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Le larve di Zophobas morio: i mangiatori di plastica

Le larve di Zophobas morio i mangiatori di plastica
di Anna Rita Rossi

Nel tentativo di smaltire i rifiuti plastici, sono in corso già da diversi anni degli studi sulle larve di alcuni insetti che, grazie ai loro singolari microbiomi intestinali, sono in grado di digerire la plastica.

I mangiatori di plastica non sono una versione aggiornata nell’era della tecnologia del famoso dipinto di van Gogh “I mangiatori di patate” (“De Aardappeleters”), bensì una scoperta scientifica che riguarda le larve di alcuni coleotteri, della famiglia dei tenebrionidi.

Questi insetti sono innocui e diffusi in tutto il mondo e le larve di alcuni di essi sono ampiamente note, in quanto sono utilizzate come mangime per animali.
Ora, secondo uno studio pubblicato su Microbial Genomics, le larve di alcuni tenebrionidi sarebbero molto utili anche in un settore completamente diverso: quello dello smaltimento e del riciclo della plastica.

Le larve di cui stiamo parlando, chiamate anche supervermi (superworm o kingworm), sono quelle dello Zophobas morio. Questo insetto ha larve lunghe fino a 6 cm, piuttosto semplici da allevare e ricche di sostanze nutritive, per questo sono in vendita come mangime per pesci, uccelli, lucertole e tartarughe.

I supervermi crescono velocemente e mangiano di tutto, e da come si è riscontrato, possono nutrirsi anche di polistirene. La scoperta di questo interesse delle larve per la plastica risale al 2016, quando uno studente dell’università di Manila ha notato questa particolarità e ha suggerito di approfondire le capacità digestive di tali organismi.

A cogliere il suggerimento sono stati alcuni scienziati della School of Chemistry and Molecular Biosciences, presso l’università del Queensland. Questi studiosi hanno effettuato un esperimento, alimentando tre gruppi di larve in modo differente, per un periodo di tre settimane.
Un gruppo è stato nutrito con schiuma di polistirene, un altro con crusca e il terzo gruppo, quello di controllo, è stato lasciato a digiuno.

Alla fine del periodo, gli insetti avevano tutti completato il loro ciclo vitale, trasformandosi prima in pupe e poi in coleotteri.
Ora vi chiederete, ma quelli a cui è stato somministrato il polistirene, come hanno reagito?
A quanto pare, abbastanza bene, considerato che hanno ingerito solo plastica.
Dall’esperimento è risultato che questi insetti non sono morti e hanno anche acquistato peso, ciò vuol dire che riescono a trarre una minima quantità di nutrienti anche dal polistirene.
In ogni caso, questi insetti non scoppiavano particolarmente di salute, infatti, raggiunta l’età adulta, hanno mostrato vari problemi di salute e registrato un impoverimento del loro microbioma intestinale.

Da ciò si evince che, non si possono impiegare i supervermi per digerire tutta la plastica che abbiamo messo in circolazione, ma questa scoperta rappresenta solo l’inizio di un percorso che, al momento, si sta concentrando sull’analisi approfondita del microbioma intestinale di queste larve, al fine di comprendere quali sostanze lo compongano e soprattutto quali di esse siano in grado di digerire la plastica, e se c’è una possibilità di riprodurre il processo naturale in un ambiente artificiale.

Se riuscissimo in futuro a scomporre il polistirene, grazie a dei batteri intestinali, potremo ridurre in maniera significativa i rifiuti plastici. Inoltre, i prodotti ottenuti con questa degradazione naturale potranno essere usati da altri microbi, per dare vita ad altri composti di valore elevato come le bioplastiche.
Ci auguriamo che questo ciclo biologico possa essere di incentivo per il riciclaggio dei rifiuti di plastica e che ci consenta anche di ridurre la necessità di discariche.

Le larve di Zophobas morio non sono gli unici organismi viventi in grado di aiutarci con lo spinoso problema dello smaltimento della plastica. Anche il Tenebrio molitor (tarma della farina) mangia la plastica, nel suo caso si tratta di polietilene, e lo stesso accade per la larva della Galleria mellonella (tarma maggiore della cera) o “camola del miele”, comunemente utilizzata come esca da pescatori, in grado di degradare velocemente il polietilene.

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