Cambiamenti climatici

COP27: presentato l’Indice di performance climatica (CCPI 2023)

L’ultimo CCPI di Germanwatch, CAN Europe e NewClimate Institute, presentato il 14 novembre 2022 alla COP27, mostra che dopo 7 anni dall’adozione dell’Accordo di Parigi, nessun Paese sta facendo abbastanza per raggiungere gli obiettivi sottoscritti e che l’Italia pur guadagnando una posizione si mantiene ben al di sotto della media UE.

Come da consuetudine, nel corso di una Conferenza stampa alla COP27 di Sharm el-Sheikh è stato presentato l’annuale Climate Change Performance Index (CCPI), redatto da Germanwatch, ONG con sede a Bonn che si prefigge di promuovere l’equità globale e la salvaguardia dei mezzi di sussistenza, Climate Action Network (CAN International), Rete globale di oltre 1.800 organizzazioni della società civile in oltre 130 Paesi, con l’obiettivo di arrestare gli effetti più pericolosi dei cambiamenti climatici, e NewClimate Institute, Istituto di ricerca sui cambiamenti climatici che si adopera per l’implementazione dell’Accordo di Parigi e per il sostegno allo sviluppo sostenibile.

Il CCPI è uno strumento di monitoraggio indipendente sulle prestazioni di protezione del clima di 60 Paesi, inclusa l’UE nel suo insieme, che assommano il 90% delle emissioni di gas serra, con l’obiettivo di migliorare la trasparenza nella politica climatica internazionaleconsentendo il confronto degli sforzi e dei progressi di protezione del clima dei singoli Paesi.

Il CCPI viene calcolato attraverso un indice complessivo a cui concorrono 4 diversi parametri e 14 indicatori:
– i livelli di emissione che contribuiscono al 40% del peso complessivo (20% per il livello di emissione dell’anno preso in considerazione e 20% per il trend nel corso degli anni);
– il 20% viene assegnato per lo sviluppo delle rinnovabili (10%) e dell’efficienza energetica (10%);
– il 20% per i consumi energetici;
– il 20% alle politiche climatiche (10% per quelle nazionali e 10% per quelle internazionali), sulla base di un sondaggio tra oltre 200 esperti climatici di ONG e think tank dei rispettivi Paesi interessati.

A 7 anni di distanza dall’Accordo di Parigi nessun Paese è su un percorso conforme all’obiettivo concordato di mantenere il riscaldamento globale entro i +2 °C e di fare ogni sforzo per limitarlo a +1,5 °C. Così anche quest’anno I primi 3 posti della classifica non sono stati assegnati ad alcun Paese.

In testa alla classifica si piazzano ancora una sono ancora una volta i Paesi scandinavi, con Danimarca e Svezia ai primi e con Cile che completa il podio. Seguono Marocco, India, Estonia, Norvegia, Gran Bretagna, Filippine e Paesi Bassi, a completare la Top ten.
In fondo si collocano Kazakistan, Arabia Saudita e Iran, ultimo tra i Paesi grandi utilizzatori e produttori di combustibili fossili.

Altri grandi Paesi, grandi emettitori di emissioni, come Cina e Stati Uniti, si posizionano rispettivamente al 51°posto, retrocedendo di ben 13 posizioni rispetto al CCPI del 2022, nonostante lo sviluppo delle fonti rinnovabili, per la forte dipendenza dal carbone e la scarsa efficienza del sistema produttivo, e al 52° posto, avanzando di 3 posizioni per effetto della politica climatica dell’Amministrazione Biden con l’approvazione dell’Inflation Reduction Act che, oltre all’obiettivo di frenare l’inflazione, prevede anche investimenti nella produzione interna di energia pulita nel prossimo decennio.

Seguono poi, Ungheria (53° posto) e Polonia (54° posto) che rimangono i due Paesi con il rating più basso dell’UE che nell’insieme si colloca al 19° posto, guadagnando 3 posizioni.

L’Italia occupa il 29° posto, guadagnando una posizione, ma ben a di sotto della media UE, per lo scarso sviluppo delle rinnovabili e per un apolitica climatica incapace di far fronte all’emergenza. “Gli obiettivi climatici dovrebbero essere rivisti. Come molti altri Paesi europei, la recente crisi energetica, conseguente all’aggressiva guerra russa contro l’Ucraina, ha colpito il Paese – si legge nella scheda dedicata al nostro Paese – L’Italia punta all’eliminazione graduale del carbone entro il 2025, ma la crisi energetica ha indotto le ultime due centrali a carbone a funzionare a pieno regime, facendo temere che il phase out venga posticipato. Gli esperti del CCPI ritengono che l’Italia dovrebbe dare l’esempio, rivedendo sia il Piano nazionale Energia e Clima (PNIEC) che la Strategia a lungo termine, in linea con l’obiettivo di 1,5 °C. Ciò significa un aumento di almeno il 65% per l’obiettivo 2030 e di raggiungere la neutralità climatica ben prima del 2050 con il 100% di energie rinnovabili”.

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