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Riscaldamento domestico: il peso del settore su emissioni e consumi

I dati nel nuovo Studio sulla decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento, realizzato da Elemens per Legambiente e Kyoto Club, indicano il notevole contributo del riscaldamento all’inquinamento atmosferico e al riscaldamento globale, favorito da sussidi che spingono tuttora all’utilizzo di impianti a combustibili fossili e che le due Associazioni propongono di modificare.

Nel 2021 il riscaldamento domestico contribuisce ancora, in maniera significativa, a inquinare le nostre città e a surriscaldare il Pianeta, incentivato da una serie di sussidi ambientalmente dannosi e da misure che, ultimo l’ecobonus, anziché spingere unicamente gli impianti a fonti rinnovabili favoriscono anche quelli a combustibili fossili. Eppure, le alternative ai sistemi centralizzati alimentati a gas e gasolio, che nel nostro Paese caratterizzano soprattutto i grandi agglomerati urbani, esistono già e sono altamente competitive.

È quanto emerge dal nuovo StudioUna strategia per la decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento degli edifici in Italia” realizzato per Legambiente e Kyoto Club da Elemens, Società di consulenza indipendente specializzata nel settore dell’energia, e inserito nell’ambito di un progetto, finanziato dalla European Climate Foundation (ECF), fondata nel 2008 come iniziativa filantropica per aiutare l’Europa a promuovere sul territorio una società a basse emissioni di carbonio e a svolgere un ruolo di leadership internazionale per mitigare i cambiamenti climatici, e finalizzato a eliminare gradualmente i combustibili fossili dagli edifici residenziali in Italia.

Lo Studio indaga sullo stato dei sistemi di riscaldamento nel nostro Paese, il loro apporto in termini di emissioni di gas, nonché le priorità d’intervento, e presenta al contempo le proposte per decarbonizzare il settore, elaborate da Legambiente e Kyoto Club, che puntano all’eliminazione immediata del superbonus per le caldaie a gas e al 2025 quale data strategica per vietare l’installazione di nuovi impianti alimentati da fossili.

In Italia il riscaldamento degli edifici residenziali, commerciali e pubblici pesa sulle emissioni di CO2 per oltre il 17,7%, secondo i dati dell’ISPRA, e da solo quello residenziale  è responsabile del 64% della quantità di PM2.5, del 53% di PM10 e del 60% di CO emessi nel 2018, contribuendo al peggioramento della qualità dell’aria, specie nelle grandi città del Centro-Nord. 

Un impatto notevole confermato anche durante il primo lockdown del 2020: in Lombardia, ad esempio, uno studio dell’ARPA ha evidenziato come, nonostante lo stop delle attività produttive e di gran parte dei trasporti, le emissioni di PM10 siano diminuite soltanto del 17% proprio a causa di un incremento nell’utilizzo dei riscaldamenti.

L’analisi per tipologia di combustibile evidenzia come la maggior parte delle abitazioni italiane (17,5 milioni su 25,5) utilizzi il metano, mentre i combustibili solidi (prevalentemente legname) sono impiegati in 3,6 milioni di abitazioni, il riscaldamento elettrico e il gasolio in 1,3 milioni, il GPL in 1,2 milioni di case.

Il settore energetico beneficia al contempo di rilevanti sussidi ambientalmente dannosi. Tre, nello specifico, quelli che interessano il riscaldamento residenziale. In primis, l’ecobonus – recentemente potenziato con l’aliquota del 110% (superbonus) – che incentiva non solo tecnologie rinnovabili, ma anche soluzioni che utilizzano combustibili fossili come il gas naturale: è il caso delle caldaie a condensazione, per le quali è previsto il totale rimborso delle spese da parte dello Stato. C’è poi l’agevolazione volta a ridurre il prezzo per l’acquisto di gasolio e GPL nelle aree non metanizzate (zone montane, Sardegna e isole minori) dove viene così rallentata la diffusione delle rinnovabili termiche. E ancora, l’aliquota IVA agevolata (pari al 10%) destinata ai consumi ad uso civile per il riscaldamento degli edifici, applicata limitatamente ai primi 480 metri cubi di gas consumato nell’anno.

Analizzando, in particolare, i risultati ottenuti in questi anni grazie al meccanismo dell’Ecobonus con detrazione del 50-65% per lavori tesi al risparmio energetico, l’installazione di caldaie a condensazione rappresenta la categoria prevalente in termini di numero d’interventi effettuati (quasi 100 mila), seguita dalle pompe di calore (69 mila). L’installazione di pannelli solari termici resta invece marginale, con circa 5 mila interventi.

Sussidi e incentivi che dovrebbero spingere la transizione verso sistemi più efficienti e a emissioni zero, come purtroppo non avviene, e che si rivelano invece privi di senso in un Paese impegnato nella decarbonizzazione, rappresentando un danno per il clima e rallentando gli investimenti nelle tecnologie pulite.

Lo studio presentato oggi affronta un tema di grande attualità come quello della decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento residenziali, in un Paese impegnato in questa direzione e con rilevanti problemi di inquinamento atmosferico – dichiarano il Vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini, e il Direttore scientifico di Kyoto Club, Gianni Silvestrini – I dati evidenziano le contraddizioni di sussidi e incentivi in vigore che continuano a finanziare impianti alimentati da fonti fossili, nel momento in cui sono disponibili tecnologie a emissioni zero. Le proposte che presentiamo tracciano una road map per spingere efficienza e innovazione, cancellando da subito il superbonus per le caldaie a gas e fissando al 2025 la data per eliminare i sussidi al consumo di gas e vietare l’installazione di impianti che utilizzano fonti fossili nei nuovi edifici, sulla scia di quanto già fatto in diversi Paesi e città raccontati nel rapporto”.

Per favorire la diffusione di sistemi di riscaldamento a zero emissioni, le Legambiente e Kyoto Club suggeriscono di accompagnare la dismissione degli impianti inquinanti con l’obbligo di una loro sostituzione con soluzioni ad alta efficienza e basso impatto ambientale, come il solare termico e le pompe di calore (soprattutto geotermiche)e/ocon l’introduzione di misure di supporto per queste tecnologie. Terza tecnologia da considerare per la decarbonizzazione del riscaldamento domestico è quella delle caldaie a biomassa legnosa.

Le due Associazioni propongono quindi delle modifiche sui sussidi alle fonti fossili
– l’eliminazione, anzitutto, dell’accesso al superbonus per quegli impianti che le utilizzano, consentendo a queste tecnologie di beneficiare delle detrazioni al 50% per la sostituzione degli impianti fino al 2025;
– l’eliminazione progressiva dell’esenzione di IVA agevolata su gas, che svantaggia soluzioni a minor impatto ambientale, e il ritorno all’aliquota ordinaria;
– un cambio di destinazione del sussidio cheprevede uno sconto per l’acquisto di gasolio e GPL nelle aree montane, in favore piuttosto di pompe di calore, solare termico o sistemi ibridi.

Il principale vettore energetico impiegato per il riscaldamento residenziale in Italia è il gas naturale (50% dell’energia fornita). Seguono le biomasse solide (il 28% del totale), soprattutto legname e cippato, e i prodotti petroliferi (8%), come nel caso delle caldaie a gasolio, ancora presenti in alcune grandi città e nelle aree montane non metanizzate. La cogenerazione pesa sul totale per il 5%, mentre sono marginali le pompe di calore, il riscaldamento elettrico (boiler) e il solare termico (1% del totale).

Ridurre i consumi per il riscaldamento delle abitazioni è oggi possibile grazie all’efficienza energetica ed è fondamentale per limitare la spesa delle famiglie. Il riscaldamento domestico è infatti, di gran lunga, la voce più consistente nella lista dei consumi degli utenti residenziali: rappresenta il 67% del totale, pari a 893.196 TJ, mentre il restante 33% è destinato ad altri usi quali l’acqua calda sanitaria, il raffrescamento, l’illuminazione e le apparecchiature industriali.

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