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Ambiente ed energia nell’Annuario statistico 2017 dell’Istat

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L’Istituto nazionale di Statistica ha pubblicato a fine anno l’Annuario Statistico 2017 che offre in un arco di tempo definito la fotografia dell’Italia, evidenziandone le trasformazioni nei diversi aspetti sociali, economici e culturali.

L’Annuario statistico 2017 accompagna fin dal suo nascere l’evoluzione della statistica ufficiale –  ha scritto nella presentazione il Presidente Giorgio Alleva – rinnovandosi continuamente tanto nelle forme di fruizione, per rimanere al passo con l’innovazione tecnologica, quanto nei contenuti per accogliere e dare evidenza alle nuove potenzialità di analisi che il sistema statistico nazionale offre al mondo della ricerca e al Paese”.

Dei 24 capitoli in cui si suddivide l’Annuario Statistico 2017, abbiamo prescelto di fare una sintesi di quello dedicato ad Ambiente ed Energia che contiene alcuni paragrafi dedicati a tematiche su cui “Regioni&Ambiente” si sofferma più frequentemente.

Meteo clima
Le temperature e le precipitazioni del 2016 sono state in linea con l’andamento climatico degli ultimi anni, anche se la scarsità di precipitazioni del trimestre autunnale 2016, proseguita l’anno seguente, ha concorso a determinare, assieme alle alte temperature estive il forte e le alte temperature estive hanno concorso a determinare il forte deficit idrico del 2017.

Conservazione della biodiversità.
Nel 2016, in Italia le aree protette terrestri considerate nella Rete Natura 2000 coprivano il 19,3% della superficie nazionale corrispondente ad un’estensione di circa 58.000 Km2, mentre le aree marine protette il 3,8% della superficie delle acque territoriali, pari a 5.825 Km, per un totale complessivo di 2.596 siti e un’estensione media (terrestre e marina) per sito di circa 24,7 Km2. Sicilia e Sardegna presentano il valore regionale più alto (oltre 4.500 Km2 per ciascuna regione), l’Abruzzo, con i suoi 3.871 Km2, si contraddistingue per la più alta incidenza di superficie territoriale protetta, mentre l’Emilia-Romagna con l’11,8% risulta avere la più bassa.

Incendi forestali.
Sul tema l’Annuario statistico 2017 specifica che gli incendi monitorati si riferiscono al 2015 allorché si sono verificati 5.442 incendi, sviluppati su una superficie pari a 41.510 ha, di cui 25.867 boscati e 15.643 non boscati, in aumento del 67,1% sull’anno precedente. Tra le ripartizioni geografiche, il Sud ha registrato il numero maggiore di incendi (47,4 % degli eventi totali e 45,9% della superficie totale percorsa dal fuoco, il Nord-est il minor numero ed ha anche la minor superficie totale interessata. Campania e Calabria sono risultare le regioni più colpite, mentre la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è stata quella con la superficie meno percorsa dal fuoco.

Distribuzione dell’acqua potabile.
Nel 2015 ogni cittadino residente in un comune capoluogo di regione ha consumato in media 266 litri di acqua potabile al giorno. Per garantire questo livello di consumo sono stati immessi in rete 425 litri per abitante al giorno. Nel complesso, le perdite idriche totali nelle reti dei comuni capoluogo di regione ammontano al 37,5% del volume complessivamente immesso in rete. Una parte (3%) delle perdite idriche totali – si afferma nell’Annuario statistico 2017 – è attribuibile alle perdite idriche apparenti, dovute a volumi sottratti senza autorizzazione (allacciamenti abusivi) e a volumi consegnati, ma non misurati, a causa dell’imprecisione o del malfunzionamento dei contatori.

Rifiuti.
Nel 2015, i rifiuti urbani raccolti sono pari a 29,5 milioni di tonnellate (circa 486 Kg. per abitante), un valore leggermente più basso rispetto al 2014, una modesta inversione di tendenza rispetto all’andamento osservato nel periodo 2010-2013. In termini pro capite le quantità maggiori si raccolgono nelle regioni del Centro (542,7 kg.) e del Nord-est (523,3 Kg). Di questi, il 47,5% è stato raccolto in forma differenziata. Le migliori performance si rilevano nelle regioni Veneto (68,8%) e Trentino-Alto Adige (67,4%). I valori più bassi caratterizzano la Sicilia e la Calabria, rispettivamente 12,8% e 25,0%. La raccolta differenziata riguarda prevalentemente i rifiuti organici e la carta, che rappresentano in peso, rispettivamente, il 43,3% e il 22,5% del totale raccolto con questa modalità; seguono il vetro (12,5%) e la plastica (8,4%), mentre le altre tipologie di rifiuto, legno, metallo, tessili, raccolta selettiva, rifiuti di apparecchiature elettriche e elettroniche, ingombranti misti a recupero, rappresentano complessivamente il 13,4% del rifiuto differenziato.

La produzione di rifiuti speciali ammonta nel 2015 a 123,3 milioni di tonnellate, di cui il 7,4% costituito da rifiuti speciali pericolosi. Nei rifiuti speciali non pericolosi circa il 43% è costituito da rifiuti misti dell’attività di costruzioni e demolizioni, mentre per quanto riguarda il quantitativo di rifiuti speciali pericolosi il 13,6% è dato dai veicoli fuori uso in demolizione. Il 57,6% dei rifiuti speciali (pericolosi e non pericolosi) è prodotto nelle regioni del Nord, il 23,9% nelle regioni del Mezzogiorno e il restante 18,5% nelle regioni del Centro.

Pressione antropica e rischi naturali: le attività estrattive da cave e miniere.
Tale rilevazione è stata realizzata per la prima volta nel 2015-2016, al fine di costruire un quadro conoscitivo completo e aggiornato del fenomeno estrattivo di risorse minerali non rinnovabili nel territorio nazionale. Per le sue caratteristiche geologiche l’Italia presenta numerosi siti estrattivi di minerali di prima categoria (miniere) e di seconda categoria (cave), questi ultimi sono ampiamente diffusi in tutte le regioni.

Sono complessivamente 2.105 i comuni interessati dall’esistenza di almeno un sito estrattivo, a indicare la presenza di “pressioni” che possono essere esercitate sull’ambiente naturale. In quasi il 40% di questi comuni sono presenti da 2 a 5 siti estrattivi. Le cave sono più numerose delle miniere, 5.210 siti contro 143, per un totale di 5.353 siti estrattivi. Una significativa concentrazione di cave si trova in Sicilia e Piemonte (rispettivamente 10,6% e 9,4% del totale nazionale), seguite da Lombardia (8,8%), Veneto (8,7%), Puglia (8,2 %) e Toscana (7,6 %). Le miniere risultano assenti in alcune regioni e sono localizzate per lo più nel Nord del Paese (63 siti).

Le emissioni atmosferiche.
Le emissioni si riferiscono a quelle generate dalle attività antropiche, distinte tra famiglie e attività produttive, mentre escludono quelle riconducibili ai fenomeni naturali.  Le attività produttive generano emissioni attraverso i processi caratteristici dell’attività principale e di eventuali attività secondarie e ausiliarie come il riscaldamento e il trasporto in conto proprio. Le famiglie generano emissioni atmosferiche utilizzando combustibili per il trasporto privato, il giardinaggio, il riscaldamento e gli usi di cucina e mediante l’uso di solventi e vernici.

Nel 2014 le attività produttive hanno generato il 76% delle emissioni di inquinanti ad effetto serra, il 91% delle emissioni che danno origine al fenomeno dell’acidificazione e il 63% di quelle responsabili della formazione dell’ozono troposferico. Le parti restanti derivano dalle attività di consumo delle famiglie.

Dal raffronto con gli altri paesi dell’UE si nota che in Italia nel 2014 il peso delle attività produttive sul totale delle emissioni è inferiore alla media europea per l’effetto serra e molto inferiore per l’ozono troposferico, e pari alla media europea nel caso delle sostanze che determinano l’acidificazione.

Tra le attività produttive che maggiormente contribuiscono alle emissioni di inquinanti figurano: agricoltura, silvicoltura e pesca (50% delle sostanze acidificanti emesse dalla produzione); industria manifatturiera  (29% delle emissioni di gas ad effetto serra generate dal sistema produttivo, 11% nel caso dell’acidificazione e il 28% per il fenomeno della formazione dell’ozono troposferico); settore fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (29% delle emissioni di gas ad effetto serra provenienti dalla produzione); attività di trasporti e magazzinaggio (31% del totale delle emissioni delle attività produttive rilevanti per l’acidificazione e 36% di quelle responsabili della formazione di ozono troposferico).

Le emissioni generate dalle famiglie derivano soprattutto dall’uso di combustibili per il trasporto privato, che genera il 53% delle emissioni di gas serra, circa il 77% delle emissioni da acidificazione e il 49% nel caso della formazione di ozono troposferico. Riscaldamento domestico e usi di cucina incidono per il 46% nel caso dei gas serra, per il 23% in quello dell’acidificazione e per il 40% relativamente all’ozono troposferico. Gli altri usi hanno una quota rilevante sulle emissioni delle famiglie solo per l’ozono troposferico (10%).

Il sistema energetico.
La forte dipendenza dall’estero per l’energia è una delle caratteristiche del nostro Paese: nel 2015 le importazioni hanno registrato un aumento del 9,8%, pari a 156,8 milioni di Tep (tonnellate equivalenti di petrolio). Nel 2015 il consumo di energia da fonti rinnovabili fa registrare invece un calo del 6%, passando dai 34,67 Mtep del 2014 ai 32,6 nel 2015. Il fotovoltaico conferma il suo ruolo di traino per la crescita delle fonti rinnovabili in Italia, anche se la loro incidenza nel 2015 (come già nell’anno precedente) si colloca a livelli più bassi rispetto al picco del 2013.

Nel 2016, l’87,9% delle famiglie si dichiara soddisfatta (molto o abbastanza) del servizio di fornitura dell’energia elettrica considerato nel suo complesso. La quota di famiglie soddisfatte si mantiene sostanzialmente stabile rispetto al 2015 (era l’87,0%). Per quanto riguarda gli aspetti tecnici del servizio rimangono alte le percentuali di coloro che si dichiarano soddisfatti (93,4% delle famiglie) della continuità del servizio e l’88,4% per la stabilità della tensione.

Gli aspetti commerciali raccolgono mediamente dei giudizi relativamente meno positivi: il 77,7% delle famiglie risulta soddisfatto della comprensibilità del display del contatore elettronico; il 62,9% lo è per la comprensibilità delle bollette e il 61,1% per le informazioni sul servizio.

I problemi ambientali maggiormente percepiti.
Nel 2016 le persone di 14 anni e più hanno dichiarato come maggiormente preoccupanti l’inquinamento dell’aria (51,9%), i cambiamenti climatici e la produzione e lo smaltimento dei rifiuti si confermano i problemi ambientali che hanno suscitato negli italiani maggiore preoccupazione; sempre nel 2016, traffico e difficoltà di parcheggio sono i problemi maggiormente sentiti dalle famiglie con riguardo alla zona in cui risiedono. che, nel 2016, le persone di 14 anni e più hanno dichiarato come maggiormente preoccupanti sono l’inquinamento dell’aria (51,9%), i cambiamenti climatici (49,1%), la produzione e lo smaltimento dei rifiuti (41,7%).

I temi che suscitano preoccupazione in una minor quota di popolazione sono l’inquinamento acustico (11,7%), elettromagnetico (13,2%) e della rovina del paesaggio (15,0%). A livello territoriale, la quota più elevata di persone preoccupate per l’inquinamento dell’aria risiede nel Nord-ovest (54,1%); dichiarano maggiore preoccupazione per i cambiamenti climatici i rispondenti del Nord-est (53,3%); la preoccupazione per lo smaltimento dei rifiuti è maggiormente sentito dai residenti nel Sud (50,3%).

La diffusione delle preoccupazioni ambientali, soprattutto quelle legate in modo immediato all’azione dell’uomo è legata anche all’offerta di servizi ed al livello di efficienza degli stessi. Così, il tema della produzione e dello smaltimento dei rifiuti rappresenta un’urgenza vera e propria in Campania, essendo indicato da ben il 54,5% delle persone.

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