Acqua Inquinamenti e bonifiche Risorse e consumi

L’Ambiente nel Rapporto dell’Istat “Noi Italia 2014” (2)

Ambiente nel Rapporto dell'Istat Noi Italia-2014 2

Dai dati offerti dall’Istituto Nazionale di Statistica in Italia la qualità dell’aria è ancora un problema. Migliora invece il consumo d’acqua pro capite che continua a calare.

Proseguiamo lo stralcio della seconda parte del settore Ambiente della VI edizione di “Noi Italia 2014” pubblicata all’inizio della settimana dall’Istat che fornisce un quadro d’insieme dei diversi aspetti economici, sociali, demografici e ambientali del nostro Paese, della sua collocazione nel contesto europeo e delle differenze regionali che lo caratterizzano.

Per la parte relativa agli indicatori: Spesa per l’ambiente; Rifiuti urbani raccolti; Rifiuti urbani smaltiti in discarica; Rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata; si rinvia al precedente post.

Emissioni di gas serra
L’informazione relativa alle emissioni dei gas ad effetto serra è rilevante ai fini del monitoraggio dei risultati attesi dal protocollo di Kyoto nel cui ambito è previsto che, nel periodo 2008-2012, i Paesi dell’area UE15 nel loro insieme si impegnino a ridurre dell’8%, rispetto al livello del 1990, le emissioni di tali inquinanti. Per ogni singolo paese sono, inoltre, previsti impegni specifici: per l’Italia è stata stabilita una riduzione delle emissioni nella misura del 6,5%. Nel nostro Paese nel 2010 sono state emesse 501,3 milioni di tonnellate di gas serra espresse in termini di CO2 equivalente, +2,0% rispetto al 2009, andamento in controtendenza considerando la progressiva riduzione misurata a partire dal 2006.

I gas presenti in atmosfera, di origine naturale e antropica, che assorbono ed emettono la radiazione infrarossa a specifiche lunghezze d’onda determinando il fenomeno detto “effetto serra”, includono principalmente anidride carbonica (CO2), metano (CH4), protossido di azoto (N2O), idrofluorocarburi (HFC), perfluorocarburi (PFC), esafluoruro di zolfo (SF6). I gas serra consentono alle radiazioni solari di passare attraverso l’atmosfera e ostacolano il passaggio verso lo spazio di parte delle radiazioni infrarosse provenienti dalla superficie della Terra, contribuendo in tal modo al riscaldamento del pianeta. Ognuno di questi gas ha un proprio potenziale di riscaldamento specifico. Per calcolare le emissioni complessive ad effetto serra, le quantità relative alle emissioni dei singoli inquinanti vengono convertite in “tonnellate di CO2 equivalente”, ottenute moltiplicando le emissioni di ogni gas per il proprio potenziale di riscaldamento – Global warming potential (Gwp) – espresso in rapporto al potenziale di riscaldamento dell’anidride carbonica. A tal fine sono applicati i seguenti coefficienti: 1 per CO2; 310 per N2O; 21 per CH4.

Nell’arco di venti anni la variazione di emissioni di gas serra per il complesso dei Paesi UE15 è stata negativa e pari a -10,6% rispetto al 1990; la riduzione complessivamente conseguita dall’Italia è del 3,5%. L’insieme dei Paesi facenti parte dell’area UE27, benché per l’aggregato non sia stato previsto un obiettivo unico in funzione del protocollo di Kyoto, mostrano una riduzione del 15,4% delle emissioni degli inquinanti considerati, rispetto al livello del 1990.

Considerando gli obiettivi definiti nel protocollo di Kyoto per il periodo 2008-2012, nel terzo anno di monitoraggio sono 8 i Paesi dell’area UE15 che mostrano livelli di emissioni in linea con il raggiungimento degli obiettivi prescritti: Regno UnitoFranciaGermaniaGreciaSveziaPortogalloBelgioIrlanda; i rimanenti nel 2010 hanno fatto registrare un incremento delle emissioni in atmosfera, con le peggiori performance per il Lussemburgo e l’Austria (scostamenti rispettivamente del 27,1% e 6,8%) e meno accentuate per i Paesi Bassi (4,9%) e l’Italia (scostamento del 3,7% rispetto al valore obiettivo).

(Come facilmente intuibili, i dati offerti dall’Istat per questo indicatore sono piuttosto datati, anche se possono essere presi per verificare i progressi eventualmente compiuti. Per aggiornamenti: www.regionieambiente.it

Nel 2005 è la Sardegna la regione che presenta le più alte emissioni pro capite di gas serra (16,0 tonnellate di CO2 equivalente per abitante), seguita dalla Puglia (15,3 tonnellate) e dalla Liguria (14,0 tonnellate). Di contro, i valori più bassi dell’indicatore si riscontrano nelle Marche (6,9 tonnellate di CO2 equivalente per abitante), in Calabria (6,0 tonnellate) e in Campania (3,9 tonnellate). Dal confronto temporale emerge che solo 5 regioni hanno ridotto le emissioni di gas serra per abitante nel periodo 1990-2005: si tratta della Liguria (-18,0%), della Campania (-9,6%), del Veneto (-6,6%), della Calabria (-4,3%) e del Lazio (-0,4%). Nello stesso lasso di tempo si osservano dei notevoli incrementi, superiori al 30%, nelle quantità di gas a effetto serra emesse, mediamente, da ciascun abitante, in Basilicata (+72,3%), in Molise (+57,0%) e in Sardegna (+31,1%).

Famiglie che dichiarano la presenza di problemi relativi alla qualità dell’aria
L’inquinamento dell’aria rappresenta uno dei principali problemi ambientali soprattutto in ambito urbano, anche se la concentrazione di inquinanti e odori sgradevoli varia considerevolmente da città a città in relazione alla densità abitativa e delle attività economiche, nonché al traffico stradale. Interessante al riguardo risulta la dichiarazione delle famiglie circa la presenza di inquinamento dell’aria e di odori sgradevoli nella zona in cui vivono.

Nel 2012, il 35,7% delle famiglie italiane segnala problemi relativi all’inquinamento dell’aria e il 18,5% lamenta la presenza di odori sgradevoli.

In generale, il confronto con il 2011 mostra una sostanziale stabilità nella quota di famiglie che evidenziano i problemi suddetti nella zona in cui abitano. Diminuzioni sensibili si registrano tuttavia nel Lazio, per quanto concerne l’inquinamento dell’aria, e in Campania, per quanto concerne gli odori sgradevoli.

La percentuale di famiglie che dichiarano la presenza di problemi relativi all’inquinamento dell’aria e agli odori sgradevoli nella zona in cui abitano viene stimata con i dati dell’indagine multiscopo dell’Istat “Aspetti della vita quotidiana” che rileva, con cadenza annuale, aspetti fondamentali della vita quotidiana e dei comportamenti delle famiglie in Italia. L’indicatore riporta la percentuale di famiglie che dichiarano i problemi relativi alla qualità dell’aria “molto o abbastanza” presenti.

La quota di famiglie che dichiarano la presenza di problemi di inquinamento dell’aria è sistematicamente superiore a quella delle famiglie che lamentano la presenza di odori sgradevoli.

Nel 2012, per quanto riguarda l’inquinamento dell’aria, è il 42,6% per cento delle famiglie del Nord-ovest a denunciare il problema, con un picco in Lombardia (47,5%). Nel Nord-est, invece, la quota si attesta al 35,0%, con un picco in Veneto (38,5%) e la quota più bassa in Trentino-Alto Adige (28,1%).

Tra le regioni del Centro, il Lazio, pur registrando una significativa diminuzione rispetto al 2011, mostra il valore più elevato (36,7%), mentre ToscanaUmbria e Marche presentano percentuali inferiori alla media nazionale. Nel Mezzogiorno la situazione peggiore è quella della Campania, dove il 39,9% delle famiglie dichiara di percepire problemi di inquinamento dell’aria, sebbene il dato sia in calo rispetto al 2011 (era 44,6%); seguono le famiglie della Puglia (36,9%) e della Sicilia (35,7%). Valori molto più bassi nel resto delle regioni del Mezzogiorno, in particolar modo in Sardegna (14,1%).

Per ciò che riguarda la percezione di odori sgradevoli, la situazione appare migliore su tutto il territorio nazionale. Nel 2012, la regione con la  percentuale più alta di famiglie che segnalano questo problema è la Campania (23,8%), sebbene la quota sia in calo rispetto al 2011. Seguono tre regioni del Nord: la Lombardia (21,4%), il Piemonte (21,2%) e il Veneto (20,9%). Le regioni del Centro, invece, mostrano tutte valori inferiori alla media nazionale. Più eterogenea la situazione nelle regioni del Mezzogiorno, con il Molise che presenta il valore più basso in assoluto (8,5%) e la Sicilia (19,7%) che si colloca al di sopra della media nazionale.

Consumo di acqua potabile
La normativa di riferimento per la fornitura dell’acqua alla popolazione indica che il gestore del servizio idrico è tenuto a offrire alle utenze i livelli minimi di servizio e ad assicurare alle utenze potabili domestiche una dotazione pro capite giornaliera non inferiore a 150 litri per abitante al giorno, intesa come volume attingibile dall’utente nelle 24 ore (d.p.c.m. 4/3/96, n. 46). L’analisi del consumo di acqua potabile fatturata pro capite consente di derivare la quantità disponibile per ciascun abitante, identificando al contempo le tendenze dei comportamenti dei cittadini nell’utilizzo della risorsa idrica. In media nei comuni capoluogo di provincia il consumo di acqua pro capite nel 2011 è pari a 175,4 litri per abitante al giorno, -3,7% rispetto al 2010; nel lungo periodo la contrazione è stata di poco inferiore al 15% (era 206,1 litri per abitante al giorno nel 2002).

L’acqua fatturata per uso civile domestico rappresenta la quantità di acqua ad uso potabile fatturata dall’ente gestore del servizio idrico alle utenze singole e/o collettive relative alle abitazioni. L’indicatore preso in considerazione, il valore pro capite di acqua fatturata per uso domestico giornaliero, è dato dal rapporto del volume annuo di acqua potabile fatturata alle utenze domestiche finali e la popolazione media residente, diviso il numero di giorni dell’anno. L’indicatore quindi non considera la popolazione fluttuante che per motivi di studio, lavoro o per turismo è presente all’interno del comune, specialmente in determinati periodi dell’anno.

Nel 2011 nel complesso dei comuni capoluogo di provincia il consumo di acqua potabile fatturata per uso domestico ammonta a 1,16 miliardi di m3, il 3,4% in meno rispetto al 2010. Il consumo pro capite, pari a 64 m3 per abitante (175,4 litri per abitante al giorno), risulta ancora in calo rispetto all’anno precedente, a conferma della riduzione dei consumi di acqua che si osserva ormai da dieci anni, correlata alla maggiore attenzione all’utilizzo della risorsa idrica da parte dei cittadini.

Il 15,5% dei capoluoghi consuma tra i 200 e i 240 litri di acqua potabile per abitante al giorno, circa la metà tra i 150 e i 200 litri, il 34,5% tra 100 e i 150; solo Agrigento mostra consumi giornalieri inferiori ai 100 litri pro capite (96,2, a causa anche delle interruzioni nella distribuzione dell’acqua). Consumi contenuti di acqua potabile caratterizzano circa un terzo dei comuni capoluogo delle Isole, dove la scarsità di risorsa idrica disponibile è da associare alle misure di riduzione o sospensione nella fornitura adottate dai comuni.

Dei 18 comuni con i consumi pro capite più elevati – in testa Lodi e Catania, rispettivamente con circa 240 e 230 litri al giorno – poco più della metà mostra un incremento rispetto al 2010, particolarmente accentuato oltre che a Lodi stessa (+30 litri) anche a Udine e Pavia (in entrambi i casi oltre 17 litri in più). Incrementi del consumo di acqua superiori al 10% si registrano anche a PotenzaCuneoMantova e Isernia. In due terzi dei capoluoghi si regista la tendenza opposta alla riduzione dei consumi, con le diminuzioni più accentuate (superiori al 10%) tra gli altri a CremonaVerbaniaSondrioParmaVicenzaFirenzeRomaViterboFrosinoneBenevento e Trapani.

Tra i grandi comuni i consumi pro capite giornalieri di acqua potabile superano i 200 litri a MilanoTorinoRomaCatania e Messina, con livelli sostanzialmente stabili rispetto al 2010, al netto della capitale, dove però la diminuzione rilevata è in parte da attribuirsi al variato metodo di computo adottato dall’azienda erogatrice dei servizi idrici, e di Catania, che mostra un incremento del 3%. Negli altri grandi comuni, in cui i consumi sono più contenuti, la tendenza è alla diminuzione, con contrazioni più consistenti a Firenze (-10,7%) e Genova (-6,5%).Tags: 

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