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Danno ambientale: i 30 gravi casi nel Rapporto ISPRA-SNPA

Dall’interramento di liquami a Rende (CS) alle emissioni della Tirreno Power a Vado Ligure (SV), sono stati presentati alla Camera dei Deputati i gravi casi di danno ambientale (2017-2018) nel 1° Rapporto  ISPRA-SNPA.

ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e SNPA (Sistema Nazionale di Protezione dell’Ambiente) hanno presentato il 17 ottobre 2019 alla Camera dei Deputati il primo Rapporto sul Danno ambientale (2017-2018).

Il Rapporto, sviluppatosi attraverso la ricostruzione dei casi di danno ambientale e di minaccia di danno ambientale accertati e permette di individuare gli aspetti caratterizzanti di una materia poco conosciuta ed in continua evoluzione, si inserisce in un percorso di condivisione finalizzato a costruire un nuovo approccio al tema, fondato sulla interlocuzione tra tutti i soggetti interessati, pubblici e privati, per l’individuazione delle criticità da risolvere e delle linee di sviluppo future

A dare una definizione comune di danno ambientale in Europa è intervenuta la Direttiva 2004/35/CE che ha introdotto una disciplina unica in tema di responsabilità e riparazione: deterioramento significativo e misurabile, provocato dall’uomo, ai suoli, alle specie, agli habitat e alle aree protette, alle acque superficiali (fiumi, laghi, mare) e sotterranee.

L’Italia ha pienamente introdotto nella propria normativa il principio di danno ambientale e ad oggi siamo il Paese che dichiara più casi in Europa. Restano, tuttavia, da affrontare alcuni importanti temi, come ad esempio stabilire i criteri per definire la procedura amministrativa, la copertura assicurativa del danno, i criteri di accertamento e quelli di riparazione.

Con tale Rapporto, si fornisce per la prima volta in Italia un resoconto nazionale delle istruttorie tecnico-scientifiche aperte da ISPRA -SNPA nel biennio 2017-2018 su incarico del Ministero dell’Ambiente MATTM). Sono 30 i casi per i quali è stato accertato un grave danno o minaccia ambientale: si tratta di 22 procedimenti giudiziari (penali e civili) e 8 casi extra-giudiziari (iter iniziati su sollecitazioni giunte dal territorio e al di fuori di un contesto giudiziario). In 10 di questi 30 casi il MATTM si è già costituito parte civile o ha attivato il relativo iter, sulla base delle informazioni ricevute da ISPRA-SNPA su località, danni provocati all’ambiente circostante, lavori di riparazione da eseguire e, laddove disponibili, i costi dell’operazione.

L’accertamento tecnico-scientifico compiuto costituisce la base tecnica per la successiva attuazione, da parte del Ministero, delle procedure giudiziarie o extra-giudiziarie di riconoscimento del danno e dell’obbligo di avviare la riparazione.

Presentiamo i casi 2017-2018, le tipologie più frequenti e come si stanno affrontando – ha affermato il Direttore generale dell’ISPRA, Alessandro Bratti –  240 gli incarichi dal Ministero dell’Ambiente, 30 casi di sussistenza accertata; di questi 22 sono casi giudiziari e 8 extra giudiziari“.

Tra i casi accertati i danni e le minacce concernenti le discariche di Chiaiano e Casal di Principe in Campania, quelle di Malagrotta e Anagni nel Lazio, quella di Bellolampo in Sicilia, le emissioni della Tirreno Power a Vado Ligure e Quiliano, l’interramento di fanghi e scarti di lavorazione a Rende in Calabria (qui la Scheda dei 10 casi più gravi).

I 30 casi accertati hanno interessato soprattutto le acque sotterranee (32%), laghi e fiumi (23%), i terreni (19%) e di “altro tipo” (13%) ovvero quelli in atmosfera, al paesaggio e all’assetto morfologico. Chiudono la classifica il danno ambientale alle specie e agli habitat protetti (6%) e alle aree protette.

 La Sicilia è la regione dove sono state aperte più istruttorie (29), seguita da Campania (20), Lombardia (14) e Puglia (13) ( la Scheda).

Le attività che potenzialmente possono portare a danno ambientale sono risultate soprattutto quelle svolte dagli impianti di depurazione e di gestione dei rifiuti, dai cantieri edili e di realizzazione delle infrastrutture, dagli impianti industriali.

I casi riportati nel Rapporto non rappresentano la totalità di quelli aperti in Italia. Non sono considerati quelli per i quali sono già state avviate azioni di riparazione prima del 2017 (ad esempio i siti di Bussi sul Tirino, Giugliano, Castelvolturno, Taranto e altri), anche sulla base di precedenti istruttorie dell’ISPRA.

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