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A EXPO 2015, la Ricerca a difesa della qualità agroalimentare

Ricerca a difesa della qualità agroalimentare

A EXPO 2015 presentate dal Consiglio Nazionale delle Ricerche le nuove tecnologie per valorizzare e difendere i prodotti tipici italiani, contrastando le contraffazioni alimentari a tutela del consumatore: dai salumi di Cinta senese alla Mozzarella di bufala, dai formaggi all’extravergine monovarietale.

Cosa sono esattamente i prodotti tipici?
Cosa hanno di diverso, questi prodotti che rappresentano commercialmente una fetta importante dell’agroalimentare made in Italy e soprattutto declinano all’estero l’immagine del nostro Paese?
Possono rappresentare un modello produttivo ed economico esportabile anche in Paesi emergenti?
Come si può valorizzarli e difenderli dalle contraffazioni che ne minacciano l’unicità e la tipicità?

Per valorizzare e difendere le produzioni agroalimentari italiane di qualità, tutelando produttori e consumatori, nel corso dell’evento “I prodotti tipici: una contraddizione o una speranza per l’agricoltura e il Made in Italy?”, organizzato dal Dipartimento di scienze bio-agroalimentari del Consiglio nazionale delle ricerche (Disba-Cnr), all’interno del Padiglione Italia di EXPO 2015, sono state illustrate alcune iniziative di prestigio del settore della ricerca scientifica.
Le tipicità sono come un certificato di garanzia del prodotto – ha osservato il Presidente del Cnr Luigi Nicolais – Garantiscono qualità e caratteristiche di un prodotto, la sua zona di origine, i caratteri organolettici. Tutti quei dati che danno al consumatore la certezza di avere sulla propria tavola un prodotto di alta qualità”.

Secondo i dati del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAAF) aggiornati al 23 aprile 2015, l’UE ha conferito a 273 prodotti agroalimentari italiani la Denominazione di Origine Protetta (DOP), l’Indicazione Geografica Protetta (IGP) e la Specialità Tradizionale Garantita (STG), confermando che il nostro Paese dispone del maggior numero di eccellenze.
In particolare risultavano:
– 162 DOP, i prodotti che rappresentano il meglio della qualità certificata e protetta dall’UE e si contraddistinguono in quanto sono originari di una specifica zona geografica, presentando caratteristiche dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare ambiente geografico (inclusi i fattori naturali e umani) ed essendo prodotti e trasformati esclusivamente in un delimitato territorio;
– 109 IGP, le specialità che si caratterizzano in quanto sono originarie di una specifica zona geografica, possiedono una determinata qualità, reputazione o altre caratteristiche attribuibili a uno specifico territorio, ossia vengono almeno prodotte e/o trasformate in una delimitata zona geografica;
– 2 STG (Mozzarella e Pizza napoletana) che comprendono le preparazioni riconosciute e tutelate dall’UE, le cui peculiarità non dipendono dall’origine geografica, ma da una composizione tradizionale del prodotto, una ricetta tipica o un metodo di produzione tradizionale.

Il fatturato al consumo di tali prodotti è di 13,2 miliardi di euro, con un valore export pari a 2,4 miliardi di euro (dati al 2013), per cui sono sempre più minacciati da contraffazioni, frodi e italian sounding, che debbono essere contrastati con tecnologie innovative in grado di difenderli.
Questi prodotti sono un vanto nazionale e oltre ad un forte riscontro economico nel PIL, sono un modello di sfruttamento della biodiversità e di impiego dei saperi tecnologici – ha affermato Andrea Scaloni, Coordinatore dell’evento e Direttore dell’Istituto di produzione animale in ambiente mediterraneo (Ispaam-Cnr) – Con questo evento abbiamo voluto riunire tutti gli stakeholder della filiera produttiva dei prodotti tipici DOP e IGP e spiegare come la ricerca scientifica possa giocare un ruolo fondamentale anche per queste produzioni”.
Analisi che ora sono realizzate in centri di ricerca specializzati, presto potranno essere alla portata di tutti – ha spiegato Scaloni – Qualche esempio di falsificazione? Per la mozzarella di bufala campana il disciplinare prevede che si usi il 100% di latte di bufala. I ‘falsificatori’ invece lo mescolano con latte bovino o bufalino liofilizzato, meno costoso e spesso proveniente da altre nazioni: oggi la spettrometria di massa consente di analizzare un campione di latte per scoprire di che tipo è, identificandone i peptidi e le proteine. In particolare, all’Ispaam-Cnr di Napoli è stato messo a punto un metodo di analisi molto rapido, che consente di rivelare anche piccole aggiunte (2-5%) di latte non dichiarato, a fronte di quelle normalmente riscontrate (sopra il 15%). Tale metodologia, messa a punto per il latte di bufala, funziona molto bene anche per quello di pecora e di capra, aprendo così vasti scenari di applicazione per la certificazione di molte altre DOP e IGP”.
In alcuni casi, nei prodotti a base di maiale del tipo Cinta senese, Nero dei Nebrodi o Casertano, è utilizzata carne da razze suine meno pregiate.
Oggi grazie a tecniche di microarray, che permettono di esaminare i prodotti derivanti dal genoma di un organismo su una singola lastrina di vetro o su un chip di silicio, è possibile riconoscere sequenze di DNA specifiche che caratterizzano in maniera univoca una determinata razza – ha aggiunto Scaloni. – Questa ricerca è il frutto della collaborazione tra i laboratori dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria di Lodi e del dipartimento di Agricoltura, alimentazione ed ambiente dell’Università di Catania”.

Per essere certi che l’olio monovarietale extravergine DOP non sia stato miscelato con altri oli meno pregiati, se ne valutano gli aromi con la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare e con tecniche di cromatografia abbinate alla spettrometria di massa, mentre altre analisi basate sul contenuto di isotopi permettono di ottenere informazioni sul sito geografico di provenienza, come ha spiegato Raffaele Sacchi dell’Università di Napoli “Federico II”.

Il comparto agroalimentare è diventato, negli ultimi anni, un vero punto di forza del Made in Italy, facendo leva su una qualità che non si limita solo alla bontà e genuinità, ma significa garanzie di sicurezza, salubrità e origine, diventando un fattore centrale di competitività, ma, come ha osservato il Direttore del Disba-Cnr, Francesco Loreto – “è un settore eterogeneo, che raggruppa centinaia di prodotti freschi e lavorati, una grande varietà di costi e disciplinari, di cultivar vegetali, razze animali e prodotti derivanti da processi di trasformazione, sapientemente selezionati nel tempo e in funzione del territorio, un ricco patrimonio culturale e tecnologico, non facile da regolamentare e controllare. Oltre all’indubbio valore simbolico e identitario, si tratta di un altissimo valore economico, messo a rischio da molteplici insidie, prime fra tutti le frodi alimentari”.

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