Risorse e rifiuti Sostenibilità

In 40 anni l’estrazione globale di materie prime è triplicata

estrazione globale materie prime triplicata

Con gli attuali ritmi di estrazione delle materie prime, alimentati dall’aumento dei consumi della classe media in crescita, entro il 2050 ci sarà bisogno di 180 miliardi di tonnellate di materiali ogni anno, pari al triplo delle attuali necessità, con conseguenze sull’intensificazione dei cambiamenti climatici, sull’aumento dell’inquinamento atmosferico, sulla riduzione della biodiversità, fino all’esaurimento delle stesse risorse natprevisiurali, causando la penuria di materie prime critiche e i rischi di conflitti locali.

Questa drammatica previsione è contenuta nel Rapporto “Global Material Flows and Resource Productivity  dell’International Resource Panel (IRP).

L’ IRP, un Gruppo di 34 scienziati di fama mondiale di 30 diversi Paesi istituito nel 2007 dall’UNEP (Programma Ambiente delle Nazioni Unite), pubblica rapporti indipendenti che vengono utilizzati e richiamati da organizzazioni internazionali, governi nazionali, organismi di ricerca, mondo accademico, dell’industria e della società civile, al fine di pianificare nuove politiche che tengano in considerazione il consumo delle risorse, una produzione efficiente e sostenibile e la dissociazione tra crescita economica e degrado ambientale.

Il ritmo allarmante con il quale sono ora estratti i materiali sta già avendo un grave impatto sulla salute e qualità della vita delle persone – Alicia Bárcena Ibarra, co-Presidente dell’IRP (l’altro è l’ex Commissario all’Ambiente della Commissione UE, Janez Potočnik)  – Ciò dimostra che i modelli prevalenti di produzione e consumo non sono sostenibili. Abbiamo urgente bisogno di affrontare questo problema prima che le risorse che alimentano le nostre economie e sollevano le persone dalla povertà siano irrimediabilmente finite. Questo problema profondamente complesso, costituisce una delle più grandi sfide di fronte all’umanità, richiedendo un ripensamento della governance dell’estrazione di risorse naturali, per massimizzare il suo contributo allo sviluppo sostenibile a tutti i livelli“.

Le informazioni sui flussi di materiali contenuti nel nuovo rapporto integrano le statistiche economiche, identificano la portata e l’urgenza delle problematiche ambientali globali e supportano il monitoraggio dei progressi che i Paesi stanno compiendo verso il conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS).

La quantità di materie prime estratte dalla Terra è passata dai 22 miliardi di tonnellate del 1970 alla cifra impressionante di 70 miliardi di tonnellate nel 2010, con i Paesi più ricchi che consumano in media 10 volte più materiali dei Paesi più poveri e il doppio della media mondiale.

Il Rapporto classifica i Paesi anche dalle dimensioni dell’impronta pro-capite di materiali (il Mf, material footprint), un indicatore che mette in evidenza luce il vero impatto di un Paese sulla disponibilità di risorse naturali globali e, quindi, il livello di vita del Paese.

L’Europa e il nord America che hanno avuto un Mf nel 2010 rispettivamente di 20 e 25 tonn. si collocano ai vertici della classifica, mentre Cina e Brasile hanno evidenziato un Mf di 14 e 13 tonn.
A livello regionale,  in Asia-Pacifico, America Latina, Caraibi, e Asia occidentale è stato tra le 9 e le 10 tonnellate, mentre in Africa è risultato di appena 3 tonn, con il risultato e, infine, sotto le 3 tonnellate/anno procapite in Africa.

Il consumo globale di materie prime ha rapidamente accelerato dal 2000, allorché le economie emergenti, come la Cina, hanno intrapreso trasformazione della struttura industriale e urbana che ha richiesto una quantità senza precedenti di materiali ferrosi, di acciaio, cemento, energia e di materiali edili.
Dal 1990, ci sono stati scarsi miglioramenti dell’efficienza globale delle materie prime, per poi declinare attorno al 2000. Ora, l’economia globale ha bisogno di maggior quantità di materiali per unità di PIL di quanto non ne occorresse alla fine del secolo scorso, perché la produzione si è spostata dalle economie ad alta efficienza di materiali, come il Giappone, la Corea del Sud e l’ Europa, verso le economie dei Paesi meno efficienti come Cina, India e Sud-est asiatico, con conseguente aumento della pressione ambientale per ogni unità di attività economica.

Il Rapporto, inoltre, indica i diversi modi con cui il mondo potrebbe mantenere una crescita economica e aumentare lo sviluppo umano, riducendo la quantità di materie prime utilizzate per raggiungere questo obiettivo.

Il disaccoppiamento (decoupling) tra consumo dei materiali e crescita economica è “l’imperativo della moderna politica ambientale ed essenziale per il benessere della società umana e la salute dell’ambiente naturale“.

Il disaccoppiamento sarà anche necessario per far sì che i Paesi conseguano gli OSS che richiedono politiche ben progettate. Saranno determinanti, inoltre, gli investimenti in ricerca e sviluppo, in combinazione con una migliorata politica pubblica e di finanziamenti, che creeranno opportunità economiche significative per la crescita inclusiva e sostenibile e la creazione di posti di lavoro.

Ma l’aumento dell’efficienza dei materiali da solo non basta. L’abbassamento dei costi per effetto della maggiore efficienza consentirà una crescita economica più elevata, ma potrebbe ostacolare gli sforzi per ridurre la domanda di materiali nel complesso. Per ridurre il consumo di risorse, l’IRP raccomanda di mettere un prezzo sulle materie prime al momento della loro estrazione per riflettere i costi sociali e ambientali correlati al loro prelievo e consumo. delle risorse e l’utilizzo, riducendo il consumo di materie. I fondi extra generati potrebbero poi essere investiti in R & S nei settori economici ad alta intensità di risorse.

Guardando al futuro, l’IRP avverte, inoltre, che i Paesi a basso reddito per raggiungere lo stesso livello di sviluppo di quelli ad alto reddito, aumenteranno la domanda di materie prime, contribuendo con ogni probabilità all’insorgere di conflitti locali come quelli visti di recente nelle aree le attività minerarie competono  con l’agricoltura e lo sviluppo urbano.

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