Cambiamenti climatici Clima Inquinamenti e bonifiche

Le capitali europee strette nella morsa delle ondate di calore

capitali europee ondate di calore

Le ondate di calore stanno aumentando in frequenza, intensità e durata nelle città europee, come anche l’Italia si sta drammaticamente accorgendo, stretta com’è nella morsa di caldo e siccità, e si tratta di un fenomeno destinato a non lasciarci a breve, sotto la spinta dei cambiamenti climatici.
Questo messaggio è contenuto nello Studio “Increasing Heatwave Hazards in the Southeastern European Union Capitals“, pubblicato sulla rivista Atmosphere da quattro strutture di ricerca fiorentine: Istituto di biometeorologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibimet-Cnr); Centro di bioclimatologia dell’Università di FirenzeConsorzio LaMMA ovvero Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale specializzato in servizi di meteorologia e di climatologia; Accademia dei Georgofili, la storica istituzione che, oltre ai tradizionali studi sull’agricoltura, dedica oggi le sue analisi ai grandi problemi creati dall’uso talvolta dissennato del territorio e ai profondi cambiamenti ambientali in corso, presieduta dal Climatologo Giampiero Maracchi.

Benché non esista una definizione universalmente accettata, le ondate di calore sono intese come periodi di tempo insolitamente caldo e secco, o caldo e umido, che hanno una insorgenza acuta, una durata di almeno due o tre giorni, e di norma un impatto percepibile sull’uomo e la natura. Poiché non vi è alcun valore universale assoluto per definire il calore estremo, le ondate di caldo sono relative al clima di un luogo: le medesime condizioni meteorologiche possono quindi costituire un’ondata di caldo in uno, ma non in un altro.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), le ondate di calore sono un pericolo naturale pervasivo che richiede grande attenzione. Pur non avendo la violenza spettacolare e improvvisa di altri fenomeni meteorologici estremi, come i cicloni tropicale e le inondazioni, le ondate di calore possono avere conseguenze altrettanto gravi. Storica è stata la durata dell’ondata di calore che ha colpito l’Europa nel 2003, raggiungendo il suo apice nei primi 15 giorni di agosto, che fece seguito ad una primavera ed un inizio dell’estate particolarmente siccitosi, che ha fatto 70.000 vittime in più, rispetto alla media degli anni precedenti.

La ricerca ha monitorato l’andamento delle ondate di calore nelle 28 capitali dell’Unione Europea, utilizzando i dati del periodo maggio-settembre dal 1980 al 2015, e il risultato è che “La maggior parte delle capitali ha evidenziato trend positivi della frequenza, durata e intensità delle ondate di calore e un generale anticipo della prima ondata stagionale, con differenze di impatto a livello geografico – ha spiegato Marco Morabito dell’Ibimet-Cnr, Coordinatore della ricerca – Nel sotto-periodo 1998-2015 sono stati osservati, in confronto al 1980-1997, aumenti di durata e intensità delle ondate in oltre il 60% delle capitali europee, in particolare di area centro e sud-orientale: da una frequenza dei giorni di ondata di calore del 7-8% dei giorni estivi al 12-14%“.

Percentuale dell’indicatore “Heatwave Hazard Index” (Hwhi) nel periodo 1998-2015 rispetto al periodo 1980-1997 nelle capitali dei 28 Stati membri dell’UE. La legenda indica cinque classi di variazione dell’indicatore Hwhi (%). In rosso è evidenziata l’area geografica con le capitali europee che hanno mostrato incrementi di Hwhi superiori al 100% (Fonte: CNR).

Per sintetizzare i vari aspetti delle ondate di calore, i ricercatori hanno calcolato un indicatore chiamato Heatwave Hazard Index (Hwhi), che permette di analizzare contemporaneamente tutte le specifiche del loro impatto: il numero di giorni, il numero delle ondate di calore lunghe e intense e la data della prima.Il risultato mette l’Italia al centro dell’aumento delle ondate di calore, ma in Europa c’è già chi sta peggio.
L’Hwhi è raddoppiato a Vienna, Budapest, Lubiana e Nicosia, triplicato a Zagabria e Atene – ha proseguito Morabito – A Roma l’indice è raddoppiato nel 1998-2015 rispetto al periodo precedente e in particolare la frequenza dei giorni di ondata è passata dal 5 al 13%”. Abbiamo notato che le differenze di impatto delle ondate di calore nei periodi studiati sono associate a due configurazioni climatiche completamente differenti. Nei primi 18 anni le zone dell’Europa occidentale e settentrionale mostravano i più alti livelli di Hwhi, mentre le aree dell’Europa meridionale e sud-orientale presentavano valori più bassi e maggiore instabilità atmosferica. Nel secondo periodo, invece, si è verificata una situazione diametralmente opposta, con una sensibile persistenza dei sistemi di alta pressione, e quindi di gran caldo, sulle zone dell’Europa meridionale e soprattutto sud-orientale“.

Dal Cnr sottolineano la necessità di programmare strategie di mitigazione e adattamento al caldo: “Sarebbe utile – ha concluso Morabito – limitare l’uso dei condizionatori e in generale dell’elettricità, ridurre i livelli di emissione di calore dagli autoveicoli, intensificare le aree verdi in ambiente urbano, riducendo l’impermeabilizzazione dei suoli, ricorrere all’uso dei green-roof (tetti con vegetazione) e dei cool-roof (tetti freddi), questi ultimi realizzati con materiali altamente riflettenti ed emissivi che riducono le temperature. Predisporre centri per il raffrescamento in città, come le fontane, aiuta infine a moderare le fluttuazioni di temperatura e a formare microclimi favorevoli“.

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.