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Urgenza Sanità: presentato il Rapporto Civico sulla Salute 2023

In apertura della Giornata di mobilitazione per il rilancio del Servizio Sanitario Nazionale (11 maggio 2023) dal titolo “Urgenza sanità”, promossa da Cittadinanzattiva a difesa del SSN, è stato presentato il Rapporto Civico sulla salute 2023 che fotografa le criticità del nostro SSN nella sua articolazione nazionale e regionale, e lanciato al contempo il Manifesto in 5 punti per il suo rilancio da sottoscrivere con una petizione.

Terminata l’emergenza pandemica, i cittadini si trovano a fare i conti più di prima con le conseguenze di scelte improvvide che durano da decenni: lunghissime liste di attesa, pronto soccorso allo stremo, medici di medicina generale assenti in molte aree non per nulla definite “deserti sanitari”. Il ricorso alla spesa privata aumenta ed è incompatibile con un sistema universalistico, oltre a essere possibile solo se le condizioni economiche dei singoli lo permettono. Per molte cittadine e molti cittadini l’attesa si è trasformata in rinuncia.

Sono le tante urgenze sanità che Cittadinanzattiva, l’organizzazione che opera in Italia e in Europa per la promozione e la tutela dei diritti dei cittadini in vari ambiti, tra cui la salute, fotografa nel Rapporto civico sulla salute 2023 , presentato in apertura della Giornata di mobilitazione nazionale e territoriale per il rilancio del Servizio Sanitario Nazionale (11 maggio 2023) dal titolo appunto “Urgenza sanità”, e realizzato con il sostegno non condizionato di: FOFI, FNOPI, FNOMCeO, FNO TSRM e PSTRP; e con il contributo non condizionato di: Alexion, Chiesi, Sanofi.

Il Rapporto fornisce una fotografia della sanità vista dai cittadini, unendo due analisi:
– una realizzata a partire dalle 14.272 segnalazioni giunte, nel corso del 2022, al servizio PiT Salute e alle 330 sezioni territoriali del Tribunale per i Diritti del Malato;
– l’altra finalizzata ad esaminare, da un punto di vista civico, il federalismo sanitario con l’intento di coglierne la complessità, l’articolazione organizzativa, la capacità di amministrare e fornire risposte in termini di servizi e assistenza sanitaria ai cittadini.

I dati presentati in questo Rapporto e le storie che le persone raccontano ai nostri attivisti sul territorio, ci mettono nella urgenza di proclamare come cittadini lo stato di emergenza sanitaria e una mobilitazione permanente a difesa del nostro Servizio Sanitario Nazionale, come annunciamo nel nostro Manifesto e nella petizione su Change – ha dichiarato Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva – Per superare l’Urgenza Sanità chiediamo che siano riaffermate cinque condizioni, cinque chiavi di accesso alla casa comune del SSN: l’aggiornamento periodico e il monitoraggio costante dei Livelli essenziali di assistenza che devono essere garantiti ed esigibili su tutto il territorio nazionale; l’eliminazione delle liste di attesa, attraverso un investimento sulle risorse umane e tecniche, una migliore programmazione e trasparenza dei vari canali, un impegno concreto delle Regioni per i Piani locali di governo delle liste di attesa; il riconoscimento e l’attuazione del diritto alla sanità digitale per ridurre la burocrazia, comunicare meglio con i professionisti e accedere a prestazioni a distanza; la garanzia di percorsi di cura e di assistenza dei malati cronici e rari e, in particolare, delle persone non autosufficienti, finanziando la nuova legge per gli anziani non autosufficienti e riprendendo l’iter normativo per il riconoscimento dei caregiver; l’attuazione della riforma dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR, con il coinvolgimento delle comunità locali e dei professionisti del territorio”.

Dal Rapporto emerge che accanto ai mai risolti problemi generali di liste di attesa e accesso alle prestazioni (che raccolgono quasi una segnalazione su tre, 29.6%), i cittadini denunciano carenze in tutti e tre gli ambiti dell’assistenza sanitaria, ossia quella ospedaliera (15,8%), quella territoriale (14,8) e l’area della prevenzione (15,2%). Al quinto posto la sicurezza delle cure (8,5%). Seguono le segnalazioni su accesso alle informazioni e documentazioni (4,5%), assistenza previdenziale (2,8%), umanizzazione e relazione con operatori sanitari (2,6%), spesa privata e ticket elevati (1,7%) e assistenza protesica e integrativa (1,4%).

A crescere rispetto al 2021, sono soprattutto le problematiche che riguardano l’accesso alle prestazioni (+5.8%) e quelle legate all’assistenza in ospedale (+4,4%).

In particolare, vengono segnalati i tempi di attesa per ricevere le prestazioni:
2 anni per una mammografia di screening;
3 mesi per un intervento per tumore all’utero che andava effettuato entro un mese;
 2 mesi per una visita specialistica ginecologica urgente, da fissare entro 72 ore;
sempre 2 mesi per una visita di controllo cardiologica, da effettuare entro 10 giorni.
Sono alcuni esempi di tempi di attesa segnalati dai cittadini che lamentano anche disfunzioni nei servizi di accesso e prenotazione, ad esempio determinati dal mancato rispetto dei codici di priorità, difficoltà a contattare il CUP, impossibilità a prenotare per liste d’attesa bloccate.

Per le visite specialistiche che hanno una Classe B-breve (da svolgersi entro 10 giorni) i cittadini che hanno contattato Cittadinanzattiva hanno atteso anche 60 giorni per la prima visita cardiologica, endocrinologica, oncologica e pneumologica. Senza codice di priorità, si arrivano ad aspettare 360 giorni per una visita endocrinologica e 300 per una cardiologica.

Per le visite specialistiche di controllo i tempi sono stati di:
60 giorni dalla richiesta per una visita ginecologica con priorità U (urgente, da effettuare entro 72 ore);
60 giorni dalla richiesta per una visita di controllo cardiologica, endocrinologica, fisiatrica con priorità B (da fissare entro 10 giorni;
90 giorni  per una visita ortopedica, sempre con classe d’urgenza B;
– 360 per una visita neurologica;
– 455 per una visita endocrinologica senza classe di priorità.

Per le prestazioni diagnostiche: i tempi di attesa sono stati:
150 giorni per una mammografia, con classe di categoria B breve (da svolgersi entro 10 giorni), e 730 giorni per una di categoria P (programmabile);
365 giorni per una gastroscopia con biopsia in caso di classe non determinata.

Per gli interventi chirurgici i tempi di attesa sono stati:
90 giorni per un intervento per tumore dell’utero che doveva essere effettuato entro 30 giorni (Classe A);
120 giorni per un intervento di protesi d’anca, da effettuarsi entro 60 giorni (classe di priorità B).

La quasi totalità delle Regioni non ha recuperato le prestazioni in ritardo a causa della pandemia, e non tutte hanno utilizzato il fondo di 500 milioni stanziati nel 2022 per il recupero delle liste d’attesa. Non è stato utilizzato circa il 33%, per un totale di 165 milioni.

Dai dati forniti dall’Istat nel corso dell’audizione al Senato l’8 marzo 2023 per l’Indagine conoscitiva sulle forme integrative di previdenza e di assistenza sanitaria nel quadro dell’efficacia complessiva dei sistemi di welfare e di tutela della salute

si rileva che rispetto al 2019 nel 2022 si è registrata una riduzione della quota di persone che ha effettuato visite specialistiche (dal 42,3% nel 2019 al 38,8% nel 2022) o accertamenti diagnostici (dal 35,7% al 32,0%) e che viceversa è aumentata quella di chi dichiara di aver pagato interamente a sue spese sia visite specialistiche (dal 37% al 41,8% nel 2022) che accertamenti diagnostici (dal 23% al 27,6% nel 2022).

In merito al Pronto Soccorso, le segnalazioni più ricorrenti riguardano:
eccessiva attesa per effettuare o completare il triage (18,9%) pronto soccorso affollato (15,4%);
carente informazione al paziente o al familiare (9,8%);
mancanza di posti letto in reparto per il ricovero (9,2%);
mancanza del personale medico (8,7%);
pazienti in sedia a rotelle o in barella lungo i corridoi per ore/giorni (7,5%).

Negli ultimi 10 anni, sottolinea Cittadinanzattiva, facciamo i conti con una riduzione costante e cospicua delle strutture di emergenza: si conta una riduzione sul territorio nazionale di 61 dipartimenti di emergenza, 103 pronto soccorso, 10 pronto soccorso pediatrici e 35 centri di rianimazione. Per quanto riguarda le strutture mobili negli ultimi 10 anni abbiamo avuto una riduzione di 480 ambulanze di tipo B (per il trasporto di infermi o infortunati con dotazioni per il primo soccorso), un incremento di sole 4 ambulanze di tipo A (dotate di specifiche attrezzature di assistenza)un decremento di 19 ambulanze pediatriche e di 85 unità mobili di rianimazione.

Di fronte all’attuale stato, Cittadinanzattiva ha lanciato un Manifesto con una petizione su Change.org, con 5 punti per il rilancio del SSN accessibile e universale.

– Il primo punto riguarda l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) che devono essere garantiti ed esigibili su tutto il territorio nazionale.
– Il secondo riguarda il diritto dei malati cronici e delle persone non autosufficienti di essere sostenuti con percorsi di cura socio-sanitari integrati e personalizzati.
– Il terzo è un intervento sulle liste di attesa che chiudono le porte del servizio sanitario.
– Il quarto riguarda la sanità digitale come diritto da attuare implementando l’uso del Fascicolo Sanitario Elettronico, per ridurre la burocrazia e comunicare con i professionisti, come già avviene in alcune realtà, con il concorso delle organizzazioni civiche.
– Infine, il quinto concerne l’insediamento delle Case della Comunità che dovrebbero essere progettate insieme alle comunità locali e ai professionisti, con i soldi del PNRR, riducendo anche la pressione sul pronto soccorso.

Grazie ad una collaborazione tra Cittadinanzattiva e Fondazione Openpolis, è stato avviato un monitoraggio sul tema dell’assistenza territoriale a partire dalla mappatura degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, i cui risultati sono contenuti nel reportIl PNRR e la sanità territoriale”, navigabile nei suoi focus regionali che permettono di verificare la programmazione e la collocazione delle Case della Comunità.

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