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Rapporto AEA: in Italia nel 2012 calo record delle emissioni

Rapporto AEA in Italia nel 2012 calo record delle emissioni

Dall’annuale Rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente si evidenzia che nell’UE è proseguito anche nel 2012 il taglio delle emissioni, anche grazie all’impressionante riduzione del nostro Paese (45% di quella totale dell’UE), conseguendo di fatto l’obiettivo del -20% rispetto al 1990, con otto anni di anticipo.

Le emissioni di gas a effetto serra dell’Unione europea hanno continuato a scendere nel 2012 di un ulteriore 1,3%, raggiungendo il 19,2% rispetto al 1990.
È questo il dato che emerge dall’Annual European Union greenhouse gas inventory report 2014 che l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) ha  trasmesso alle Nazioni Unite secondo quanto previsto dalla Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici e nell’ambito del Protocollo di Kyoto.

Le emissioni sono diminuite dal 1990 di 1.082 Mt, pari alle emissioni combinate  di Gran Bretagna e Italia. Peraltro, proprio l’Italia è stata il Paese in cui la riduzione è stata maggiore con un taglio del 45% nel 2012 di quelle totali dell’UE, dovute soprattutto, dice l’EEA, alle riduzioni delle emissioni nei trasporti e nell’industria.
Secondo l’Agenzia, infatti, l’analisi tecnica dell’andamento delle emissioni
mostrerebbe che le variazioni del PIL, per esempio la crescita o la recessione, possono spiegare fino a un terzo della variazione delle emissioni totali di gas a effetto serra a partire dal 1990, ma durante i periodi di recessione (compreso il periodo 2008-2012), le variazioni del PIL possono spiegare meno del 50% della riduzione delle emissioni osservate per l’UE nel suo complesso. Altri fattori e politiche avrebbero giocato un ruolo almeno egualmente importante nella riduzione delle emissioni, tra cui la crescita sostenuta e forte nelle energie rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica.
Anche se il PIL è un fattore significativo delle variazioni di emissioni di gas serra su base annua, il PIL e le emissioni di gas serra mostrerebbero un assoluto “disaccoppiamento” (decoupling) rispetto al 1990. Mentre il PIL è aumentato del 45% dal 1990, le emissioni sono diminuite del 19%, dimezzando l’ “intensità di emissione” dell’UE e il volume delle emissioni generate per ogni euro di PIL. Inoltre, le intensità di emissione degli Stati membri sono state convergenti, dal momento che le emissioni pro-capite di gas ad effetto serra nell’UE sono diminuite di quasi un quarto dal 1990, passando da 12 a 9 tonnellate.
Di contro al generale andamento al ribasso delle emissioni a partire dal 1990, in Gran Bretagna e Germania le emissioni nel 2012 sono aumentate a causa del maggiore ricorso ai combustibili solidi.

L’Unione europea ha dimostrato che non vi è alcun conflitto tra un’economia in crescita e le politiche per ridurre le emissioni di gas serra che sono state al centro di questo successo – ha dichiarato Hans Bruyninckx, Direttore esecutivo dell’EEA – Abbiamo bisogno di andare anche oltre, ma questo dipenderà da come i Paesi attueranno le politiche che già contrassegnano un percorso verso una società a basse emissioni di carbonio e sicura dal punto di vista energetico”.

Peraltro, il trend di riduzione sembra che sia proseguito anche nel 2013 sulla base delle prime stime effettuate sui dati delle emissioni dell’ETS (Emissions Trading System) e di Eurostat.
Se l’obiettivo posto dal Pacchetto “Clima-Energia” al 2020, di conseguire una riduzione del 20% le emissioni di gas serra a livello di UE, è stato di fatto raggiunto con otto anni di anticipo, non è difficile prevedere che anche l’obiettivo del 40% al 2030 indicato nella Raccomandazione della Commissione UE sulla nuova Proposta “Clima-Energia” al 2030 non dovrebbe costituire un ostacolo, anche in presenza di una ripresa economica, nonostante le preoccupazioni delle Associazioni industriali che temono che i nuovi obiettivi possano minare la competitività delle imprese europee sui mercati internazionali.

Se si vuol recuperare la leadership dell’UE per le azioni di contrasto ai cambiamenti climatici, anche in considerazione della Conferenza UNFCCC che si svolgerà a Parigi a fine 2015, in cui  dovrà vedere la luce un nuovo protocollo che rimpiazzi quello di Kyoto e che entrerà in vigore nel 2020, bisogna pur dare segnali di obiettivi ambiziosi. Non è casuale che dopo l’annuncio del Piano statunitense di ridurre del 30% entro il 2030 le emissioni delle centrali elettriche rispetto ai livelli del 2005, il giorno dopo, nel corso di una Conferenza a Pechino, He Jiankun, a capo dell’Advisory Committee on Climate Change ha annunciato che la Cina metterà un tetto alle emissioni entro questo decennio.

Sono segnali positivi in vista della Conferenza di Parigi – ha subito  twittato Connie Hedegaard, Commissario UE di Azione per il Clima – Ma per rimanere sotto la soglia dei +2 °C, tutti i Paesi devono fare di più per essere nella traiettoria di tale obiettivo”.

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