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PFAS: interagiscono con il testosterone e riducono la fertilità dell’uomo

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I PFAS, fra le tante sostanze inquinanti ambientali, possono avere un ruolo nell’universalmente riconosciuto incremento delle patologie andrologiche, come l’infertilità, il criptorchidismo, i tumori del testicolo“, ha affermato Carlo Foresta, Professore di Endocrinologia all’Università di Padova e Presidente della Società Italiana di Fisiopatologia della Riproduzione, illustrando i risultati di una ricerca nel corso della relazione “Influenza dell’ambiente sul sistema riproduttivo“, tenuta durante il XXXIII Convegno di Medicina della Riproduzione .(Abano Terme, 22-24 febbraio 2018).

Il Professor Foresta ha coordinato, infatti, la Ricerca, in collaborazione con il Dottor Andrea Di Nisio dell’Unità Operativa Complessa Andrologia e Medicina della Riproduzione – Azienda Ospedaliera Università di Padova, del Professor Diego Guidolin del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova e del Professor Nicola Pozzi del Dipartimento di Biochimica e Biologia molecolare alla St. Louis University, che ha studiato i meccanismi che possono determinare un’interferenza tra PFAS e controllo ormonale del sistema endocrino-riproduttivo nell’uomo.

Per la prima volta, è stato dimostrato che i PFAS sono in grado di interferire significativamente con il legame tra il testosterone e il suo recettore, occupando lo stesso sito di legame e riducendone l’attività di oltre il 50%. Inoltre, i ricercatori hanno dimostrato che le strutture molecolari dei PFAS e del testosterone mostrano analogie dei loro siti strutturali che portano ad una loro interazione, impedendo quindi al testosterone circolante di svolgere la sua attività ormonale.

PFAS (Sostanze perfluoroalchiliche) sono sostanze chimiche di sintesi utilizzate principalmente per rendere resistenti ai grassi e all’acqua vari materiali come tessuti, tappeti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti, per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa.

I PFAS sono presenti nell’ambiente di lavoro delle fabbriche che li utilizzano e sono dotati di elevata persistenza nell’ambiente.

Molti studi sperimentali condotti negli ultimi anni è stato ipotizzato che le sostanze perfluoroalchilanti (Pfas) siano in grado di agire come interferenti endocrini, Dal 2006 l’UE ha introdotto restrizioni all’uso dell’acido perfluoroottansulfonico (PFOS), una delle molecole più diffuse tra i PFAS, insieme all’acido perfluoroottanoico (PFOA) da applicarsi a cura degli Stati membri.

Questi composti possono essere trovati nell’aria, nel suolo e nell’acqua in relazione a produzione, uso e smaltimento dei prodotti che li contengono.

Nel Veneto è in atto un vero allarme sociale, dopo i risultati delle campagne di monitoraggio effettuate sui campioni di cittadini che vivono in un’area di 150 km2 che comprende 21 Comuni tra le province di Vicenza, Padova e Verona, e nei quali sono stati riscontrati nel sangue valori dieci volte superiori di PFAS, rispetto ad altri cittadini di altre zone.

Era stato il CNR nel 2013 a sollevare il caso, allorché campionando l’acqua delle fontanelle pubbliche scopre valori anomali di PFAS, a cui sono seguiti 1.485 campionamenti sulla rete di distribuzione e 1.108 campionamenti sulle captazioni autonome, che hanno permesso la delimitazione dell’area interessata all’inquinamento, oltre all’individuazione da parte dell’ARPA Veneto dell’origine della contaminazione.

Le falde acquifere dell’area inquinata sono utilizzabili solo attraverso filtri che permettono l’abbattimento dei PFAS, anche se per le acque potabili non sono ancora definiti e non esistono limiti di concentrazione nella normativa nazionale ed europea: La Regione del Veneto ha recepito le indicazioni del Ministero della Salute sui livelli di performance da raggiungere nelle aree interessate da inquinamento da composti fluorurati. Non sono mancate, tuttavia, le polemiche istituzionali e sono state avviate inchieste da parte della Magistratura, della Commissione parlamentare sulle ecomafie, del Consiglio Regionale Veneto.

Si comprende, quindi, la eco che la ricerca del Professor Fontana ha avuto e non solo sui media locali.
Se si considera che la presenza dei PFAS è stata riscontrata nel cordone ombelicale e nella placenta di donne esposte – ha sottolineato Fontana – si può ipotizzare una precoce interferenza dei PFAS sullo sviluppo gonadico e sulla documentata riduzione di sviluppo nell’altezza e nel peso dei figli nati da queste donne esposte“.

Questa dei PFAS, peraltro, si inserisce in una tendenza più vasta: l’ambiente si sta progressivamente arricchendo di prodotti inquinanti, principalmente di residui chimici, della plastica e dei suoi prodotti di degradazione, ai quali l’uomo e gli animali possono essere esposti attraverso l’alimentazione, le acque e il contatto stesso. Queste sostanze definite “interferenti endocrini”, possono alterare l’equilibrio e la funzione degli ormoni interagendo o interferendo con la normale funzione ormonale e portando effetti avversi sulla salute.

In accordo con queste ipotesi, il Gruppo di ricerca ha i dimostrato che i ventenni del terzo millennio, oltre ad una minor produzione di spermatozoi, hanno una maggiore altezza, una maggior lunghezza degli arti rispetto al tronco, una riduzione del volume del testicolo e una riduzione della lunghezza del pene (-0.9 cm) rispetto a precedenti osservazioni. Tutti questi segni depongono per una interferenza da parte dei composti chimici ambientali sulla attività degli ormoni testicolari anche nell’uomo. Pertanto la scoperta del meccanismo attraverso il quale i PFAS interferiscono con l’attività del testosterone assume un importante rilievo clinico-sperimentale.

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