Economia e finanza Società

Normative ambientali: i costi economici della mancata implementazione

Il Rapporto della DG ENV della Commissione UE, condotto da Società esterne, ha stimato in 54 miliardi di euro i danni economici subiti nel 2018 dai Paesi membri per non avere attuato le normative ambientali dell’UE.

Contestualmente all’adozione del Pacchetto EIR 2019 da parte della Commissione UE, la Direzione Generale Ambiente ha pubblicato il Rapporto finale “The cost of not implementing EU environmental law”, condotto da due Società di Consulenza: COWI A/S, specializzata in ingegneriascienze ambientali ed economia , con sede in Danimarca; la britannica Eunomia Rssearch & Consulting specializzata nella gestione dei rifiuti, l’efficienza delle risorse, i cambiamenti climatici e le questioni energetiche.

Il Report ha quantificato i costi per i Paesi membri per il mancato rispetto degli obiettivi e delle normative ambientali stabiliti dalla legislazione dell’UE, in una forbice compresa tra un mimino di 29 miliardi ed un massimo di 79 miliardi di euro.

Seppure si tratti di stime, stante le difficoltà riconosciute dagli stessi autori, di quantificare con precisione i costi correlati alla mancata attuazione della legislazione, nondimeno i risultati mettono in evidenza significativi impatti economici, soprattutto dalla mancata implementazione delle normative sull’aria e sull’acqua. In particolare, su una media di circa 54miliardi di euro, ben 24,6 miliardi sono imputabili alla mancata implementazione delle normative ambientali sulla qualità dell’aria.

Il Report ha calcolato la dimensione delle politiche ambientali di attuazione in 7 aree chiave: la qualità dell’arianatura e biodiversitàacquarifiutisostanze chimicheemissioni industriali e principali rischi di incidentistrumenti orizzontali.

Ad ogni gap di implementazione in ciascuna di queste aree ovvero alla differenza tra quanto prevede la legislazione e quel che i Paesi membri sono riusciti ad attuare fino al oggi, in termini, ad esempio, di minore produttività, assistenza sanitaria necessaria, scarsità di risorse e perdita di biodiversità.

La stima dei costi per le società che non riescono a conseguire pienamente gli obiettivi definiti dalla legislazione UE è ovviamente connessa ad un certo grado di incertezza – ha dichiarato Peter Madsen, di COWI A/S e co-autore dello Studio – Per far sì che la stima sia ampiamente accettata dalle parti interessate, abbiamo applicato un metodo trasparente. Siamo quindi convinti di aver fornito delle prove qualitative per la definizione delle politiche che possano essere aggiornate in futuro”.

L’approccio seguito nello Studio, per la prima volta in una relazione a livello europeo, integra la gestione degli ecosistemi con i costi sociali del mancato raggiungimento degli obiettivi ambientali, sulla base di una contabilità che ha assegnato al capitale naturale un valore monetario di 53.000 miliardi di dollari (UNEP, 2010).

“È fondamentale comprendere gli effetti che l’incapacità di raggiungere gli obiettivi ambientali hanno sull’economia dell’UE – ha affermato il principale autore del Report, Tanzir Chowdhury di Eunomia – Alcune aree sono risultate più facili da stimare rispetto ad altre. L’inquinamento atmosferico è stata l’area in cui le differenze di implementazione sono risultate più significative, anche se è stata tra le più facili da misurare in quanto c’erano obiettivi chiari da conseguire. Un altro settore importante è la biodiversità, anche se qui il divario di attuazione è stato più difficile da misurare, sia in termini di costi associati ad esso, sia in termini di quantificazione della misura in cui la biodiversità sta diminuendo a lungo termine“.

Dopo la mancata attuazione della legislazione sulla qualità dell’aria, è l’area “Natura e Biodiversità” quella che è risultata più onerosa per la mancata o incompleta attuazione delle normative UE, con 11 miliardi di euro di perdite; mentre quella che non ha subito danni economici è stata la normativa sulle sostanze chimiche, che evidentemente è stata adeguatamente attuata.

L’analisi di COWI e Eunomia suggerisce, inoltre, che, lungi dal minare la crescita economica, le regole e gli obiettivi ambientali possono dare una spinta alla crescita, evidenziando i rischi economici connessi all’abbandono o all’allontanamento di un

Il compito più difficile rimane quello di convincere i responsabili politici che non si tratta di questioni di carattere “burocratico”.

 

 

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