Dopo due settimane di Climate Change Talks (Bonn, 4-15 giugno 2014) i negoziatori delle Nazioni Unite sembrano aver fatto progressi verso un trattato vincolante delle emissioni globali.
Le dichiarazioni finali rilasciate alla Conferenza stampa finale dei Climate Change Talks di Bonn (4-15 giugno 2014) da Kishan Kumarsingh (Trinidad e Tobago) e Artur Runge-Metzger (UE), i due co-Presidenti del Gruppo di Lavoro sulla Piattaforma di Durban, lasciano intendere che i colloqui, dopo molto tempo, sono risultati fruttuosi al punto tale da esporsi a prevedere il rilascio della bozza di Accordo globale sul clima, da approvarsi a Parigi alla Conferenza del 2015, entro il prossimo mese per essere poi discussa a settembre dopo la Sessione delle Nazioni Unite sul clima indetta dal Segretario ONU Ban Ki-moon: “Noi siamo determinati ad assicurare di render[la] disponibile a Luglio per un nuovo trattato globale nel 2015, che proteggerà il Pianeta e gli individui che l’abitano dai pericoli dei cambiamenti climatici”.
Circa 1.900 delegati di 182 Paesi hanno partecipato ai lavori preparatori della COP 20 dell’UNFCCC che avrà luogo a Lima (1-12 dicembre 2014) e che costituirà un passaggio fondamentale per concordare un accordo globale prima del vertice di Parigi.
Nonostante la scarsa copertura mediatica, la Conferenza si è svolta in un clima di positiva partecipazione. Evidentemente, come si auspicava, il via libera del Presidente Obama al Piano dell’EPA per la riduzione delle emissioni statunitensi del 30% entro il 2030, a cui è seguito l’annuncio di He Jiankun, a capo dell’Advisory Committee on Climate Change che la Cina avrebbe posto un tetto alle emissioni entro questo decennio, hanno dato un nuovo impulso ai colloqui sul clima di Bonn che stavano iniziando.
Non è casuale che Christiana Figueres, la Segretaria esecutiva dell’UNFCCC, abbia dichiarato che i colloqui hanno costituito il momento in cui “i Governi hanno mostrato nuovi e più elevati livelli di cooperazione e un atteggiamento positivo per conseguire un accordo significativo a Parigi e l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto dei +2 °C”.
“I delegati governativi hanno parlato della crescente comprensione che Parigi 2015 debba essere un punto di svolta in cui si definiscano percorsi precisi verso un mondo a basso tenore di carbonio, ma carbon neutral – ha proseguito la Figueres – La scienza ci ammonisce che dobbiamo agire come comunità globale se vogliamo gestire i rischi e cogliere le opportunità che i cambiamenti climatici ci pongono”.
Senza voler sminuire la portata dei lavori, permangono tuttavia preoccupazioni per le difficoltà dei Paesi ricchi a mantenere i loro impegni presi fin dal 2009 di fornire 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 per aiutare le nazioni più povere ad affrontare i cambiamenti climatici, dal momento che l’organismo deputato a gestire il Green Climate Fund ha dichiarato di avere attualmente le casse vuote, mentre entro la fine dell’anno, secondo quanto affermato dal delegato del Mali all’Agenzia Reuters, sarebbero necessari 8 miliardi di dollari: “Stiamo arrivando al punto in cui tutte le Parti hanno fiducia che si possa agire globalmente per combattere i cambiamenti climatici – ha dichiarato Seyni Nafo – ma la mia più grande preoccupazione è il denaro necessario”.
Ulteriori perplessità rimangono anche sul futuro dei mercati del carbonio dopo che i delegati non sono stati capaci di accordarsi sulle riforme da apportare al regime di compensazione del Clean Development Mechanism (CDM) delle Nazioni Unite, che ha visto i prezzi crollare e gli investimenti prosciugarsi dopo aver raccolto più di 400 miliardi di dollari negli ultimi 10 anni per progetti di taglio alle emissioni nei Paesi sviluppati
Così, mentre questi ultimi preferirebbero dar vita a un nuovo meccanismo basato sul mercato per ridurre le emissioni di carbonio nel modo più economico possibile, le nazioni in via di sviluppo sono viceversa preoccupate che una simile mossa continuerebbe a far concentrare gli investimenti del CDM nelle economie emergenti, come Cina e Brasile, lasciando ancora le nazioni più povere prive di investimenti.
Inoltre, i colloqui di Bonn non sono riusciti a trovare il modo con cui inserire in un futuro quadro internazionale i numerosi sistemi di scambio del carbonio disseminati nel mondo sia a livello regionale che nazionale.
“È deludente che non siamo riusciti a far passi in avanti – ha sottolineato Elina Bardram, funzionaria della Commissione europea che ha rappresentato l’UE durante i colloqui – Crediamo che ci sia un futuro per i mercati, ma accordarsi su qualcosa che non sarebbe stato abbastanza robusto per essere realmente impegnativo non avrebbe alcun senso”.
Tutte le Parti della Convenzione UNFCCC sperano che entro i prossimi 18 mesi si possa raggiungere l’accordo ora che i due più grandi emettitori hanno annunciato provvedimenti per limitare le proprie emissioni, trainando anche le altre principali economie ad accelerare negli investimenti in tecnologie pulite e nelle misure di adattamento climatico.
Tuttavia, pur rappresentando un notevole passo in avanti nei negoziati, i target di emissioni sono ancora nettamente inferiori a quello che sarebbe necessario per evitare che i cambiamenti climatici raggiungano livelli di grave pericolo, come è altrettanto possibile che il clima instauratosi a Bonn si dissolva a seguito di prese di posizioni che non lascino spazio a mediazioni.