Società

RIM 2022: sempre più giovani italiani all’estero

La XVII edizione del RIM (Rapporto Italiani nel Mondo) sull’evoluzione dei flussi migratori degli italiani della Fondazione Migrantes quest’anno testimonia che la pandemia ha frenato, ma non arrestato la mobilità verso l’estero dei connazionali, soprattutto di giovani che non si sentono ben voluti dal proprio Paese e dai propri territori di origine e che sono sempre più spinti a cercar fortuna altrove.

Si era soliti affermare che l’Italia da paese di emigrazione si è trasformato negli anni in paese di immigrazione: questa frase non è mai stata vera e, a maggior ragione, non lo è adesso perché smentita dai dati e dai fatti. Dall’Italia non si è mai smesso di partire e negli ultimi difficili anni di limitazione negli spostamenti a causa della pandemia, di recessione economica e sociale, di permanenza di una legge nazionale per l’immigrazione sorda alle necessità del tessuto lavorativo e sociodemografico italiano, la comunità dei cittadini italiani ufficialmente iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) ha superato la popolazione di stranieri regolarmente residenti sul territorio nazionale”.

Inizia così la XVII edizione del Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes, organismo pastorale collegato alla Conferenza Episcopale Italiana (CEI), presentato l’8 novembre 2022 nel corso di un evento in diretta streaming, che raccoglie le analisi socio-statistiche delle fonti ufficiali, nazionali e internazionali, più accreditate sulla mobilità italiana, al quale hanno contribuito autori e autrici delle più diverse discipline che, dall’Italia e dall’estero, hanno lavorato a diversi saggi.

Noi adulti dobbiamo liberarci dalla sindrome del capezzale dei giovani – ha sottolineato nel suo intervento introduttivo, Monsignor Francesco Savino, Vicepresidente della CEI – Oggi i giovani non sono il futuro, sono il presente. I giovani stanno andando via per motivi di lavoro e di studio e non tornano più. Questo significa che dobbiamo creare le condizioni per un lavoro bello, pulito e solidale”. 

L’Italia è irrimediabilmente legata alla mobilità e inevitabilmente chiamata, oggi, a fare i conti con le difficoltà degli spostamenti dovuti alla pandemia, evento globale i cui effetti si stanno sentendo sul lungo periodo con modalità e accenti diversi. Questo non significa non spostarsi, non significa essersi fermati, ma aver ridotto gli spostamenti “ufficiali” che, comunque, riguardano un numero consistente di giovani, partiti soprattutto dal Nord Italia alla volta prevalentemente dell’Europa, che “non si sentono ben voluti dal proprio Paese e dai propri territori di origine, sempre più spinti a cercar fortuna altrove”. Molti probabilmente lo hanno fatto ricorrendo all’irregolarità, non ottemperando, cioè, all’obbligo di legge di iscriversi all’AIRE poiché, in tempi di emergenza sanitaria, suona forte – e non potrebbe essere altrimenti – il campanello di allarme relativo alla perdita di assistenza sanitaria che rappresenta, da sempre, il principale motivo che trattiene chi parte per l’estero a iscriversi all’AIRE.

Da gennaio a dicembre 2021 si sono iscritti all’AIRE 195.466 cittadini italiani, il -12,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente quando erano, in valore assoluto, 222.260.
Le partenze per ‘espatrio’ avvenute lungo il corso del 2021 sono state 83.781, la cifra più bassa rilevata dal 2014, quando erano più di 94 mila – ha ricordato la curatrice del Rapporto, Delfina Licata, Sociologa della Fondazione Migrantes – Sono partiti meno anziani, meno famiglie, meno minori. Chi è partito per espatrio è invece prevalentemente maschio (54,7%), giovane tra i 18 e i 34 anni (41,6%) o giovane adulto (23,9%), il 66,8% è celibe o nubile. Il 78,6% di chi ha lasciato l’Italia è andato in Europa, il 53,7% è partito dal Settentrione d’Italia. Le prime regioni di partenza sono Lombardia (19%), Veneto (11,7%), Sicilia (9,3%), Emilia Romagna (8,3%), Campania (7,1%)”.

Dal 2006 ad oggi la presenza degli italiani all’estero è progressivamente cresciuta passando da 3,1 milioni a oltre 5,8 milioni, pari al 9,8% degli oltre 58,9 milioni di italiani residenti in Italia. Di questi il 48% è donna (2,8 milioni circa in valore assoluto). Ma mentre l’Italia ha perso in un anno lo 0,5% di popolazione residente (-1,1% dal 2020), all’estero è cresciuta negli ultimi 12 mesi del 2,7%, diventa il 5,8% rispetto al 2020.  Oggi gli italiani risultano residenti in ogni luogo del mondo e ogni singolo territorio italiano ha visto in passato, e continua a vedere oggi, gli italiani partire e salutare i confini nazionali.

Il nostro Paese, che ha una lunga storia di emigrazione, deve aprire una adeguata riflessione sulle cause di questo fenomeno e sulle possibili opportunità che la Repubblica ha il compito di offrire ai cittadini che intendono rimanere a vivere o desiderano tornare in Italia – ha affermato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo messaggio inviato per l’occasione dal Presidente della Fondazione Migrantes, Monsignor Gian Carlo Perego e letto nel corso dell’evento – Nonostante il periodo della pandemia la tendenza a lasciare il nostro Paese è cresciuta negli ultimi anni. A partire sono principalmente i giovani – e tra essi giovani con alto livello di formazione – per motivi di studio e di lavoro. Spesso non fanno ritorno, con conseguenze rilevanti sulla composizione sociale e culturale della nostra popolazione. Partono anche pensionati e intere famiglie”.

Per questa edizione del RIM, lo Speciale viene dedicato al tema della rappresentanza degli italiani residenti all’estero attraverso lo studio dei Comitati degli Italiani all’Estero (Comites), organi elettivi senza fini di lucro ed apolitici che raccolgono e rappresentano le esigenze dei cittadini italiani residenti all’estero. Questi organi (i cui membri non percepiscono remunerazione per la loro attività di volontariato) si interfacciano nei rapporti con le istituzioni italiane insieme alle quali promuovono, nell’interesse della collettività italiana residente nella circoscrizione, tutte quelle iniziative ritenute opportune in materia di vita sociale e culturale, assistenza sociale e scolastica, formazione professionale, settore ricreativo e tempo libero.

Il messaggio conclusivo è che l’Italia è chiamata ad interpretare la migrazione non come abbandono di cose, persone e luoghi, ma come spinta ad “andare verso”, senza farsi guidare da eccessivi entusiasmi, ma usando il timore dell’incertezza come leva di accoglienza di potenzialità positive. Ciò non significa eliminare tout court gli elementi negativi che la migrazione ha in sé, soprattutto se spinta da necessità ed emergenza, quando cioè le persone migranti non hanno altra alternativa alla partenza, ma è indubbio che il mettersi in cammino induce a nuove esperienze, rivitalizza progetti e percorsi individuali e/o di famiglia. In questo mutamento, a cambiare non sono solo le biografie dei protagonisti, ma anche le epoche, i luoghi attraversati, le stesse persone migranti, le società.

Il percorso migratorio normalmente è fatto di partenze e ritorni, ma il problema in Italia è che i giovani non tornano – ha affermato Monsignor Pierpaolo Felicolo, Direttore generale della Fondazione Migrantes, concludendo la presentazione del Rapporto – Credere di poter fermare la mobilità è una utopia”.

Il Rapporto italiani nel mondo è un libro di parole forti alle quali devono corrispondere i fatti – ha ribadito, precisando che anche in questo caso “i numeri danno un volto alle situazioni”.

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