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Combustibili fossili: offrono un ritorno sull’investimento sempre più scarso

Una valutazione del ritorno sugli investimenti (EROI) per combustibili fossili e fonti rinnovabili rivela che la situazione è molto più equilibrata di quanto si pensasse in precedenza e che dovrebbe essere tenuta in debito conto, non solo per rispettare gli impegni di mitigazione dei cambiamenti climatici, ma per garantire che la società continui ad avere accesso all’energia di cui ha bisogno.

Un argomento diffuso per giustificare gli investimenti nelle infrastrutture energetiche dei combustibili fossili è l’elevato ritorno energetico che resta a disposizione della società, dopo aver sottratto l’energia utilizzata per la produzione di quella energia medesima (energia netta).

L’energia netta varia a seconda dell’uso specifico principale e delle quantità (kWh, Tep, barile ecc.) e viene stimata sulla base dell’EROI (Energy Returned On Energy Invested), un coefficiente che riferito ad una data fonte energetica ne indica la sua convenienza in termini di resa. 

La stima degli EROEI dei combustibili fossili quali petrolio, carbone e gas si è basata sull’energia consumata per la loro estrazione, senza tener conto dell’energia necessaria per trasformare tali fonti fossili in prodotti finiti, come la benzina usata nelle automobili o l’elettricità usata dalle famiglie. L’EROI del petrolio, ad esempio, era stimata attorno a 25:1, ovvero l’investimento di un barile di petrolio ne produce 25 da rimettere nell’economia energetica. Al contrario le stime dell’EROEI delle fonti energetiche rinnovabili erano molto più basse ed inferiori a 10: 1.

Secondo un precedente Studio del 2009, esiste un EROEI minimo al di sotto del quale una società non sarà più in grado di sostenere la propria economia e le funzioni sociali essenziali, se la maggior parte dell’energia non serve ad altro che a produrre energia, e tale soglia per il funzionamento di una civiltà come la nostra è intorno a 10:1.

Ora, un nuovo Studio (“Estimation of global final stage energy-return-on-investment for fossil fuels with comparison to renewable energy sources), condotto da scienziati del Sustainability Research Institute dell’Università di Leeds (G.B.) nell’ambito del Programma del Centro di ricerca energetica del Regno Unito e pubblicato su Nature Energy, calcolando l’EROI per i combustibili fossili per un periodo di 16 anni, ha scoperto che allo stadio di prodotto finito si arriverebbe a rapporti assai vicini a quelli delle fonti rinnovabili a circa 6:1 e, potenzialmente, nel caso dell’elettricità, a 3:1.

Inoltre, i ricercatori, avvertono che i crescenti costi energetici dell’estrazione dei combustibili fossili faranno diminuire ulteriormente tali rapporti, “spingendo le risorse energetiche verso lanet energy cliff’ [ndr: la “curva dell’energia netta” è l’espressione coniata dall’analista energetico Euan Mearns per indicare la continua riduzione dell’energia netta disponibile a causa della crescente quantità di energia necessaria per produrla].

EROI - grafico

I ricercatori sottolineano che questi risultati rappresentano un valido motivo per intensificare rapidamente gli investimenti nelle fonti di energia rinnovabile e che la transizione delle energie rinnovabili potrebbe effettivamente arrestare o invertire il declino dell’EROI globale allo stadio del prodotto finale del combustibile.

Misurare il ritorno di energia sugli investimenti di combustibili fossili nella fase di estrazione dà l’impressione fuorviante che abbiamo un sacco di tempo per una transizione di energia rinnovabile prima che i vincoli energetici siano una preoccupazione – ha affermato l’autore principale dello studio Paul Brockway, esperto di modellistica dell’economia energetica presso la School of Earth and Environment di Leeds – Tali misurazioni stanno essenzialmente predicendo la potenziale produzione di energia da fonti appena estratte come il petrolio greggio che però non viene utilizzato per riscaldare le nostre case o alimentare le nostre auto. Ha più senso calcolare dove l’energia entra nell’economia, e questo ci avvicina molto al precipizio”.

Per i combustibili fossili il calo dell’EROI, per Brockway, continuerà poiché pozzi e miniere facilmente accessibili si stanno prosciugando e le imprese sono costrette a spendere più energia per estrarre prodotti di qualità inferiore, che dovranno quindi essere ulteriormente raffinati. Aumentando, viceversa, gli investimenti in fonti rinnovabili di energia possiamo evitare di “sporgerci sul bordo della curva”.

C’è troppa attenzione sui costi economici iniziali della transizione verso le energie rinnovabili – ha osservato a sua volta la co-autrice dello Studio, Lina Brand-Correa, esperta sugli aspetti sociali dell’uso dell’energia del Progetto LiLi (Living Well Within Limits) dell’Università di Leeds, il cui obiettivo è di capire come l’uso di energia si colleghi al benessere umano, con l’attenzione rivolta particolarmente ai sistemi dei vari Paesi per l’approvvigionamento dell’elettricità, utilizzando metodi sia quantitativi che qualitativi per analizzare e modellare i requisiti energetici del benessere – Le infrastrutture rinnovabili, come i parchi eolici e i pannelli solari, richiedono un grande investimento iniziale, che è stato uno dei motivi per cui i loro rapporti di ritorno di energia sugli investimenti sono stati così bassi fino ad ora. Ma il ritorno medio di energia sugli investimenti per tutti i combustibili fossili allo stadio del combustibile finito è diminuito di circa il 23% nel periodo di 16 anni che abbiamo preso in considerazione. Questo calo porterà a vincoli sull’energia disponibile per la società nel prossimo futuro, che potrebbero svilupparsi in modi rapidi e inaspettati. Una volta costruita l’infrastruttura rinnovabile e diminuita la dipendenza dai combustibili fossili, il ritorno sull’investimento di energia per le fonti rinnovabili dovrebbe aumentare. Ciò deve essere preso in considerazione per le future decisioni politiche in materia di investimenti in infrastrutture energetiche, non solo per rispettare gli impegni di mitigazione dei cambiamenti climatici ma per garantire che la società continui ad avere accesso all’energia di cui ha bisogno“.

Anche alla luce dell’ultimo Rapporto dell’Agenzia Internazionale delle Energie Rinnovabili (IRENA) che ha evidenziato come già oggi in molte parti del mondo l’energia rinnovabile sia più economica rispetto a qualsivoglia opzione più economica di carbone, petrolio o gas naturale.

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