Green economy Prodotti e acquisti verdi Sostenibilità

La rivoluzione “pulita” dell’India verso un’economia low carbon

La rivoluzione pulita dell’India verso un’economia low carbon

Entro un decennio previsto un ruolo di primo piano del Paese nelle tecnologie green.

Nel numero precedente avevamo analizzato gli sforzi della Cina per ridurre le emissioni di carbonio della sua economia e gli investimenti previsti nel Piano quinquennale di sviluppo per le tecnologie pulite (cfr: “Il Dragone si fa più verde”, in Regioni&Ambiente n. 4 Aprile, pagg. 10-11).

In questa circostanza la presentazione di un nuovo Rapporto ci offre la possibilità di cogliere alcuni punti salienti delle prospettive di crescita di un’economia a basso livello di carbonio di un altro “gigante” asiatico, qual è l’ India, che ne prossimi anni avrà anch’esso un ruolo di primo piano nello sviluppo delle clean technologies.

L’India potrebbe divenire una super potenza “verde” in grado di rivaleggiare con Cina, Stati Uniti ed Unione europea, qualora capitalizzasse su un mercato di prodotti sostenibili che potrebbero valere fino a 135 miliardi di dollari entro il 2020.
È questa la conclusione principale di un nuovo Rapporto “India’s Clean Revolution”, pubblicato da The Climate Group, una Organizzazione no-profit a livello internazionale che lavora a supporto di politici e imprenditori per promuovere le tecnologie pulite e le politiche per ridurre le emissioni globali di gas serra, accelerando lo sviluppo di un’economia low carbon, con la previsione che il Paese potrebbe dar vita ad oltre 10 milioni di nuovi posti di lavoro green entro la fine del decennio, conformemente all’aumento degli investimenti in efficienza energetica e nelle tecnologie per le energie rinnovabili.
Secondo il report, gli investimenti privati dell’India per l’energia pulita aumenteranno del 736% nei prossimi 10 anni, tre volte il tasso atteso negli Stati Uniti o in Cina. Anche il mercato interno per l’efficienza energetica triplicherà fino a 77 miliardi di dollari alla fine del decennio, atteso che le comunità abbraccino le tecnologie rinnovabili in loco, come i pannelli solari e le turbine eoliche di piccola scala.

“Non c’è contraddizione tra gli imperativi ambientali e quelli per lo sviluppo dell’India – ha dichiarato Jairam Ramesh, Ministro indiano per l’Ambiente e le Foreste – Questo nuovo Rapporto registra i progressi del Paese verso uno sviluppo decarbonizzato e indica le entusiasmanti possibilità di nuovi partenariati, di crescita e di occupazioni. Viene posto in evidenza che vi sono molti settori in cui le imprese indiane, in partenariati con il Governo e con la società civile a tutti i livelli, possono già trarre vantaggi dalle opportunità di un’economia a bassi livelli di carbonio”.

Nel Rapporto si mette in evidenza come in India siano presenti alcune delle più importanti imprese di clean tech del mondo, osservando, per esempio, che la società Suzlon ha contribuito a trasformare il Paese nel quinto maggior produttore di energia eolica, mentre l’auto elettrica REva, internazionalmente nota come G-Wiz, aprirà un nuovo stabilimento a Bangalore entro l’anno per una produzione annua di 30.000 auto a zero emissioni sia per il mercato interno che per l’esportazione.
Inoltre, lo Stato occidentale del Gujarat, che si affaccia sul Mar Arabico, ha annunciato l’intenzione di costruire il primo grande impianto per l’energia mareomotrice dell’Asia nel sito del Golfo di Kutch, noto per avere notevole ampiezza di maree, in grado di generare più di 100 MW (energia in grado di soddisfare le esigenze di 40.000 famiglie), e la costruzione del più grande parco fotovoltaico del mondo, presso la località di Charanka dove il sole splende per 330 giorni all’anno ad una intensità di 6 kilowatt per m2, in grado di produrre 500 MW, con un investimento di 2,3 miliardi di dollari.

The Climate Group osserva che l’International Energy Agency (IEA) prevede che le importazioni di carbone dell’India entro il 2030 aumenteranno di sette volte, rendendo il Paese vulnerabile alle variazioni dei prezzi esterni ed esortando il Governo a dare priorità alla crescente industria per l’energia pulita che sta fiorendo in India, se vuole avere la garanzia di approvvigionamento energetico in futuro. Il 12° Piano quinquennale prevede che il Paese investirà 1.000 miliardi di dollari e il Rapporto sottolinea che tale somma è necessaria “per evitare il modello dei Paesi sviluppati dagli alti costi, lo sviluppo ad alto tenore di carbonio e di tracciare invece un nuovo percorso basato sulle basse emissioni di CO2 legato all’efficienza e alla sicurezza energetiche”.
“Il passaggio è obbligato, non esiste in futuro qualcosa di sicuro, ad alto tenore di carbonio e a basso costo in India, come in qualsivoglia parte del mondo – ha dichiarato Mark Kenber, Direttore generale di The Climate Group – Solo una rivoluzione industriale pulita può garantire prosperità a lungo termine per ogni nazione e questo vale ancor di più per l’India. La buona notizia consiste che un’economia a basse emissioni di carbonio offre enormi opportunità economiche e che i leader politici ed imprenditoriali stanno già lavorando reciprocamente affinché prenda avvio una rivoluzione indiana pulita”.

ANCHE IL TAJ MAHAL SOFFRE PER INQUINAMENTO E SICCITÀ
Secondo quanto riportato da una corrispondenza da Agra (India) dell’Agenzia Indo-Asian News Service, il Taj Mahal è in pericolo a causa della siccità e dell’inquinamento: “È semplice, normale e logico supporre che il Taj Mahal non può rimanere a lungo in buona salute se la forza che lo sostiene, il fiume Yamuna è in cattive condizioni”.
Anche se l’inquinamento atmosferico intorno al famoso monumento è diminuito, soprattutto per i biossidi di zolfo i cui livelli si sono abbassati, l’utilizzo massiccio per sbiancare il marmo di terra di Fuller, un decolorante a base di argilla ampiamente usato in Europa prima di tosare le pecore, ha eroso la superficie. Inoltre, il livello di particelle di sabbia che l’azione deflattiva del vento trasporta verso il monumento, svolgendovi un ruolo abrasivo, sarebbe decisamente inferiore se la portata del fiume non fosse così ridotta a causa di una crescente siccità.
Il monumento, una delle meraviglie del mondo e sito UNESCO Patrimonio dell’Umanità, sorge infatti sulle rive del fiume Yamuna nei pressi della città di Agra (nello Stato settentrionale dell’Uttar Pradesh) che fu capitale dell’Impero Mughal dal XVI al XVIII secolo.
“La luce del palazzo”, questo vuol dire in persiano taj mahal, è di fatto la tomba meglio conservata del mondo. Venne fatta costruire dal quinto imperatore mughal Shah Jahan, in memoria della sua seconda moglie Muntaz Mahal originaria della Persia, morta mentre accompagnava il marito in una campagna militare per reprimere una ribellione nella lontana regione dell’Orissa. La sua tomba vi venne trasferita nel 1653, quando venne completata la costruzione che era iniziata ben ventidue anni prima e richiesto l’impiego di ventimila persone.
Il Taj Mahal sorge su una base di pietra arenaria rossa sormontata da un enorme terrazzo di marmo bianco sul quale poggia la famosa cupola affiancata da quattro minareti affusolati. La cupola è di marmo bianco, ma la sua posizione vicino al fiume fa sì che per un magico gioco di colori che cambiano durante le ore del giorno e a seconda delle stagioni, diano al monumento riflessi che lo rendono unico, ma sempre diverso: rosato il mattino, bianco latteo la sera e d’oro quando splende la luna.
“Se nel piano originario fiume e architettura erano integrati, sia per la sicurezza del Taj Mahal che per la scenografi a ambientale offerta – si è chiesto provocatoriamente Ram Nath, studioso di fama internazionale di Architettura Antica e Medievale Indiana e docente al Dipartimento di Belle Arti dell’Università di Harvard – l’obiettivo più soddisfacente è quello di avere un fiume inquinato e in secca?”.

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.