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Successi del Protocollo di Montreal come stimolo per un Accordo sul Clima

Successi del Protocollo di Montreal come stimolo per un Accordo sul Clima

L’UNEP ha presentato la relazione scientifica sulla riduzione del buco dell’ozono, dopo le misure introdotte con il Protocollo di Montreal. I successi ambientali che ne sono derivati costituiscono un esempio di come la comunità internazionale, qualora lo voglia, sia in grado di ridurre l’impatto delle attività antropiche.

Il Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) ha pubblicato il 10 settembre 2014 il Documento di sintesi per decisori politici Scientific Assessment of Ozone Depletion 2014, redatto in collaborazione con l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), che costituisce il primo aggiornamento globale in quattro anni e che è stato preparato e rivisto da ben 282 scienziati di 36 Paesi.

Dal Rapporto si evince che lo strato di ozono troposferico che protegge la Terra dalle radiazioni ultraviolette del sole va progressivamente aumentando fino ad una sua probabile ricostituzione entro il 2050, grazie all’azione internazionale concertata contro i gas distruttivi dell’ozono, come i clorofluorocarburi (CFC), intervenuta con la sottoscrizione da parte di 192 Paesi del Protocollo di Montreal siglato nel 1987 ed entrato in vigore nel 1989.
Ci sono indicazioni positive che lo strato di ozono è sulla buona strada per il recupero verso la metà del secolo – ha affermato il Segretario esecutivo dell’UNEP, Achim Steiner – Il Protocollo di Montreal – Uno dei trattati ambientali di maggior successo al mondo che ha protetto lo strato di ozono stratosferico, evitando una maggiore radiazione di raggi UV sulla superficie terrestre e 2 milioni di casi di cancro della pelle ogni anno al 2030, senza contare i danni agli occhi e al sistema immunitario, nonché alla fauna selvatica e all’agricoltura”.

Nel 1987, le sostanze dannose per l’ozono avevano contribuito alle emissioni climalteranti per i circa 10 miliardi di tonnellate di CO2-equivalenti all’anno. Dopo la sottoscrizione del Protocollo di Montreal tali emissioni si sono ridotte di oltre il 90%, circa cinque volte più grande rispetto al target annuo di riduzione delle emissioni per il primo periodo di impegno (2008-2012) del Protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici.

L’eliminazione delle sostanze che riducono lo strato di ozono ha avuto ricadute positive per il clima globale, tuttavia il rapporto avverte che il rapido aumento di alcuni sostituti, anch’essi potenti gas serra, potrebbe annullare i guadagni conseguiti, rilevando la necessità di ulteriori approcci per evitare che questi provochino effetti climatici dannosi.
In particolare, gli idrofluorocarburi (HFC) contribuiscono attualmente all’emissione di circa mezzo miliardo di tonnellate di emissioni di CO2 equivalente all’anno. La sostituzione degli HFC ad alto potenziale di riscaldamento (GWP) con composti alternativi a basso potenziale con tecnologie innovative potrebbe limitare l’impatto di questo problema.
Il successo ambientale conseguito dall’azione internazionale sullo strato di ozono ci deve incoraggiare a usare lo stesso livello di urgenza e di unità per affrontare la sfida ancora più grande dei cambiamenti climatici – ha osservato il Segretario generale WMO, Michel Jarraud – Questa ulteriore valutazione fornisce ai responsabili politici una solida base scientifica circa l’intricata relazione tra lo strato di ozono e il sistema clima e la necessità di comuni misure di sostegno per proteggere la vita sulla terra per le future generazioni”.

Nei giorni scorsi, in vista del Summit dei Capi di Stato sul Clima di New York (23 settembre 2014), indetto dal Segretario dell’ONU Ban Ki-moon, nel tentativo di catalizzare l’azione globale sul clima, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale aveva pubblicato il suo annuale Greenhouse Gas Bulletin dove si evidenziava che la quantità di gas serra nell’atmosfera ha raggiunto un nuovo record nel 2013, spinto dall’aumento di CO2.
Le attività umane continueranno a cambiare la composizione dell’atmosfera – ha concluso Jarraud – Il Programma Global Atmosphere Watch del WMO, pertanto, continuerà la sua importante attività di monitoraggio, ricerca e valutazione per fornire i dati scientifici necessari per comprendere e, infine, prevedere i cambiamenti ambientali, come ha fatto nel corso dei trascorsi 25 anni”.

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