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Commissione UE non pone ostacoli all’importazione di carburanti “sporchi”

Commissione UE non pone ostacoli all'importazione di carburanti sporchi

Dopo un’attesa di 5 anni la Commissione UE propone l’integrazione della metodologia per il calcolo dell’intensità di carbonio per i diversi tipi di carburante, di cui all’art. 7 bis della Direttiva sulla Qualità dei Carburanti (2009/30/CE) che di fatto non scontenta le società petrolifere del Nord America che potranno continuare a rifornire l’Europa con i carburanti derivanti dal petrolio “più sporco” al mondo.
Anche in Italia c’è chi si preoccupa degli effetti finanziari per il divieto proposto di praticare il fracking per l’estrazione di idrocarburi.

Dopo 5 anni di assedio lobbistico delle principali imprese petrolifere di Canada e Stati Uniti, la Commissione europea ha adottato il 7 ottobre 2014 una proposta di completamento della Direttiva 2009/30/CE sulla Qualità dei Carburanti (FQD), che non scoraggia di certo le compagnie petrolifere a investire sullo sfruttamento del petrolio più sporco al mondo, come le sabbie bituminose (tar sands) e il coal-to-liquid (tecnologia già utilizzata dai nazisti alla fine della seconda guerra mondiale per trasformare il carbone in petrolio).

L’articolo 7 bis della Direttiva FQD obbliga i fornitori a ridurre del 6% l’intensità di gas a effetto serra del ciclo di vita del combustibile e di altre fonti di energia fornita per essere utilizzata nei veicoli stradali entro il 2020, ma non contiene le regole su come calcolare le emissioni delle diverse fonti di petrolio greggio che costituiscono il 95% del mercato dei carburanti e dell’elettricità dell’UE.
Con la nuova proposta (Council Directive on laying down calculation methods and reporting requirements pursuant to Directive 98/70/EC of the European Parliament and of the Council relating to the quality of petrol and diesel fuels) si stabilisce un metodo per calcolare l’intensità di carbonio per i diversi tipi di carburante, vale a dire a benzina, diesel, gas di petrolio liquefatto (GPL) e il gas naturale compresso (CNG).
Ad ognuno di questi tipi di carburante sarà assegnato un valore predefinito in base alle emissioni prodotte durante l’intero ciclo di vita, a cui dovranno far riferimento i fornitori nell’informare le autorità designate dai Paesi membri dell’UE sull’intensità di carbonio del loro approvvigionamento di carburante, al fine di garantire una riduzione del 6% delle loro emissioni dei trasporti al 2020, come previsto dalla Direttiva 2009.

Il ritardo che si era accumulato per definire il metodo di calcolo aveva suscitato le critiche dei produttori di biocarburanti e degli ambientalisti, preoccupati che la decisione in merito potesse costituire un mezzo di scambio per i negoziati sugli accordi commerciali transatlantici, il TIPP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), all’interno del quale la questione era riproposta continuamente dagli USA per il danno che ne sarebbe derivato alle imprese petrolifere statunitensi che esportano carburanti in Europa e che fanno largo uso di petrolio non convenzionale, derivato soprattutto dalle sabbie bituminose del Canada.

Finalmente la Commissione può presentare tale proposta per migliorare l’impatto sul clima dei nostri carburanti per il trasporto. Non è un segreto che la nostra proposta iniziale non poteva essere adottata a causa della resistenza opposta da alcuni Stati membri – ha dichiarato il Commissario UE di Azione per il Clima Connie Hedegaard, lasciando trapelare, tuttavia, la difficile mediazione raggiunta – Oggi la Commissione ha dato un nuovo impulso a questo testo al fine di garantire che in futuro ci sia una metodologia e quindi un incentivo a favorire l’uso di carburanti più ecologici rispetto a combustibili più inquinanti come ad esempio il petrolio da sabbie bituminose. Ecco perché raccomanda vivamente gli Stati membri di adottare questa proposta e garantire che consenta l’utilizzo di combustibili più puliti per i trasporti in Europa”.

Se da un lato con la proposta c’è una maggior trasparenza per quanto riguarda il tipo e l’origine dei combustibili in uso nei trasporti su strada nell’Unione europea, la metodologia proposta permette a qualsiasi greggio ad elevata intensità di carbonio (come il petrolio da sabbie bituminose) di essere introdotto, qualora venissero ridotte le emissioni di gas serra durante la fase di estrazione.
Con questa proposta, la Commissione europea presenta un meccanismo semplice ed efficace per calcolare le emissioni da trasporto su strada, garantendo nel contempo un elevato livello di protezione del clima – si legge nel Comunicato della Commissione – La proposta rispecchia le ampie analisi tecniche ed economiche, nonché le consultazioni pubbliche avviate dalla Commissione, che sono state condotte dopo la votazione inconcludente in seno agli Stati membri sulla proposta iniziale della Commissione, nel 2011, e il tempo trascorso necessario per concludere l’istruttoria prima di presentare la proposta finale”.
I risultati di questo processo sono descritti nella valutazione d’impatto che accompagna la proposta (Impact assessment on the calculation methods and reporting requirements pursuant to Article 7 of Directive 98/70/EC relating to the qualità of petrol and diesel fuels).

La proposta sarà ora sottoposta all’esame del Consiglio e Parlamento europeo per la decisione da assumere entro due mesi.
La riduzione dell’impronta del carbonio dei combustibili utilizzati nei trasporti fa parte del pacchetto “Clima ed Energia” al 2020 ed è parte integrante dell’azione per decarbonizzare gradualmente il settore dei trasporti in linea con le Politiche sui cambiamenti climatici dell’UE e il Libro bianco sui trasporti. Si tratta di un contributo per ridurre le emissioni globali di gas serra del 20% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020.

Le reazioni degli ambientalisti non si sono fatte attendere, anche perché il 3 ottobre 2014 avevano indirizzato a Consiglio, Parlamento europeo e Commissione UE una lettera, assieme ad altre associazioni della società civile e operatori del settore, per sottolineare l’importanza di mantenere politiche dedicate alla decarbonizzazione dei trasporti, indicando che tale obiettivo presuppone un quadro politico che deve basarsi, tra l’altro, sulla promozione di carburanti e combustibili con la minore intensità possibile di carbonio.
Chiaramente la Commissione ha esaurito il suo slancio per le politiche climatiche europee, anteponendo i negoziati commerciali alla tutela del pianeta – ha dichiarato Colin Roche, Responsabile attività estrattive di Friends of the Earth – A poco più di un anno dai negoziati cruciali sul clima di Parigi, l’Unione europea dovrebbe agire con decisione sui cambiamenti climatici, non annacquare le sue politiche accondiscendendo alla lobby dell’industria dei combustibili fossili”.

Questa proposta non è solo una tragedia per il clima – ha osservato Nuša Urbančič, Direttore del Programma Carburanti di Transport&Environment – Esonerare le industrie del petrolio dal compiere sforzi per la riduzione del carbonio è iniquo, inefficiente e pure costoso”.

In Italia, i nostri Deputati della Commissione Bilancio, preoccupati per le ripercussioni economiche sulle industrie petrolifere e gasiere, hanno chiesto addirittura lo stralcio dell’articolo 26-ter, introdotto dalla Commissione Ambiente nel cosiddetto Collegato Ambientale alla Legge di Stabilità 2014, che vietava la pratica del fracking per l’estrazione di idrocarburi, “poiché non si possono escludere effetti finanziari negativi, derivanti dalla prevista automatica decadenza dalle concessioni e dai permessi in essere” (!)

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