non ritorno” dei cambiamenti climatici.

È stato presentato l’8 luglio 2014 a New York presso l’ONU, il Rapporto intermedio “Pathways to Deep Decarbonization” un’iniziativa di collaborazione prodotta da 30 principali Istituti di ricerca per capire e mostrare come i singoli Paesi possano operare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e come il mondo sia in grado di raggiungere l’obiettivo concordato a livello internazionale di limitare l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei +2 °C.

Un tale obiettivo presuppone che le emissioni nette di gas serra (GHG) siano vicine allo zero entro la seconda metà del secolo, richiedendo, entro tale termine, una profonda trasformazione dei sistemi energetici attraverso un forte calo dell’intensità di carbonio in tutti i settori dell’economia: transizione che viene denominata dai redattori del Progetto di “profonda decarbonizzazione” (DDP).

Sappiamo di non essere sulla buona strada, e il tempo non è dalla nostra parte – ha avvertito, Ban ki-moon, Segretario esecutivo ONU nel corso della Conferenza stampa – Mi aspetto che i vari Paesi adottino soluzioni diverse a seconda delle rispettive esigenze, risorse e priorità. Ma tutti i Paesi devono intraprendere lo stesso percorso. Le persone devono avere la consapevolezza della necessità di decarbonizzare, come hanno bisogno di sapere che questo è possibile e che la riduzione delle emissioni comporta benefici per l’economia e il benessere delle persone“.

Non c’è dubbio che il Rapporto vuole proporsi come punto di riferimento e base di discussione in vista del summit dei Capi di Stato e di Governo convocato dalle stesso Ban a New York per il 23 settembre 2014, nel tentativo di dare un’accelerazione ai negoziati per raggiungere un accordo il prossimo anno a Parigi, durante l’annuale Conferenza sui Cambiamenti Climatici.

Lo Studio fa parte delle attività della Sustainable Development Solutions Network (SDSN), promossa dal Segretario ONU nel 2012, con l’obiettivo di mobilitare le competenze scientifiche e tecniche provenienti dal mondo accademico, dalla società civile e dal settore privato per trovare soluzioni per lo sviluppo sostenibile a livello locale, nazionale e scala globale.
A capo della Rete è Jeffrey Sachs, Direttore dell’Earth Institute presso la Columbia University, il quale non ha mancato di rivolgere critiche ai policy maker sulle modalità di svolgimento dei negoziati, condotti prevalentemente da diplomatici, anziché dai tecnici.
Avendo messo gli avvocati nei consessi e gli esperti fuori della porta, il risultato è stato che in 21 anni siamo riusciti a fissare target poco ambiziosi per mantenere il riscaldamento entro i 2 °C – ha osservato Sachs – Non ho mai sentito alcun leader dire quel che vuol fare per raggiungere l’obiettivo. Ora c’è un rapporto che dice loro quel che si dovrebbe fare”.

Il Rapporto, infatti, indica la roadmap che le economie più grandi del mondo di 15 Paesi individuati, responsabili dei due terzi delle emissioni globali, dovrebbero seguire e che, pur avendo a disposizione diverse opzioni sulla base delle differenti risorse e delle preferenze dell’opinione pubblica, utilizzerebbero tuttavia una piattaforma comune per la decarbonizzazione dei sistemi energetici che poggia su 3 pilastri.
1. Notevole aumento dell’efficienza energetica e del risparmio energetico in tutti i settori di uso finale dell’energia (edifici, trasporti, industria, ecc.)
2. Decarbonizzazione dell’energia elettrica tramite l’utilizzo delle fonti rinnovabili, energia nucleare e/o cattura e stoccaggio del carbonio (CCS).
3. Impiego di un mix di energia elettrica (non da fonti fossili), biocarburantiidrogeno e altre fonti in sostituzione dei combustibili fossili nei settori dei trasporti, del riscaldamento e dell’industria.

Lo studio esplicita in maniera ferma che è ancora possibile evitare un aumento della temperatura di 4-5 °C: “Noi non sottoscriviamo la tesi di alcuni che il limite di +2 °C è impossibile da raggiungere e che tale obiettivo dovrebbe essere abbandonato del tutto – si legge nel Rapporto – Un percorso ‘business as usual’ sarebbe una scommessa assolutamente imprudente e imperdonabile per il pianeta e tutti gli uomini”.

La Direttrice dell’IDDRI (Istituto per lo Sviluppo Sostenibile e le Relazioni Internazionali) che ha coordinato il Rapporto assieme alla SDSN, Laurence Tubiana, nominata il 13 giugno 2014 rappresentante speciale del Ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, per la Conferenza UNFCCC di Parigi, ha definito lo Studio “una pietra miliare per un’azione globale coordinata. Nessun Paese può permettersi di divergere. La mia speranza è che questo report intermedio e quello finale che sarà pubblicato la prossima primavera diano un contributo utile alla struttura e ai contenuti del dibattito, stimolando la progettazione e la comparazione internazionale dei Progetti Deep Decarbonization nazionali e promuovendo la cooperazione globale per raggiungerli”.

Per approfondire la discussione, infatti, il Rapporto invita a formulare commenti e suggerimenti entro il 15 agosto 2014, per migliorarlo prima della sua stesura conclusiva.

Peccato che l’Italia non sia stata inclusa nel novero dei 15 Paesi a cui viene indicato il percorso per mantenere il global warming entro i +2 °C, avremmo potuto constatare e verificare quanto sia distante l’azione della nostra governance dalle indicazioni degli scienziati.

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