Acqua Clima

Deficit di acqua da neve in Italia: a febbraio -64%

Il deficit nazionale di acqua da neve (Snow Water Equivalent) in febbraio, secondo la Fondazione CIMA che monitora la situazione per sapere su quali risorse potremo contare quest’anno, è paragonabile a quella dello scorso anno, proseguendo nel trend che negli ultimi anni ha caratterizzato la scarsità di neve sulle nostre montagne, perché “Una nevicata non fa inverno”.

Secondo la Fondazione CIMA (Centro Internazionale in Monitoraggio Ambientale), ente di ricerca senza scopo di lucro che promuove lo studio, la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico e l’alta formazione nell’ingegneria e nelle scienze ambientali ai fini della tutela della salute pubblica, della protezione civile e della salvaguardia degli ecosistemi, a febbraio 2024 è del 64% il deficit dello Snow Water Equivalent (SWE) nazionale, ovvero la quantità equivalente di acqua liquida che si avrebbe se l’intero manto nevoso si sciogliesse istantaneamente, le cui informazioni sono necessarie in applicazioni quali la previsione delle inondazioni, il controllo del livello dell’acqua dei serbatoi delle centrali elettriche, la pianificazione della silvicoltura e dell’irrigazione delle colture e come variabile di input e controllo per molti scopi di ricerca ambientale, compresa la ricerca sui cambiamenti climatici.

Dopo il deficit del 44% di dicembre 2023 e del 40% di gennaio 2024 in febbraio la situazione è peggiorata con un deficit SWE ben più marcato. “Questa condizione va fatta risalire al tempo mite e secco, soprattutto nella seconda metà di gennaio, che ha aggravato un deficit preesistente: secondo le nostre stime, hanno portato a una fusione anticipata dell’ordine di 1 miliardo di metri cubi di acqua in neve nella seconda metà di gennaio – ha spiegato Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA – Purtroppo, la scarsità di neve ha caratterizzato i nostri monti per tutti gli ultimi tre anni”.

Le condizioni peggiori sono quelle degli Appennini dove, si potrebbe dire, la stagione della neve è “non pervenuta”: l’esempio più eclatante è quello del bacino del Tevere, che registra un deficit di SWE del -93%, con condizioni stazionare da novembre, quando vi è stata l’ultima nevicata significativa. Più in generale, per la regione Abruzzo, che rappresenta un indice per l’Appennino centrale, il deficit è del -85%, in forte peggioramento rispetto a gennaio.

Le cose non vanno meglio fuori dall’Appennino centrale – ha proseguito Avanzi – Il fiume Simeto, il principale della Sicilia orientale, registra un deficit del -61%, perché dopo le prime nevicate di gennaio il rialzo delle temperature ha portato a una fusione precoce della neve. La neve di quest’area è solo una piccola parte di quella del territorio nazionale, ma è indice di una siccità generalizzata per la Sicilia”.

Se si guarda le Alpi la situazione non è migliore, dove il deficit complessivo (-53%) è solo di poco meno marcato che a livello nazionale e molto simile a quello dello scorso anno in questo stesso periodo.
Vale la pena ricordare che la neve alpina è particolarmente importante per l’approvvigionamento idrico italiano, perché alimenta anche il bacino del Po – ha osservato il ricercatore – Bacino che, attualmente, registra un deficit di SWE del -63% rispetto agli ultimi 12 anni”.

Insomma, le scarse nevicate degli ultimi mesi non sono state minimamente sufficienti a risollevare il deficit – e questo non dovrebbe stupire, perché l’accumulo di neve va visto come una maratona, che deve andare avanti nel tempo, e, come ha afferma Avanzi, “Una nevicata non fa inverno. Statisticamente, il periodo di fusione inizia a marzo. Proprio di recente, ricercatori e ricercatrici di Fondazione CIMA hanno pubblicato due articoli interdisciplinari, l’uno con un punto di vista giuridico e l’altro scientifico, nei quali si metteva in evidenza comuna delle cause principali della siccità del 2022 fosse la mancata fusione nivale in primavera e a inizio estate. Monitorare la situazione è quindi fondamentale per sapere su quali risorse potremo contare quest’anno”.

E la situazione non è migliore nell’ìntero bacino del Mediterraneo, come ha rilevato l’ultimo Rapporto dell’European Drought Observatory del Joint Research Centre (EDO-JRC) della Commissione UE che ha formalizzato l’impatto critico della siccità prolungata e delle temperature record nell’area del Mediterraneo, tale da diventare un allarme di carattere europeo.

 In copertina: Impianto sciistico al Terminillo (Lazio) in febbraio

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.