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La cultura della innovazione: un Rapporto per cambiare il Paese

economia circolare

Presentato alla Camera dei Deputati il Rapporto La cultura dell’innovazione a cura di Agi, Censis e Cotecche mostra come gli italiani siano ancora divisi tra “voglia di futuro” e “Paure” per un Paese che sta cambiando. Nella post-fazione “L’economia circolare di Sergio Mattarella”.

Qual è stato l’impatto della innovazione degli ultimi venti anni sull’economia e sulla società italiana?
A questa domanda cerca di rispondere il Rapporto “La cultura dell’innovazione”,  presentato il 18 dicembre 2017 a Montecitorio nel corso dell’evento “#InnovazioneItalia: storie, idee e persone che cambiano il mondo”, promosso da Agi e al quale ha preso parte la Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini.

Dal Rapporto emerge che gli italiani sono divisi tra “voglia di futuro” e “paure” di fronte ad un Paese che sta cambiando. Così, le nuove tecnologie, da una parte, sono viste come un’opportunità, ma, dall’altra, resta una forte diffidenza: sono in molti a pensare che i processi di automazione sottrarranno lavoro e l’innovazione produrrà nuovi e più ampi divari sociali.

In generale per il 51,4% degli italiani i processi di innovazione hanno prodotto nuovi divari sociali, mentre il 47,8% è convinto che abbia contribuito a ridurli. A temere sono soprattutto i ceti sociali più bassi (66,7%).

Anche sulla possibilità che le spinte innovative possano costituire una risposta concreta per produrre più occupazione c’è un consistente atteggiamento di sospetto: per il 37,8% degli italiani i processi di automazione sempre più spinti e pervasivi determineranno un saldo negativo di posti di lavoro.

Il 33,5% ritiene che genereranno nuove opportunità in uno scenario di nuovi lavori ancora inesplorato; il 28,5% crede che a cambiare sarà più la tipologia di lavoro. I più preoccupati, anche in questo caso, gli italiani con un livello socio-economico e istruzione più bassi.

Il 55% degli italiani ritiene opportuno introdurre una legge per tassare i profitti generati in Italia dai più grandi del web, ma è un consenso non uniforme in tutte le fasce di età (tra i più giovani la quota è più bassa). Il 42,1% degli italiani pensa che i robot sottraggono lavoro e non pagano le tasse e questo alla lunga finirà per impoverirci.

Quasi 1 cittadino su 3 (30,1%) tra quelli che hanno avuto accesso ai servizi digitali, è convinto di non aver ottenuto nessun vantaggio sostanziale rispetto ai servizi erogati attraverso i canali tradizionali (il 30,7% sottolinea vantaggi connessi ad una maggiore “comodità” di accesso).

In generale, gli italiani sono favorevoli alla digitalizzazione della PA, ma si aspettano che a ciò corrisponda soprattutto una semplificazione delle procedure (29,1%) e una velocizzazione dei processi (25,5% delle risposte).

Per oltre il 70% della popolazione la sharing economy sui diversi ambiti di applicazione (turismo, mobilità, housing, ecc.) è una soluzione interessante che consente di risparmiare nell’accesso ad alcuni servizi.

Di fronte alla prospettiva di aderire a queste opportunità per integrare il reddito familiare o per avviare un’attività imprenditoriale, la percentuale scende rispettivamente al 55,2% e 52,5%.

Dalla innovazione arrivano le risposte più importanti per affrontare la sfida della sostenibilità e della progressiva decarbonizzazione. Tra le infrastrutture più gradite agli italiani ci sono i parchi fotovoltaici (82,4%) e i parchi eolici (73,3%). Tra gli impianti non graditi al primo posto le raffinerie di petrolio (77%) e al secondo le centrali elettriche a carbone (76,5%).

Infine, il 65,6% degli italiani è convinto che diventeremo tutti in qualche modo produttori di energia in uno scenario no-grid (o smart-grid), dove la produzione di elettrica – e non il solo consumo – diventerà un fatto collettivo.

Diverso il discorso quando si tocca il tema sicurezza. Ben vengano allora per gli italiani le tecnologie digitali che garantiscono maggior controllo anche se dovessero sottrarre qualcosa alla privacy e alla libertà di movimento, solo il 15,4% degli italiani paventa una possibile riduzione della stessa.

Resta “problematico” il rapporto tra cittadini e Pubblica Amministrazione, appesantita dalla burocrazia e dalla scarsa semplificazione. Per ringiovanirla e metterla al passo con i tempi, è necessario assumere i ‘nativi digitali’ e colmare così il gap di innovazione.

Altro fattore che potrà incidere nel traghettare la PA verso un futuro profondamente digitalizzato, si legge nel report, sarà il turn over che interesserà tutti i comparti. Nei prossimi anni andranno in pensione per raggiunti limiti di età circa mezzo milione di dipendenti pubblici, oltre il 20% del totale. L’apertura di così tante posizioni è un’occasione straordinaria per ringiovanire tutta l’amministrazione pubblica.

La digitalizzazione porta a un più facile e immediato accesso alle informazioni e alla disintermediazione fra domanda e offerta di beni e servizi. Per oltre il 70% della popolazione i servizi online sono un utile mezzo per risparmiare, ma quando si prospetta di usare questi servizi per integrare il reddito familiare o costruirci un’attività imprenditoriale la percentuale scende rispettivamente al 55,2% e 52,5%.

Pur esistendo, quindi, una differenza fra chi guarda a questi servizi online soltanto come cliente e chi invece pensa che possano essere un’opportunità da sfruttare in prima persona, entrambe queste due facce della medaglia sono oramai “interiorizzate” nella maggior parte della popolazione.

È molto più bassa la percentuale di chi ritiene che questi servizi innovativi rappresentino un danno per l’economia tradizionale (30,3%) facilitando l’evasione fiscale (40,9%) finendo per creare un ulteriore divario fra chi è in grado di sfruttarli grazie alle proprie competenze digitali e grazie anche all’effettiva disponibilità di beni da “utilizzare”, come seconde case o autovetture di proprietà (38,8%).

In generale, l’offerta dei servizi digitali per l’acquisto di beni o servizi, usufruendo anche di sconti e promozioni speciali, è vista positivamente sia come clienti ma anche, in misura non secondaria, come nuova opportunità di lavoro o business.

In particolare questi servizi sono apprezzati maggiormente, anche come mezzo di integrazione del reddito, tra i più giovani, tra i residenti al Sud e nelle Isole e nei centri urbani con più di 30 mila abitanti.

Dal Rapporto si evidenzia pure la consapevolezza che all’innovazione si affida oggi la vitalità e la sopravvivenza stessa a medio e lungo termine di qualsiasi aggregato sociale. Anche le imprese sono sotto sforzo perché l’innovazione continua è la porta stretta per restare competitive.

Insomma, la “lentissima” trasformazione digitale nel nostro Paese è in corso e siamo sulla strada giusta anche grazie all’opera del Team per la Trasformazione digitale della PA e agli strumenti messi in campo dal Piano nazionale Industria 4.0 per le imprese che vogliono cogliere le opportunità legate alla quarta rivoluzione industriale, anche se il ritardo accumulato è rilevante.

In questo contesto di eterna rimonta, gli italiani finora, a parte le generazioni più giovani, hanno avuto un atteggiamento distaccato dalla rivoluzione digitale; e adesso ne scoprono all’improvviso le contraddizioni, i problemi, i rischi e le ingiustizie“, ha scritto Riccardo Luna, il Direttore dell’Agenzia Giornalistica Italia (Agi) che ha curato il Rapporto assieme al Censis e alla Fondazione per l’innovazione tecnologica (Cotec).

Il Rapporto tutto ciò lo mostra con molta evidenza:in tante risposte si nota una adesione convinta ma tutt’altro che acritica alle opportunità dell’innovazione. Eppure la risposta da dare non è, non deve essere, una marcia indietro, che non è tecnicamente possibile e farebbe solo gravi danni”.

“Si tratta però di andare avanti gestendo questa rivoluzione, ricordando di essere inclusivi, di non lasciare indietro nessuno (e qui c’è il tema delle competenze digitali d cui non solo gli anziani sono sprovvisti e di cui la scuola nel suo complesso e la tv pubblica devono occuparsi concretamente oltre gli annunci); di far sì che i nuovi lavori non nascano sotto l’egida della assenza di diritti per i lavoratori; di creare una equità fiscale oggi inesistente; di investire sulla cyber security di governo, imprese e cittadini perché senza sicurezza nulla è davvero possibile”.

“Insomma si tratta di vincere il panico tecnologico non negandolo, perché si otterrebbe l’effetto opposto; ma dando risposte concrete ai singoli problemi”.

Come Post-fazione al Rapporto c’è il resoconto del discorso che il nostro Presidente della Repubblica ha tenuto a Madrid il 10 febbraio 2017, in occasione della riunione annuale delle Fondazioni Cotec, e che è stata intitolata “L’economia circolare di Sergio Mattarella”: “settore ad alta potenzialità che pone sfide rilevantissime ai nostri sistemi produttivi. Una sopra tutte: valorizzare, nell’innovazione dei processi di produzione e consumo le risorse scartate dalle diverse filiere produttive”.

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