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Cambiamenti climatici e cibo: l’Europa la regione più penalizzata

Secondo una ricerca condotta da ricercatori di Università statunitensi ed europee sulle 10 colture più importanti dal punto di vista alimentare i cambiamenti climatici stanno già impattando sulla produzione globale di cibo con riduzione media dell’1% annuo, ma mentre in altre regioni la situazione è disomogenea, con vincitori e vinti, l’Europa occidentale è quella più penalizzata.

Sulla prestigiosa rivista PLOS One è stato pubblicato il 31 maggio 2019 lo Studio  “Climate change has likely already affected global food production”, condotto da ricercatori dell’Università del Minnesota, in collaborazione con colleghi dell’Università di Oxford e dell’Università di Copenhagen, secondo cui le 10 colture più diffuse al mondo – grano, riso, mais, orzo, sorgo, soia, manioca, olio di palma, colza, canna da zucchero – che forniscono l’83% di tutte le calorie da produzioni agricole, stanno già subendo gli impatti dei cambiamenti climatici e alcune regioni e Paesi stanno andando molto peggio di altri.

In particolare, i ricercatori hanno scoperto che:
– i cambiamenti climatici osservati causano una significativa variazione di rendimento delle succitate colture, che va da una diminuzione del 13,4% per le palme da olio a un aumento del 3,5% per la soia, con una riduzione media di circa l’1% (-3,5 X 10e13 kcal / anno) delle calorie alimentari che derivano da tali colture;
– gli impatti dei cambiamenti climatici sulla produzione alimentare globale sono per lo più negativi in ​​Europa, Africa meridionale e Australia, generalmente positivi in ​​America Latina e misti in Asia e America centrale e settentrionale;
– la metà di tutti i Paesi che presentano insicurezza del settore alimentare sta subendo una diminuzione della produzione agricola, così come alcuni Paesi industrializzati e dall’economia sviluppata dell’Europa occidentale;
– in modo contrastante, i recenti cambiamenti climatici hanno aumentato i raccolti di alcune colture in alcune aree del Midwest degli Stati Uniti.

Per quanto attiene l’Europa occidentale, le maggiori riduzioni di calorie dalle sopraelencate colture (ovviamente per quelle praticate) si stanno verificando in Francia (~ 24%), Germania (~ 11%), Italia (~ 7%) e Spagna (~ 4%).

Ci sono vincitori e vinti, e alcuni Paesi che stanno già subendo una crisi alimentare stanno anche peggio”, ha dichiarato l’autore principale dello Studio, Deepak Ray dell’Istituto per l’Ambiente dell’Università del Minnesota i cui database statistici sulle colture globali ad alta risoluzione sono stati utilizzati per individuare come la produzione agricola globale cambi nel tempo.

I risultati indicano quali sono le aree geografiche e le colture più a rischio, offrendo agli attore che muovono per il conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU al 2030, tra cui quelli per porre fine alla fame e per limitare gli effetti dei cambiamenti climatici. Approfondimenti come questi portano a nuove domande e passaggi cruciali.

L’iniziativa Global Landscapes dell’Istituto, a cui hanno contribuito gli autori dello Studio,che lavorano all’Università del Minnesota, aveva prodotto precedentemente risultati su scala globale che sono stati utilizzati per la valutazione sulla sicurezza alimentare da Organizzazioni internazionali come l’ONU, la Banca mondiale e il Brookings Institution, considerato il think tank più influente al mondo, di cui fa parte anche Mario Draghi, attuale Presidente della BCE.

I ricercatori affermano che il Rapporto ha implicazioni per le principali imprese alimentari, i commercianti di materie prime e i Paesi in cui operano, così come per i cittadini di tutto il mondo.

Il sistema è molto complesso – ha affermato Snigdhansu Chatterjee della Scuola di Statistica dell’Università del Minnesota e co-autore del report – perciò un’attenta componente di modellazione statistica e di dati è fondamentale per comprendere le dipendenze e gli effetti a cascata di piccoli o grandi cambiamenti”.

La ricerca documenta come il cambiamento stia già accadendo – ha concluso Ray – non solo in un prossimo futuro“.

Nelle scorse settimane la coalizione delle Associazioni aderenti alla Campagna CambiamoAgricoltura ha diffuso un Dossier con i dati sul contributo di agricoltura e allevamento intensivi al bilancio dei gas climalteranti dell’Italia, dove si sottolinea che essendo “L’agricoltura oltre che vittima è anche una causa dei cambiamenti climatici”, si propone una road map che, se applicata con determinazione, permetterebbe di abbattere il contributo inquinante dell’agricoltura fino al 72% da qui al 2030, sostituendo gli attuali sussidi con incentivi alle imprese che modificano le loro pratiche agricole.

 

 

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