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Rapporto Smart Grid 2014: l’opportunità delle Comunità dell’Energia

Rapporto Smart Grid 2014 opportunità delle Comunità dell’Energia

Il Rapporto Smart Grid 2014 del Politecnico di Milano si focalizza quest’anno sui nuovi approcci e modelli di business in grado di dare notevole impulso economico al settore. Manca tuttavia un relativo quadro normativo-regolatorio che supporti le utenze energetiche che decidono di effettuare scelte comuni per soddisfare i propri fabbisogni. Al momento, non pare che i policy maker siano propensi ad incamminarsi lungo un percorso che danneggerebbe le grandi utility elettriche.

È stato presentato il 3 luglio 2014 Smart Grid Report 2014, giunto alla sua 3a edizione e realizzato dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, che quest’anno ha avuto per focus le Energy Community, intese come insiemi di utenze energetiche che decidono di effettuare scelte comuni dal punto di vista del soddisfacimento del proprio fabbisogno energetico.

Il sistema energetico italiano ha radicalmente modificato la sua fisionomia, a seguito soprattutto dell’ampia diffusione delle fonti rinnovabili, tanto che appare ormai necessario, che si definiscano e mettano in pratica modalità innovative di esercizio e gestione (Smart Grid), come pure che si affermino nuovi approcci e modelli di business tra i diversi attori coinvolti, ivi compresi gli utenti finali, anche sulla scia delle revisioni in atto all’interno del quadro normativo-regolatorio.

In questo scenario, le Energy Community rappresentano uno dei “soggetti emergenti” che potrà giocare un ruolo sempre più rilevante all’interno della nuova configurazione che il sistema energetico assumerà, oltre ad abilitare nuove opportunità di business per i player del settore.
Tuttavia – si afferma nel Rapporto – il passaggio da un approccio ‘individuale’ alla gestione dell’energia ad uno ‘collegiale’ rende necessaria, da un lato, la valutazione dell’esistenza di un razionale economico che ne giustifichi l’adozione e dall’altro, la comprensione delle opportunità e dei limiti di questo nuovo approccio, che vanno dalla fattibilità normativa al reperimento delle risorse finanziarie necessarie per realizzare gli investimenti”.
Attualmente in Italia gli esempi che più si avvicinano al modello
oggetto dello Studio, sono piuttosto limitati (150, tra RIU-Reti Interne di Utenza e Cooperative storiche) sia per effetto di una normativa poco chiara e che non prevede, per ora, una definizione di Energy Community, sia perché il quadro regolatorio è focalizzato prevalentemente sull’incentivazione di soluzioni tecnologiche singole – attraverso meccanismi quali ad esempio i Titoli di Efficienza Energetica o il Conto Energia Termico – trascurando le aggregazioni di più tecnologie e utenti.

La caratterizzazione delle utenze energetiche ha permesso di individuare 5 modelli di Energy Community:
1. modello residenziale (RES), riferito ad un condominio composto da 30 unità abitative;
2. modello terziario, con focus sull’ottimizzazione della spesa per l’energia (TER-HEI), riferito ad un cluster di 3 centri commerciali limitrofi aventi una superficie espositiva di circa 2.500 mq. ciascuno;
3. modello terziario, con focus sul miglioramento della qualità e dell’affidabilità della fornitura di energia (TER-HPI), riferito ad un complesso ospedaliero avente circa 400 posti letto;
4. modello industriale (IND-HPI), riferito ad un cluster di 3 stabilimenti industriali limitrofi appartenenti a 3 PMI aventi un fatturato di circa 30 milioni di euro ciascuna;
5. modello urbano (URBANO) – esempio di Energy Community mista, riferito ad un complesso ospedaliero e 5 condomini limitrofi.

I modelli industriale e terziario, oltre a quelli economicamente più interessanti, sono quelli più vicini alla fattibilità normativa, nella misura in cui essi rientrano in una specifica configurazione impiantistica già definita (i cosiddetti Sistemi di Distribuzione Chiusi), sulla quale – si fa notare – ad oggi manca il provvedimento che ne regoli l’accesso alla rete.

Secondo il Rapporto, il potenziale di diffusione teorico delle Energy Community in Italia, stimato sulla base del livello di replicabilità dei modelli analizzati, consta di circa 450.000 Energy Community, corrispondenti ad un volume d’investimento nell’ordine dei 500 miliardi di euro, la massima parte del quale riferito agli ambiti residenziale ed industriale.

A partire da questi valori, nello studio vengono delineati quattro scenari di diffusione attesa delle Energy Community in Italia, considerando come orizzonte temporale di riferimento il 2030 e sulla base di:
– evoluzione del quadro normativo-regolatorio, in termini di modifiche dei modelli di Energy Community realizzabili nel sistema elettrico e dei ruoli e delle responsabilità dei diversi attori che sono parte del sistema energetico;
– evoluzione tecnologica, in termini di miglioramento delle performance tecnico-economiche delle soluzioni tecnologiche che ancora non hanno raggiunto un grado di maturità elevato (come ad esempio i sistemi di storage).
In particolare, lo scenario più ottimistico, che simula un’evoluzione della normativa nel breve periodo favorevole alla diffusione delle Energy Community ed il raggiungimento dei target di costo e performance attesi per le tecnologie abilitanti le Energy Community non ancora mature, prevede che al 2030 si realizzino in Italia quasi 100.000 Energy Community, cui è associato un volume d’affari di 160 miliardi di euro (mediamente pari a circa 10 miliardi all’anno).

Viceversa, lo scenario più conservativo prevede la realizzazione di un numero di Energy Community di gran lunga inferiore, comunque ragguardevole, nell’ordine delle 25.000 unità, per un volume d’affari di circa 50 miliardi di euro. La variabile normativa risulta essere quella più impattante, nella misura in cui, a parità di dinamiche tecnologiche, un’evoluzione ottimistica del quadro normativo-regolatorio permetterebbe di raddoppiare il numero di Energy Community realizzate.

Oltre ai benefici per le utenze energetiche incluse in una Energy Community, grazie alla diffusione di queste ultime è possibile conseguire una serie di benefici sistemici, che rendono le Energy Community di interesse anche per la collettività.
Si fa riferimento in primo luogo a benefici per il sistema elettrico, quali la possibilità da parte delle Energy Community di contribuire alla sicurezza dell’esercizio del sistema elettrico ed all’incremento della capacità da parte dello stesso di accogliere quantità crescenti di impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili, i quali si traducono in costi evitabili di investimento e gestione del sistema elettrico.
In secondo luogo, vi sono altri importanti benefici conseguibili a livello di sistema Paese, quali la riduzione della dipendenza energetica dall’estero – uno dei principali fardelli che grava sulla competitività del nostro Paese – e lo sviluppo di filiere nazionali relative ai produttori delle tecnologie abilitanti le Energy Community.

Visti i tempi di rientro lunghi è chiaro che reperire i finanziamenti sia l’aspetto chiave per realizzare le energy community. Tra le ipotesi che si potrebbero concretizzare, spiegano i ricercatori, quello della microgrid-as-a-service, nella quale un soggetto terzo si occupa della realizzazione dell’energy community e della successiva gestione della stessa, vendendo l’energia alle utenze energetiche all’interno della micro-rete.
Comunque, sul futuro di queste configurazioni, sottolineano gli autori del report, impatterà tantissimo la variabile normativa: un’evoluzione ottimistica del quadro permetterebbe di raddoppiare il numero di energy community realizzate.

Par di capire che si tratta di una grande opportunità per il sistema elettrico in particolare, ma soprattutto per l’economia italiana in generale, in grado di far diventare il nostro Paese uno dei leader mondiali per le smart grid. Bisogna verificare, perciò, se i nostri policy maker vogliano agevolare tale percorso di cambiamento radicale in atto che trasformerà i cittadini da utenti passivi, come affermato da Vittorio Chiesa del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano, a smart user e prosumer, per poi in futuro modificare le proprie utenze in base alla disponibilità energetica, relazionandosi progressivamente in maniera sempre più diretta con i player del settore elettrico.

Al momento, stante gli ultimi provvedimenti inseriti nel Decreto Legge n. 91/2014 (il cosiddetto “Spalma incentivi”) che introduce gli oneri di rete, oltre sull’energia prelevata, anche su quella consumata ovvero sul consumo di energia elettrica autoprodotta, ci sembra che siano più intenzionati a salvaguardare i bilanci delle grandi utility elettriche!

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