Cambiamenti climatici Clima

Global Carbon Project: le attività emissive superano quelle di decarbonizzazione

Presentato alla COP24 lo Studio annuale del gruppo di scienziati del GCP, che monitora le emissioni di gas serra per stimare quanta CO2 possa essere immessa in atmosfera per cogliere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi.

Presentato alla COP24 di Katowice il “Global Carbon Budget 2018”, il Rapporto annuale che viene redatto da 76 scienziati di 57 istituti di ricerca di 15 Paesi, coordinati dal Global Carbon Project, organizzazione internazionale di scienziati che ha lo scopo di sostenere gli studi per monitorare le emissioni di gas ad effetto serra e di stimare quanta CO2 possa essere emessa in atmosfera per non far aumentare la temperatura di oltre 2 °C.

Come avvenuto lo scorso anno, il Rapporto è stato diffuso tramite la pubblicazione contemporanea sulle riviste: Earth System Science Data; Environmental Research Letters; Nature.

Secondo il team di ricercatori le emissioni di CO2 derivanti dalla combustioni delle fonti fossili sono aumentate per il secondo anno consecutivo e dovrebbero raggiungere i 37,1 miliardi di tonnellate nel 2018, con un aumento del 2,7% sul 2017,  quando l’aumento sul 2016 era stato dell’1,6%.

Ancora una volta stiamo assistendo a una forte crescita delle emissioni globali di CO2 – ha dichiarato la coordinatrice del Gruppo Corinne Le Quéré, Direttore del Centro Tyndall per la ricerca sui cambiamenti climatici e Docente di Scienza e politica sui cambiamenti climatici all’Università East Anglia – Le emissioni devono raggiungere il picco e diminuire rapidamente per contrastare i cambiamenti climatici, ma con la crescita delle emissioni di quest’anno, sembra che il picco non sia ancora all’orizzonte. Per limitare il riscaldamento globale all’obiettivo dell’Accordo di Parigi di 1,5 ° C, le emissioni di CO2 dovrebbero diminuire del 50% entro il 2030 e raggiungere lo zero netto intorno al 2050. Siamo molto lontani da ciò e c’è ancora molto da fare perché se i Paesi si attengono agli impegni già presi, siamo sulla buona strada per raggiungere i +3 °C di riscaldamento globale. Quest’anno abbiamo visto come i cambiamenti climatici possano già amplificare gli impatti delle ondate di calore in tutto il mondo: gli incendi in California sono solo un’istantanea degli impatti crescenti che dovremo affrontare se non riduciamo rapidamente le emissioni”.

Le emissioni globali di quest’anno sono in gran parte dovute alla solida crescita dell’uso del carbone, tuttavia questo combustibile è rimasto al di sotto del suo massimo storico del 2013, ma se l’attuale crescita prosegue, affermano gli scienziati si potrebbe presto superare il picco del 2013.

C’è poi la forte crescita dell’uso di petrolio nella maggior parte delle regioni, con un aumento delle emissioni di auto e camion, sia negli Stati Uniti che in Europa. Anche i trasporti aerei hanno contribuito a questa crescita di petrolio, al contempo l’utilizzo del gas è in continuo aumento negli ultimi anni.

Per il momento la crescente domanda globale di energia sta superando la decarbonizzazione, ma questo deve cambiare rapidamente per affrontare i cambiamenti climatici – ha aggiunto Le Quéré – Abbiamo bisogno di una politica forte e di un sostegno economico per lo sviluppo rapido di tecnologie a basse emissioni di carbonio per ridurre le emissioni nei settori dell’energia e dei trasporti, dagli edifici e dall’industria. Le tendenze energetiche stanno cambiando rapidamente, con l’uso del carbone in calo in molte parti del mondo, mentre è boom per l’energia eolica e solare. Pur crescendo velocemente le energie rinnovabili non hanno ancora il ritmo sufficiente per invertire le tendenze globali delle emissioni. Le azioni rapide necessarie per affrontare i cambiamenti climatici devono anche essere giuste per tutte le generazioni”.

Come si può verificare con il Global Carbon Atlas i 10 maggiori emettitori sono: 1. Cina (9.839 MtCO2); 2. USA (5.270); 3. India (2.467),; 4. Russia (1.693); 5. Giappone (1.205); 6. Germania (799);  7. Iran(672);  8. Arabia Saudita (653); 9. Corea del Sud (616); 10. Canada (573). L’Italia risulta al 19 posto con 356 MtCO2 di emissioni, come la Francia.

Le emissioni di CO2 causate dalla deforestazione e da altre attività umane connesse all’uso del suolo hanno contribuito quest’anno alle emissioni di ulteriori 5 miliardi di tonnellate di CO2, anche se i trend di tali emissioni non sono chiari a causa di grandi incertezze nei dati.

Le concentrazioni di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera aumenteranno di circa 2,3 parti per milione in media nel 2018 raggiungendo circa 407 parti per milione nel corso dell’anno (in rialzo rispetto all’allarme lanciato dall’ultimo Bollettino del WMO, il 45% oltre i livelli pre-industriali.

Gli impegni globali assunti a Parigi nel 2015 per ridurre le emissioni non sono ancora accompagnati da azioni proporzionate – ha affermato  Glen Peters, Direttore delle ricerche presso il Centro CICERO per la ricerca internazionale sul clima di Oslo, che ha condotto le analisi sulle emissioni –Nonostante la rapida crescita delle tecnologie a basse emissioni di carbonio come energia solare ed eolica, veicoli elettrici e batterie, non si fa abbastanza per sostenere politiche che limitino la quantità di anidride carbonica immessa nell’atmosfera. L’aumento delle emissioni nel 2017 poteva essere considerata un’eccezione, ma il tasso di crescita nel 2018 è ancora più alto e sta diventando chiaro che il mondo è finora incapace di guidare su un percorso coerente con gli obiettivi fissati con l’Accordo di Parigi nel 2015”.

Accanto a queste cattive notizie, gli scienziati sottolineano che 19 Paesi  nel corso del periodo 2008-2017 sono riusciti a ridurre le emissioni pur avendo avuto una crescita economica: Aruba, Barbados, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Groenlandia, Islanda, Irlanda, Malta, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Svizzera, Trinidad e Tobago, Regno Unito, Stati Uniti e Uzbekistan.

Inoltre, l’implementazione delle energie rinnovabili in tutto il mondo sta accelerando in modo esponenziale, con un aumento medio annuo del 15% nell’ultimo decennio, ma non è stato sufficiente a compensare la crescita dell’energia fossile perché le fonti rinnovabili stanno crescendo da una bassa base, anche se la situazione sta cambiando rapidamente.

Le emissioni globali di CO2 devono iniziare a scendere dal 2020 se vogliamo raggiungere gli obiettivi di temperatura dell’Accordo di Parigi – ha dichiarato Christiana Figueres, ex-Segretaria esecutiva dell’UNFCCC e attualmente a capo di Mission 2020, Campagna collaborativa di un gruppo di esperti per tentare di cambiare profondamente alcuni settori della società e rallentare le emissioni di CO2 fino a fermarle – Anche se l’obiettivo non è attualmente all’orizzonte, abbiamo già realizzato cose che sembravano impossibili un decennio fa”.

È in atto un progresso esponenziale nelle soluzioni chiave per la sostituzione dei combustibili fossili – ha proseguito la Figueres, principale autrice del Commentary su Nature -I costi delle tecnologie energetiche rinnovabili sono diminuiti dell’80% in un decennio e oggi oltre la metà di tutta la nuova generazione di energia è rinnovabile. L’Accordo di Parigi sembrava impossibile, eppure migliaia di persone e istituzioni lo stanno rendendo possibile. Lo stesso vale per la decarbonizzazione dell’economia: spinta dall’aria pulita, dall’occupazione e dall’indipendenza energetica tra gli altri benefici, i coraggiosi sforzi collettivi di giovani, società civile, imprese, investitori, città e stati tracciano il percorso verso le emissioni nette zero entro il 2050”.

Le parole della Figueres e degli altri esperti del Global Carbon Project potrebbero sembrare troppo ottimistiche, ma sono in linea con quanto ritengono anche alcuni grandi colossi dell’industria che fanno parte della organizzazione Energy Transition Commission (ETC) che nel recente Rapporto dal titolo “Mission Possible”, sviluppato con il contributo di oltre 200 esperti del settore, secondo cui la completa decarbonizzazione entro il 2050 dei settori industriali più emissivi, quali cementifici, acciaierie, industrie della plastica, autotrasporti presenti, trasporti marittimi e aerei, è tecnicamente possibile con le tecnologie esistenti.

Il problema quindi è politico.
Per decenni, scienziati e politici hanno inquadrato il dibattito sulla politica climatica in modo semplice: gli scienziati analizzano gli obiettivi a lungo termine e i responsabili delle politiche fingono di onorarli. Quei giorni sono finiti – scrivono i ricercatori autori dell’articolo di Commento su Nature del 5 dicembre 2018 “Global warming will happen faster than we think” – Una seria politica climatica deve concentrarsi maggiormente sul breve termine e sulla fattibilità. Deve considerare l’intera gamma di opzioni, anche se alcune sono scomode e carichi di rischi”.

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.