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Gli obiettivi al 2030 per la riduzione dei rischi da disastri naturali

obiettivi al 2030 per riduzione rischi da disastri naturali

Dopo una maratona negoziale che si è protratta fino a tarda sera, i 6.500 partecipanti alla 3a Conferenza mondiale dell’ONU sulla Riduzione dei Disastri Naturali (WCDR),  tra cui i 2.800 delegati di 187 Paesi, hanno raggiunto un accordo, non vincolante, per il nuovo Piano di Azione per i prossimi 15 anni, che aggiorna il precedente, giunto alla sua scadenza.

Se nel 2005 a Hyogo (Giappone) la 2a Conferenza adottò il Piano decennale per la prevenzione dei Disastri Ambientali (2005-2015) 3 settimane dopo la tragedia dello tsunami che aveva devastato le coste del sud-est asiatico, causando 230mila vittime, quella che si appena conclusa a Sendai (Giappone) era iniziata con le notizie che giungevano da Vanuatu e che sono riecheggiate nella sala dell’evento per l’appello di aiuti rivolto alla comunità internazionale dal parte di Baldwin Lonsdale, Presidente del piccolo Stato insulare del Pacifico dove il ciclone Pam ha spazzato via abitazioni e infrastrutture, causando alcune decine di morti (al momento il numero non è ancora definito per l’impossibilità di raggiungere tutte le 83 isole ) ed oltre 100.00 senzatetto (il 40% della popolazione del piccolo Stato insulare del Pacifico).
C’è da rammentare, poi, che la location scelta per l’evento è tristemente conosciuta all’opinione pubblica mondiale per essere stata vittima nel 2011 di un grave terremoto e, soprattutto, di un conseguente tsunami, che hanno causato tra morti e dispersi oltre 20.000 vittime, con effetti disastrosi non del tutto definiti per le conseguenze connesse al disastro nucleare della centrale di Fukushima.

Ma i dati diffusi nel corso della Conferenza sul decennio concluso e coperto dallo Hyogo Framework for Action, non sono confortanti: 700.000 persone hanno perso la vita, 1,5 miliardi sono state colpite da disastri e i danni economici conseguenti hanno raggiunto 1.400 miliardi di dollari.
Due terzi delle attuali catastrofi naturali derivano dai cambiamenti climatici – ha sottolineato il Ministro degli Esteri della Francia, Laurent Fabius che sarà il Presidente della COP21 di Parigi di dicembre, intervenendo alla Conferenza di Sendai – Il doppio rispetto a 20 anni fa. Dobbiamo affrontare assieme questi due problemi e non separatamente. Un successo qui a Sendai potrebbe costituire un prodromo per quello di Parigi”.

Proprio perché i due aspetti sono intimamente connessi, si sono riproposte le stesse criticità negoziali:
– da un lato, i Paesi più vunerabili avrebbero voluto degli obblighi vincolanti con target precisi, al fine di far decollare gli aiuti finanziari internazionali per la riduzione dei rischi, senza dei quali non possono progredire verso lo sviluppo sostenibile;
– dall’altro, i Paesi più ricchi non si sono assunti impegni finanziari (solo il Giappone ha messo sul tavolo 4 miliardi di dollari in 4 anni), rinviando a futuri negoziati la questione.
Come capita in queste occasioni, tuttavia, le dichiarazioni ufficiali tendono a sminuire la portata del disaccordo ed enfatizzare gli aspetti di concordia.
Così, “L’adozione di questo nuovo accordo quadro per la riduzione del rischio di catastrofe – ha dichiarato nel comunicato stampa diffuso a conclusione della Conferenza, Margareta Wahlström, Rappresentante speciale del Segretario ONU per la riduzione dei rischi di catastrofe e a capo dell’UNISDR – apre un nuovo importante capitolo per lo sviluppo sostenibile, in quanto delinea gli obiettivi e le priorità per l’azione che porterà ad una sostanziale riduzione del rischio di disastri e di perdite in vite, mezzi di sussistenza e salute. La sua attuazione sarà essenziale per il raggiungimento di accordi sugli obiettivi di sviluppo sostenibile e quelli sui cambiamenti climatici”.

Il Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030 punta su 7 obiettivi globali da raggiungere entro il 2030:
– sostanziale riduzione della mortalità e del numero delle persone colpitein conseguenza di disastri;
– contenimento dei danni diretti all’economia in termini di PIL;
– aumento rilevante dell’accesso ai sistemi d’allarme rapido sui molteplici rischi;
– riduzione sostanziale dei danni causati alle infrastrutture critiche
– aumento considerevole del numero di Paesi dotati di strategie nazionali e locali di limitazione del rischio da catastrofi entro il 2020;
– miglioramento della cooperazione internazionale verso i Paesi in via di sviluppo attraverso un sostegno adeguato;
– soluzioni al “climate change” come uno dei fattori dei rischi catastrofali.

Nel Documento finale (Sendai Declaration), inoltre, si chiede a tutte le parti interessate di agire, nella consapevolezza che la realizzazione del nuovo quadro dipende dai nostri sforzi collettivi incessanti e instancabili per rendere il mondo più sicuro dal  rischio di catastrofi nei decenni a venire a beneficio delle presenti e future generazioni.

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