Benessere Società

UNDP: bisogna ridefinire il significato di progresso

Un Rapporto speciale del Programma Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) afferma che l’insicurezza socio-economica e fisica nell’era dell’Antropocene è cresciuta negli ultimi 10 anni anche nelle nazioni più ricche, spazzando via l’opinione che redditi più alti fossero correlati alla sicurezza umana, e sollecita a ripensare al concetto di progresso per ridefinire un nuovo modello di sviluppo, costruito attorno alla protezione e al ripristino del Pianeta.

È tempo di riconoscere i segnali delle società che sono sotto un immenso stress e di ridefinire cosa significhi effettivamente progresso. Abbiamo bisogno di un modello di sviluppo adatto allo scopo, costruito attorno alla protezione e al ripristino del nostro pianeta con nuove opportunità sostenibili per tutti“.

Così si è espresso Achim Steiner, Amministratore del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) che ha per mission la riduzione della povertà e delle disuguaglianze, aiutando i Paesi nella creazione di capacità istituzionali e di leadership per sostenere gli sforzi nazionali ed internazionali per lo sviluppo sostenibile, in occasione della presentazione del Rapporto speciale New threats to human security in the Anthropocene:demanding greater solidarity” , lanciato l’8 febbraio 2022 nel corso un evento online di alto livello.

Viene alla mente quanto aveva scritto mezzo secolo fa, uno dei nostri più acuti intellettuali del secondo Novecento, quando annotava le sue considerazioni su vari testate giornalistiche, tra cui:
Il ‘progresso’ è dunque una nozione ideale (sociale e politica): là dove lo ‘sviluppo’ è un fatto pragmatico ed economico. […] È in corso nel nostro paese una sostituzione di valori e di modelli, sulla quale hanno avuto grande peso i mezzi di comunicazione di massa e in primo luogo la televisione. Con questo non sostengo affatto che tali mezzi siano in sé negativi: sono anzi d’accordo che potrebbero costituire un grande strumento di progresso culturale; ma finora sono stati, così come li hanno usati, un mezzo di spaventoso regresso, di sviluppo appunto senza progresso”. (Pier Paolo Pasolini, “Scritti corsari”, Garzanti editore, 2015, pag. 176).

Secondo l’UNDP, il senso di sicurezza e protezione delle persone è al minimo in quasi tutti i Paesi: sei persone su sette in tutto il mondo ne sono afflitte. Anche i cittadini che vivono in Paesi che godono dei più alti livelli di buona salute, ricchezza e istruzione segnalano un’ansia maggiore rispetto a dieci anni fa.

Il Covid-19 potrebbe aver potenziato questa sensazione, ma era già in atto prima della pandemia che, comunque, a differenza di qualsiasi altra crisi recente, ha devastato molte dimensioni del nostro benessere e ha rallentato lo sviluppo umano.

Nonostante la ricchezza globale sia la più alta mai registrata, la maggioranza delle persone è preoccupata per il futuro e questi sentimenti sono stati probabilmente esacerbati dalla pandemia – ha dichiarato Steiner Nella nostra ricerca di una crescita economica sfrenata, continuiamo a distruggere il nostro mondo naturale mentre le disuguaglianze si stanno ampliando sia all’interno che tra i Paesi”.

Oltre alle terribili conseguenze sulla salute, la pandemia ha sconvolto l’economia globale, interrotto l’istruzione, i piani di vita e i mezzi di sussistenza, e suscitato divisioni politiche su mascherine e vaccini. Anche con la distribuzione dei vaccini e la parziale ripresa economica iniziata nel 2021, la crisi è stata contrassegnata da un calo dell’aspettativa di vita di circa un anno e mezzo. Di pari passo, sta crescendo una sfiducia verso le istituzioni che, in teoria, sono progettate per proteggerci.

Il mondo è sempre stato in evoluzione, ma le sfide che affrontiamo oggi, sottolinea l’UNDP, si stanno svolgendo su un palcoscenico diverso, perché ora siamo nell’Antropocene, l’era in cui gli esseri umani stanno cambiando il pianeta in modi così pericolosi quali la specie umana non ha mai visto prima.

L’era dell’Antropocene sta alimentando i conflitti, poiché le vite umane diventano più precarie. Sono 37 i conflitti in cui attualmente sono coinvolti gli Stati, il numero più alto dalla fine della seconda guerra mondiale. La violenza sta diventando un fenomeno normale in molti luoghi e il numero di persone sfollate con la forza a causa di conflitti o disastri è aumentato negli ultimi dieci anni, raggiungendo il numero di oltre 80 milioni nel 2020. Circa 1,2 miliardi di persone vivono in aree colpite da conflitti, la metà delle quali vive in Paesi considerati “non fragili”.

Fonte: Human Development Report Office

Le vecchie disuguaglianze persistono, nonostante i progressi nel tenore di vita, e altre nuove forme stanno emergendo, tra cui la possibilità di prosperare in un’economia moderna e l’accesso alle tecnologie diventate necessarie come Internet a banda larga.

La tecnologia è un’arma a doppio taglio, offrendo vaste opportunità, ma inducendo a rischi potenzialmente catastrofici. Mentre la digitalizzazione può connettere le comunità, incoraggiare le nuove competenze e l’istruzione, nonché promuovere la sicurezza umana, i social media stanno diffondendo disinformazione e alimentando la polarizzazione.

Nel 2017, circa il 95% delle aziende in Africa era valutato “povero” in termini di sicurezza informatica, incapace di proteggersi da attacchi dannosi.
Si stima che i danni della criminalità informatica siano costati circa 6 trilioni di dollari nel 2021, un aumento del 600% dall’inizio della pandemia nel 2020.

Il concetto di sicurezza umana, introdotto per la prima volta nel Rapporto sullo sviluppo umano del 1994, pietra miliare dell’UNDP, segnava un allontanamento radicale dall’idea prevalente che gli esseri umani fossero al sicuro se vivevano in un’area geografica “sicura”, suggerendo, al contrario, che la sicurezza riguardava tutti coloro che vivevano liberi dal bisogno, liberi dalla paura e liberi dall’umiliazione.

Affrontare queste minacce, sostengono gli autori del rapporto, richiederà ai responsabili politici di considerare protezione, responsabilizzazione e solidarietà l’uno accanto all’altro in modo che la sicurezza umana, le considerazioni planetarie e lo sviluppo umano lavorino tutti insieme e non l’uno contro l’altro. Ciò significa che le soluzioni per un problema non dovrebbero esacerbarne altri.

Questo momento è unico. È un’opportunità per abbandonare misure di sicurezza frammentate e inefficaci. Per ripristinare la fiducia di fronte alle disuguaglianze, ai conflitti e alle tecnologie, dobbiamo comprendere i bisogni delle generazioni presenti e future e abbracciare ciò che funziona a livello locale e globale, sia nei Paesi in via di sviluppo che in quelli sviluppati”.

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