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I biocarburanti che affamano e non riducono le emissioni

I biocarburanti che affamano e non riducono le emissioni

La commissione UE rivede le direttive sui carburanti ed energie rinnovabili.

Dopo la recente pubblicazione degli ultimi studi indipendenti che hanno messo in discussione alcune delle conclusioni contenute nella Direttiva sulle Energie Rinnovabili (2009/28/CE), secondo le quali l’uso di biocarburanti produrrebbe una forte riduzione delle emissioni di gas serra rispetto ai combustili fossili, la Commissione UE si è trovata in difficoltà nel mantenere l’obiettivo entro il 2020 di usare il 10% di biocarburanti nei mezzi di trasporto dell’UE, visto che questo target rischia di incidere sull’aumento dei prezzi di alcuni prodotti alimentari e sull’incremento delle emissioni se non si tiene conto degli effetti indiretti che possono derivare dai cambiamenti dello sfruttamento dei terreni (indirect Land Use Change).

In agosto, dei ricercatori tedeschi avevano pubblicato uno Studio che confutava le conclusioni della RED, secondo cui il biodiesel di colza ridurrebbe almeno del 35% le emissioni di gas serra rispetto ai combustibili fossili (Gernot Pehnelt and Christoph Viete: “Uncertainties about the GHG Emissions Saving of Rapeseed Biodiesel” – Jena Economic Research Papers n. 2012 – 039).
I due esperti della Jena Schiller University (Germania), che fanno parte dell’Istituto indipendente di consulenza e ricerca GlobEcon , hanno utilizzato lo stesso sistema di calcolo di quello applicato dal Centro Comune di Ricerca (Joint Research Centre ) della Commissione europea, rilevando che in 8 dei 12 scenari analizzati il biodiesel ottenuto dai semi di colza di coltivazioni locali non soddisfa la riduzione delle emissioni di gas serra, così come previsto dalla Direttiva tanto da affermare che le indicazioni della Commissione UE “sono più che discutibili e nella maggior parte degli scenari ingiustificabili – scrivono i ricercatori – Alla luce di queste notevoli differenze, nonché per la mancanza di trasparenza nei calcoli, l’Unione europea per il biodiesel da colza sembra preferire valori e standard ‘politicamente’ raggiunti rispetto a quelli scientificamente provati”.

Il 1° settembre c’era stata la pubblicazione on line prima che sulla Rivista “GCB BIOENERGY” di uno Studio dell’International Council on Clean Transportation (un peer-reviewed ovvero uno studio sottoposto a una valutazione esperta eseguita da specialisti del settore per verificarne l’idoneità della pubblicazione su riviste specializzate) che metteva in guardia circa la possibilità di raggiungere l’obiettivo al 2020 di ridurre le emissioni di CO2 dei carburanti con l’introduzione del target del 10% di combustibili da colture, senza tener conto degli effetti negativi in termini di emissioni della riconversione dei terreni per le colture per biocarburanti (Chris Malins: “A model-based quantitative assessment of the carbon benefits of introducing iLUC factors in the European Renewable Energy Directive”).
In tutti gli scenari analizzati dallo studio, rispetto ai tradizionali carburanti, le emissioni di carbonio da biocarburanti si attesterebbero tra un -4% e, addirittura, un +30% , tanto che vi si afferma che “Il biodiesel di oli vegetali non da rifiuti può avere un impatto ambientale peggiore del gasolio di origine fossile”. Viceversa la riduzione potrebbe arrivare fino al 54% con l’introduzione dei fattori iLUC (indirect Land Use Change).
Peraltro, questi fattori, assenti al momento nella legislazione UE, sono inclusi nel Federal Renewable Fuel Standard degli USA.

Il “colpo di grazia” è arrivato con la pubblicazione il 17 settembre del Rapporto “The Hunger Grains: The fight is on. Time to scrap the EU biofuel mandates” (I semi della fame. Il conflitto è acceso. È tempo di rottamare gli obiettivi UE sui biocarburanti ) di Oxfam, autorevole Confederazione internazionale di 17 ONG, attive in 90 Paesi, che si propongono di costruire un futuro libero dall’ingiustizia della povertà. Nel Rapporto si metteva in evidenza che la politica UE sui biocarburanti ha provocato:
– la corsa all’accaparramento di terra (land grabbing) nei Paesi dove c’è scarsa tutela dei diritti fondiari e che sono anche quelli dove la denutrizione è più diffusa (cfr. articolo di pag. 82 di questo stesso numero);
– la produzione di cereali per biocarburanti dal 2008 ad oggi avrebbe, viceversa, consentito di sfamare 127 milioni di persone per un intero anno;
– il rialzo, indiretto, di alcuni prodotti alimentari che potrebbe raggiungere il 36%;
– il beneficio atteso in termini di cambiamenti climatici rischia di diventare una semplice chimera, dal momento che i modelli utilizzati mostrano che la sostituzione dei serbatoi di carbonio per lasciar spazio ai biocarburanti è dannosa per l’ambiente al pari dell’immissione sulle strade europee di ulteriori 26 milioni di veicoli.

Pertanto, Oxfam chiedeva alla Commissione UE di:
– rivedere la RED;
– includere nel conteggio delle emissioni i fattori iLUC;
– introdurre criteri di sostenibilità sociale vincolanti per la produzione dei biocarburanti, includendo la sicurezza alimentare, l’accesso alla terra e all’acqua, i diritti umani e il principio di libero, preventivo e informato consenso per tutte le comunità colpite da offerte di affitto di terra;
– sollecitare gli altri Paesi G 20 a fare altrettanto. 

Ce n’era abbastanza, tanto che la Commissaria UE di Azione per il Clima, Connie Hedegaard anticipava che la Commissione avrebbe proposto modifiche legislative per ridurre al minimo l’impatto climatico dei biocarburanti.
“Non possiamo moralmente permetterci di mettere in piedi un così grande settore industriale su qualcosa che non è buono per l’ambiente o per i prezzi dei prodotti alimentari. Una delle maggiori sfide del XXI secolo è proprio di assicurare prezzi accessibili ai prodotti alimentari” (The Guardian, 21 settembre 2012).
“Non stiamo chiudendo un’industria esistente, la produzione attuale continuerà – ha aggiunto la Hedegaard, prevedendo le reazioni delle industrie del settore e degli imprenditori agricoli che di fronte all’ipotesi di dirottare i futuri incentivi sui biocarburanti di seconda generazione (quelli prodotti per lo più da scarti di tipo ligneo-cellulosico, provenienti da lavorazioni di foreste, agricoltura, industria alimentare, oli esausti, parte organica dei rifiuti urbani) e di terza generazione (quelli che si basano sulla produzione e il miglioramento di alcune colture, non in competizione con l’industria alimentare, su terreni marginali, desertici o addirittura in mare, come le alghe ad alto tenore lipidico e zuccherino da cui ottenere, rispettivamente, biodiesel e bioetanolo) avevano preannunciato la loro contrarietà – Dobbiamo porre le giuste priorità”.
“Hanno sempre affermato [i produttori di biocarburanti che nel frattempo hanno dichiarato che sono disposti a fare causa alla Commissione UE se questa limiterà gli investimenti al loro settore] che abbiamo bisogno di maggior conoscenza, ora abbiamo a disposizione diversi studi – aveva concluso la Hedegaard – Dobbiamo basare le decisioni politiche sulle conoscenze disponibili. Tutti sapevano fin dal 2007 che i fattori connessi all’iLUC potevano costituire una possibilità”.
Infatti, in un Rapporto redatto nel 2008 dal Joint Research Centre della Commissione europea si affermava che “il cambio indiretto dell’uso del suolo può rilasciare abbastanza gas serra da vanificare gli effetti positivi dell’uso dei tradizionali biocarburanti europei”.

Da qui alla formalizzazione di una revisione dell’attuale legislazione il passo è stato breve, come si suol dire, dal
momento che il 17 ottobre 2012 la Commissione UE ha pubblicato una proposta di Direttiva volta a rivedere la legislazione attuale per limitare a livello mondiale la conversione dei terreni alla produzione di biocarburanti e aumentare gli effetti benefici dei biocarburanti usati nell’UE sul clima (Directive amending Directive 98/70/EC relating to the qualità of petrol and diesel fuels and amending Directive 2009/28/EC on the promotion of the use of energy from renewable sources).

Nella premessa si afferma che a fronte dell’espansione del mercato dei biocarburanti è apparso chiaro che non tutti i biocarburanti sono uguali per impatto in termini di gas a effetto serra derivante dalla destinazione dei terreni a livello mondiale. Recenti studi scientifici hanno dimostrato che, quando si tiene conto del cambiamento indiretto della destinazione dei terreni, ad esempio laddove la produzione di biocarburanti comporti uno spostamento della produzione alimentare a destinazione umana o animale verso terreni non agricoli quali le foreste, può risultare che, di fatto, alcuni biocarburanti contribuiscono alle emissioni di gas a effetto serra tanto quanto i carburanti fossili che sostituiscono.

Se vogliamo che ci aiutino a contrastare i cambiamenti climatici, i biocarburanti che usiamo devono essere autenticamente sostenibili – ha dichiarato in occasione della Conferenza stampa di presentazione la Hedegaard – Dobbiamo quindi investire in biocarburanti che determinino un’effettiva riduzione delle emissioni e non facciano concorrenza alla produzione alimentare. Non escludiamo ovviamente i biocarburanti di prima generazione, ma inviamo un segnale chiaro: in futuro l’aumento nell’impiego dei biocarburanti deve basarsi su biocarburanti avanzati, perché qualsiasi alternativa risulterà insostenibile”.

I biocarburanti prodotti in modo sostenibile con processi efficienti sono un’alternativa a basse emissioni di CO2 ai car buranti fossili nel mix energetico dell’UE, in particolare nei trasporti. I biocarburanti si stoccano e si dispongono all’uso facilmente, hanno un’alta densità energetica e tipicamente emettono molti meno gas a effetto serra rispetto a petrolio, gas e carbone. Solo i biocarburanti che soddisfano una serie di criteri di sostenibilità possono ottenere un sostegno pubblico sul mercato europeo.

La Commissione propone, pertanto, di modificare la normativa vigente sui biocarburanti attraverso la direttiva sulle energie rinnovabili e la direttiva sulla qualità dei carburanti, e in particolare di:
• aumentare al 60% la soglia minima di riduzione dei gas a effetto serra per i nuovi impianti al fine di migliorare l’efficienza dei processi di produzione dei biocarburanti e scoraggiare ulteriori investimenti in impianti che danno scarsi risultati nella riduzione delle emissioni ;
• includere i fattori del cambiamento indiretto della destinazione dei terreni nelle dichiarazioni dei fornitori di carburanti e degli Stati membri sulle riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra dei biocarburanti e bioliquidi ;
• limitare al livello di consumo attuale, ossia al 5% fino al 2020, la quantità di biocarburanti e bioliquidi derivati da colture alimentari che possono essere contabilizzati ai fini dell’obiettivo UE del 10% di energia rinnovabile nel settore dei trasporti entro il 2020, mantenendo gli obiettivi generali di energia rinnovabile e di riduzione dell’intensità di CO2 ;
• offrire incentivi di mercato per i biocarburanti che non hanno impatto, o hanno un impatto basso, in termini di emissioni derivanti dal cambiamento indiretto della destinazione dei terreni, in particolare per i biocarburanti di seconda e terza generazione derivati da materie prime che non implicano una domanda supplementare di terreni, come ad esempio le alghe, la paglia e vari tipi di rifiuti, perché contribuiranno di più all’obiettivo del 10% di energia rinnovabile nei trasporti fissato dalla direttiva sulle energie rinnovabili.

Con queste nuove misure, la Commissione vuole promuovere i biocarburanti che aiutano a conseguire sostanziali riduzioni delle emissioni senza entrare in concorrenza diretta con il settore alimentare e sono al tempo stesso più sostenibili.
Sebbene l’attuale proposta non pregiudichi la possibilità che gli Stati membri forniscano incentivi finanziari per i biocarburanti, la Commissione ritiene che nel periodo successivo al 2020 i biocarburanti debbano ricevere sostegno finanziario solo se comportano sostanziali riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra e non sono prodotti da colture destinate all’alimentazione umana o animale.
“La proposta offrirà nuovi incentivi ai biocarburanti che danno i migliori risultati – ha affermato Günther Oettinger, Commissario per l’Energia – In futuro i biocarburanti emetteranno molti meno gas serra e ridurranno la fattura per l’importazione di carburanti”.

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