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Plastiche in mare catalizzatrici di sostanze contaminanti

Plastiche in mare

Legambiente ha diffuso i dati preliminari del Progetto condotto in collaborazione con l’Università di Siena per il monitoraggio e l’analisi delle plastiche in mare, al fine di valutare lo stato di salute dell’ecosistema Mediterraneo.

di Andrea Colangelo

In occasione della Giornata Mondiale degli Oceani 2018 che quest’anno ha avuto per tema la prevenzione dell’inquinamento della plastica, Legambiente ha pubblicato i dati ottenuti dal primo Studio sperimentale sulle sostanze contaminanti presenti nei rifiuti plastici galleggianti nel Mediterraneo, condotto in collaborazione con l’Università di Siena (UniSi)

La celebrazione dell’8 giugno è stata l’occasione per riflettere sui benefici che i mari sono in grado di fornirci e sul dovere che incombe su ognuno di noi di interagire con i mari di tutto il mondo in modo sostenibile, senza compromettere questi ecosistemi affinché anche le prossime generazioni possano godere dei relativi servizi.

Lo Studio fa parte del Progetto europeo Plastic Busters dedicato a monitorare lo stato di salute della biodiversità e delle acque del Mediterraneo e a ridurre la diffusione delle plastiche, confermando che le plastiche in mare non rappresentano un pericolo solo per le conseguenze anche mortali sulla fauna, ma per la stessa salute umana, dal momento che le microplastiche essendo catalizzatrici di sostanze tossiche che vi si accumulano, entrano nell’ecosistema marino e possono quindi presentarsi, attraverso la catena alimentare, nel cibo che mangiamo.

I risultati, seppure preliminari, offrono dati non positivi del quadro generale dei nostri mari. Infatti, i rifiuti raccolti dalla Goletta Verde di Legambiente l’estate scorsa durante la navigazione lungo le coste del Mediterraneoa, fanno parte della tipologia di plastiche galleggianti “sheetlike user plastic” (shopper, fogli e teli), che rappresentano la frazione più abbondante del marine litter con il 65% dei rifiuti galleggianti monitorati e avvistati nel 2017 dall’imbarcazione, il 25% dei quali è stato trovato nell’Adriatico centrale.

I risultati del monitoraggio compiuto sono in linea con quelli riportati dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) diffusi, sempre in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani, che mostrano i quantitativi dei rifiuti rinvenuti da Ong, Associazioni, cittadini sulle spiagge delle 4 aree marine regionali e comunicati tramite l’app Marine Litter Watch messa a punto dall’AEA con un approccio citizen science per coinvolgere i comuni cittadini nella ricerca scientifica sui dati ambientali.

L’equipaggio di Goletta Verde ha preso la posizione GPS, scattato foto, compilato una scheda di campionamento ed eseguito una procedura di raccolta e conservazione dei materiali, come previsto dal protocollo indicato dell’UniSi, che sono stati poi sottoposti all’analisi di laboratorio, condotta dai ricercatori dell’UniSi , Cristina Panti e Matteo Baini.

I dati ottenuti mostrano che tutti i rifiuti analizzati presentano livelli apprezzabili di sostanze contaminanti come mercurio, policlorobifenili (PCB), DDT ed esaclorobenzene (HCB) con un accrescimento delle concentrazioni in base alla permanenza in mare, in una prima fase, e, successivamente, in diminuzione con l’invecchiamento. Ciò significa che probabilmente con l’avanzare dei processi di degrado a cui va incontro una volta in mare, la plastica rilascia parte del carico di contaminanti nell’ambiente con correlati rischi per la salute umana.

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