Nel corso del Workshop “La plastica in Italia: vizio e virtù”, a cui hanno partecipato rappresentanti del settore pubblico e privato, della politica, dell’accademia e della società civile, ECCO, il think tank italiano sul clima, ha presentato un rapporto sulla decarbonizzazione della filiera italiana della plastica, redatto in collaborazione con le Università di Palermo e Padova, il Cluster Spring e Greenpeace, che analizza le criticità, le soluzioni e gli scenari futuri, consentendo al settore di rimanere competitivo e, allo stesso tempo, rimanere allineato con gli obiettivi di neutralità climatica al 2050.
L’Italia è il secondo consumatore di plastica a livello europeo: nel 2020 nel nostro Paese sono state consumate 5,9 milioni di tonnellate di plastica, pari a 98,6 kg per persona. Le materie plastiche vengono impiegate in molteplici applicazioni, tra cui imballaggi (che coprono il 42% del consumo di plastica nazionale), edilizia (12%), automotive (7%) ed elettrodomestici e elettronica (6%). Sul territorio nazionale le aziende che producono polimeri sono poche, mentre sono numerose quelle che li lavorano e li trasformano in prodotti finali. Complessivamente l’industria italiana della plastica ha un fatturato di circa 25 miliardi di euro e un’occupazione di oltre 130.000 addetti.
Il 7 aprile 2022 nel corso di un workshop è stato presentato da ECCO, think tank italiano, indipendente e senza fini di lucro, dedicato ai temi del cambiamento climatico e della transizione energetica. lo studio “La plastica in Italia: vizio o virtù”, realizzato in collaborazione con l’Università di Palermo. l’Università di Padova, Spring (cluster italiano della Bioeconomia Circolare) e Greenpeace.
L’’obiettivo è di avviare un confronto con rappresentanti del settore pubblico, privato, dell’accademia, della politica e della società civile sugli elementi essenziali e i prossimi passi per una strategia per la decarbonizzazione della filiera della plastica, che permetta al settore di rimanere competitivo a livello europeo e internazionale, ma che allo stesso tempo sia allineato con gli obiettivi di neutralità climatica al 2050.
Al momento, secondo ECCO, la visione politica per questo comparto industriale è insufficiente e questo vuoto va colmato al più presto per dare un indirizzo chiaro agli attori del settore. Il grande ricorso agli imballaggi e la mancanza di proposte legislative nella filiera dell’usa e getta sono due esempi di come si rischi di non orientare l’industria italiana verso attività economiche compatibili con gli obiettivi climatici di lungo periodo.
“Il supporto all’industria italiana deve orientarsi alla costruzione di un’economia circolare in linea con la decarbonizzazione – ha dichiarato Matteo Leonardi, Co-fondatore e Direttore Esecutivo Affari Domestici di ECCO – Servono soluzioni normative per la riduzione dell’utilizzo della plastica e l’incremento del riuso e del riciclo, norme precise sull’usa e getta ed una normativa sul deposito cauzionale che abbia già in mente gli obiettivi europei. È in quest’ottica che va vista la transizione verso l’utilizzo di nuove tecnologie, come le bioplastiche di origine vegetale, per le quali devono essere progressivamente aperti i mercati delle plastiche di origine fossile, prevalentemente di importazione, dannose per l’ambiente e il clima”.
ECCO individua 3 pilastri sui quali fondare la decarbonizzazione della filiera della plastica:
1. Riduzione dei consumi, in particolare nelle applicazioni usa e getta in linea con le politiche di sempre più Paesi e con la risoluzione approvata lo scorso 2 marzo a Nairobi durante l’Assemblea per l’ambiente delle Nazioni Unite (UNEA-5.2).
– Quale è l’obiettivo di riduzione di consumo di materie plastiche in uno scenario di decarbonizzazione?
– Quali le politiche a supporto?
2. Aumento della vita utile della plastica da materia prima fossile attraverso il riciclo della plastica presente sul mercato. Ad oggi in Italia solo il 31% dei rifiuti plastici viene avviato al riciclo.
– Com’è possibile migliorare il riciclo dei rifiuti?
– Quali sono le criticità che lo limitano?
– Quali le necessità delle aziende che operano in questo settore?
3. Sostituzione della materia prima fossile con quella vegetale.
– Quali sono le potenzialità delle plastiche biobased in quelle applicazioni dove non è possibile eliminare o sostituire la plastica con altri materiali?
Sono stati elaborati due scenari al 2050 relativi al consumo di plastica in Italia e alle emissioni di CO2 eq associate a tali consumi:
– nello scenario politiche correnti (business-as-usual) si ipotizza che il consumo di plastica aumenti del 5% ogni sei anni, come osservato negli anni 2011-2017;
– nello scenario migliore (best case) si assume invece che, grazie all’eliminazione dell’eccesso di imballaggio (overpackaging) e alla riduzione dei consumi di imballaggi monouso in plastica e dei consumi di plastica anche negli altri settori, si riesca a invertire il trend di crescita dei consumi (3,8 Mt nel 2050).
Emissioni associate a tali consumi di plastica.
Nello scenario politiche correnti si ipotizza che ancora più della metà della plastica immessa sul mercato italiano sia fossile e che la restante plastica derivi da materiale riciclato o biobased. Considerando il fine vita la vita fine, si ipotizza che il 70% dei rifiuti plastici post-consumo vengano riciclati; il resto dei rifiuti viene destinato alla termovalorizzazione o al compostaggio industriale. In tale scenario si ottiene una riduzione delle emissioni del 9% rispetto al 2020.
Nello scenario best case si ipotizza che sul mercato italiano non venga più immessa plastica di origine fossile, ma solamente prodotta da materiale riciclato e plastica biobased. Accogliendo le sollecitazioni europee verso l’annullamento del deposito in discarica e la riduzione delle emissioni di CO2 tramite incenerimento, si ipotizza che più del 90% dei rifiuti plastici venga riciclato grazie a importanti miglioramenti nella raccolta, nella selezione e nel riciclo della plastica. In questo scenario si raggiunge una riduzione delle emissioni del 98% rispetto al 2020.
Scenario best case molto ambizioso
Per raggiungere risultati dello scenario best case è necessario mettere in atto vari strumenti di policy che permettano innanzitutto di invertire la tendenza di crescita dei consumi e che, allo stesso tempo, consentano alle plastiche riciclate e biobased di occupare segmenti di mercato sempre più ampi.
Il sistema di deposito su cauzione è, ad esempio, uno strumento efficace per incrementare i tassi di riuso e riciclo degli imballaggi. Nei paesi dove questo sistema per il riciclo è obbligatorio per legge, si raggiungono tassi di raccolta dei contenitori per bevande anche del 94%.
Anche l’introduzione di strumenti di tipo regolamentare per incoraggiare la transizione dall’usa e getta verso prodotti riutilizzabili gioca un ruolo decisivo tra le politiche adottate o in via di adozione in diversi paesi europei. Tali strumenti potrebbero essere inseriti anche nel mix di misure nazionali, evitando che gli strumenti per il contrasto del monouso in plastica lascino integro il modello dell’usa e getta. Prendendo come esempio la legislazione francese, anche in Italia si potrebbe introdurre un target di riutilizzo per tutte le tipologie d’imballaggi commercializzati del 5% entro il 2023 e del 10% entro il 2027. Tale obiettivo può poi gradualmente essere incrementato negli anni successivi.
Per migliorare la qualità del riciclato e diminuire l’esigenza di plastica vergine è possibile intervenire a monte, con un eco-design del prodotto che punti a una semplificazione delle composizioni dei polimeri e del disassemblaggio dei prodotti in componenti omogenee dal punto di vista del polimero costituente. Queste strategie permettono di migliorare il riciclo meccanico di molti manufatti in plastica, consentendo sia di aumentare i tassi di riciclo, sia di produrre prodotti secondari di più elevata qualità.
Per mantenere l’industria italiana competitiva, per tutelare l’occupazione e per l’indirizzare le aziende verso attività economiche che siano compatibili con gli obiettivi di neutralità climatica di lungo termine è necessario anche agire sul lato domanda, favorendo la creazione di un mercato e di una domanda di materie prime seconde e di plastiche biobased, ad esempio, con appositi requisiti da adottare negli appalti pubblici.