Economia e finanza

Riscaldamento globale: studio Bankitalia constata la perdita di PIL

Uno studio di economisti di Bankitalia rileva che il processo di riscaldamento globale ha avuto effetti negativi sull’economia italiana che si sono accentuati alla fine del ventesimo secolo, e che in uno scenario di aumento di temperatura di +1,5 °C alla fine del 2100 il PIL pro capite frenerebbe tra il 2,8 e il 9,5% rispetto a quello che prevarrebbe se crescesse con il suo trend storico.

Aumenti di temperatura che portassero le temperature medie nel 2100 a essere più elevate di +1,5 °C rispetto a oggi (scenario corrispondente a un quadro di future emissioni di gas serra “intermedio”) ridurrebbero la crescita economica fino a ottenere nel 2100 un livello di PIL pro capite inferiore tra il 2,8 e il 9,5% rispetto a quello che prevarrebbe in un’ipotesi di crescita pari a quella registrata dall’inizio del Novecento di circa +2% l’anno.

È quanto stimano gli economisti di Bankitalia nello StudioDinamica delle temperature e attività economica in Italia: un’analisi di lungo periodo”, curato da Michele Brunetti, Paolo Croce, Matteo Gomellini e Paolo Piselli, il cui obiettivo è di valutare i possibili impatti di ulteriori futuri aumenti di temperatura.

Lo studio esamina in particolare gli impatti sul PIL pro capite dell’aumento delle temperature in Italia a livello provinciale lungo il XX secolo. L’incremento delle temperature può avere effetti negativi diretti sulla produzione nazionale attraverso un’ampia gamma di canali come la contrazione del prodotto agricolo, la riduzione della produttività dei lavoratori e la flessione degli investimenti in settori più esposti alle conseguenze del riscaldamento globale.

Seppure il lavoro non misuri direttamente le possibili conseguenze di eventi indotti dal riscaldamento (e.g. catastrofi naturali, incremento della mortalità, deterioramento della salute, migrazioni, ecc.), come anche, concentrandosi sostanzialmente sul PIL quale variabile di interesse, non consideri esplicitamente le perdite di “stock” (danni agli edifici, ai terreni, alle infrastrutture, tuttavia, di alcuni tra questi effetti gli autori tengono indirettamente conto laddove stimano gli impatti degli incrementi di temperatura sulla crescita economica.

Le temperature medie in Italia sono aumentate di circa 2 °C dall’inizio del secolo scorso, con una sostanziale omogeneità dei trend di crescita a livello territoriale. Questi aumenti hanno avuto un impatto negativo sulla crescita del PIL pro capite, accentuatosi alla fine del Novecento parallelamente all’incremento delle temperature nel periodo 1981-2001.

Nell’ipotesi che la sensibilità del PIL pro capite all’incremento delle temperature si attesti nel futuro sui livelli medi stimati per il Novecento, si sono proiettate in avanti le analisi realizzate per il passato e calcolati i potenziali effetti al 2100 del riscaldamento atteso nei prossimi decenni.

Sulla base delle analisi effettuate con 2 differenti metodologie (panel e autoregressive distributed lags -ARDL), le stime della relazione tra la crescita economica e il livello della temperatura, mostrano come il processo di riscaldamento globale abbia avuto effetti negativi sull’economia italiana che si sono accentuati alla fine del ventesimo secolo. In uno scenario di aumento di temperatura di +1,5 °C, la crescita del PIL pro capite frenerebbe, riducendone l’incremento annuo in un range tra 0,04 e 0,13 punti percentuali, fino a determinarne a fine secolo un livello tra il 2,8 e il 9,5% inferiore rispetto a quello che prevarrebbe se crescesse al suo trend storico.

Oltre alle temperature medie, lo studio ha esaminato l’impatto della persistenza di temperature elevate, rilevando come l’incremento nella frequenza di temperature giornaliere superiori a 28 °C abbia influito negativamente sull’attività economica, in particolare negli ultimi 20 anni del Novecento quando tale frequenza si è acuita significativamente, incidendo principalmente sul settore dell’agricoltura ma con effetti negativi registrati anche nell’industria e nei servizi.

Quando la frequenza di giorni con temperature oltre i 28 °C sale del 2,4%, PIL e produttività sul lavoro calano tra lo 0,22 e lo 0,1% annuo.

L’analisi di impatto ha incorporato anche possibili adattamenti al global warming, come le innovazioni tecnologiche o il mutamento della composizione delle attività economiche verso produzioni con differente sensibilità al riscaldamento.

 

 

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