Cibo e alimentazione

Dieta planetaria: per ridurre deforestazione ed emissioni

Un nuovo studio di ricercatori italiani, guidato da Fondazione CMCC, analizza come la futura domanda globale di olio vegetale potrebbe avere un impatto sulle foreste e sugli ecosistemi, aggiungendo un importante punto di vista al dibattito sulla dieta planetaria sostenibile. Nel frattempo un altro dibattito si sta accendendo per l’eventuale inserimento degli oli vegetali nei carburanti alternativi ai combustibili fossili per la navigazione marittima.  

La dieta planetaria raccomandata dalla Commissione EAT-Lancet Diet, volta a ridurre gli alimenti ad alta intensità di risorse come carne, verdure amidacee e uova, suggerendo al contempo un aumento del 67% del consumo globale pro capite di oli insaturi (ad esempio, soia, girasole, colza) e il mantenimento dell’attuale assunzione di olio di palma, potrebbe avere un impatto su foreste, altri ecosistemi ricchi di carbonio e aumento delle emissioni di gas serra associate al cambiamento nell’uso del suolo.

È quanto evidenzia lo Studio “Pressure on Global Forests: Implications of Rising Vegetable Oils Consumption Under the EAT-Lancet Diet”, pubblicato il 20 febbraio 2025 su Global Change Ecology e condotto da ricercatori del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici(CMCC) e del Politecnico di Milano– Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale.

La “dieta planetaria”, proposta dalla Commissione EAT-Lancet che ha riunito 37 dei principali esperti mondiali di nutrizione e sostenibilità mira a ridurre il consumo di alimenti ad alta intensità di risorse, come carne e uova, aumentando al contempo l’assunzione pro capite globale di oli insaturi (come soia, girasole e colza) del 67% e mantenendo gli attuali livelli di consumo di olio di palma.

Utilizzando un algoritmo di allocazione dei terreni spazialmente esplicito, lo studio dei ricercatori italiani ha valutato come la popolazione globale di 9,2 miliardi di persone prevista entro il 2050 potrebbe influenzare la domanda di oli vegetali e i relativi impatti ambientali sugli ecosistemi ricchi di carbonio e sulle emissioni dovute al cambiamento di destinazione dei terreni.

Il costo ambientale dell’aumento della domanda di olio vegetale
Entro il 2050, si prevede che la produzione mondiale di olio vegetale per uso alimentare aumenterà del 74%, richiedendo 317 milioni di ettari di terreno, il 68% in più rispetto a quanto accadrebbe se si mantenessero gli attuali livelli di consumo. Questa espansione potrebbe portare a una deforestazione su larga scala, con la perdita di 120 milioni di ettari di foreste e un aumento dell’87% delle emissioni dovute al cambiamento di destinazione d’uso dei terreni, che raggiungerebbero 1.210 megatonnellate di CO₂ all’anno. Tuttavia, la riduzione proposta dalla dieta planetaria di EAT-Lancet di altri alimenti ad alto impatto potrebbe contribuire a liberare terreno e a ridurre le emissioni globali legate all’alimentazione.

Secondo lo studio, sostituire l’olio di palma con oli vegetali alternativi aumenterebbe ulteriormente la richiesta di nuovi terreni fino a 385 milioni di ettari, aumentando il rischio di deforestazione. Per mitigare questi impatti, garantire una produzione di olio vegetale sostenibile e senza deforestazione è fondamentale per proteggere gli ecosistemi ricchi di carbonio.

Una nuova prospettiva sull’olio di palma e la sostenibilità
L’olio di palma rimane al centro dei dibattiti sulla sostenibilità a causa della sua associazione con la deforestazione. Tuttavia, questo studio, continuando il lavoro di ricerche precedenti condotte nell’ambito del Progetto COBHAM, finanziato dall’European Research Council (ERC), evidenzia che sostituire l’olio di palma con oli alternativi potrebbe avere conseguenze ambientali non volute, tra cui un aumento della pressione sull’uso del suolo, della deforestazione e delle emissioni di gas serra.

Uno dei risultati principali di questo studio evidenzia il ruolo cruciale di garantire una produzione sostenibile per tutti gli oli vegetali, insieme alla crescente importanza degli schemi di certificazione per catene di approvvigionamento prive di deforestazione – ha affermato l’autrice principale Maria Vincenza Chiriacò, responsabile della linea di ricerca sulla neutralità climatica nel settore dell’uso del suolo e in relazione agli obiettivi di politica climatica presso il CMCC – Secondo la Roundtable sull’olio di palma sostenibile, 4,8 milioni di ettari – circa il 19% della produzione globale di olio di palma – sono certificati come sostenibili, il che significa che non contribuiscono alla deforestazione provocata dall’agricoltura. Espandere gli sforzi di sostenibilità all’intero settore dell’olio di palma e ad altri oli vegetali è essenziale per prevenire la perdita di biodiversità e la conversione di terreni ricchi di carbonio, garantendo così un consumo sostenibile di olio nelle nostre diete”.

Risultati innovativi sui sistemi alimentari e sulle politiche climatiche
Lo studio fa luce sull’impatto, spesso trascurato, della produzione di olio vegetale sulla conversione dei terreni e sulla deforestazione. Inoltre, esplora le conseguenze ambientali della sostituzione dell’olio di palma – un tema su cui la letteratura scientifica attuale è carente – fornendo nuovi spunti di riflessione sui compromessi necessari per passare a un sistema alimentare globale più sostenibile.

I nostri risultati sottolineano che la crescente pressione sulle risorse terrestri e sugli ecosistemi richiede un’azione immediata per garantire che l’espansione agricola non avvenga al prezzo del degrado ambientale – ha dichiarato a sua volta M. Cristina Rulli, Professoressa di idrologia e sicurezza alimentare e idrica al Politecnico di Milano – Politiche efficaci dovrebbero allineare la crescita economica con la conservazione dell’ambiente, incoraggiando metodi di produzione sostenibili e comportamenti consapevoli dei consumatori per contribuire a proteggere il nostro pianeta per le generazioni future”.

Poiché la domanda globale di oli vegetali continua ad aumentare, lo studio evidenzia l’urgente necessità di politiche integrate che promuovano pratiche agricole prive di deforestazione, una gestione sostenibile dei terreni e scelte di consumo responsabili.

Lo studio arriva nel momento in cui si stanno accendendo polemiche sulle decisioni che l’International Maritime Organization (IMO) sta per assumere a Londra in questi giorni, in merito ai biocarburanti da inserire nei Global Fuel Standard ovvero nell’elenco dei combustibili verdi in sostituzione dei combustibili fossili per i quali prevedere incentivi, nell’ambito della Revised Greenhouse Gas Strategy, con cui l’IMO ha assunto l’impegno di riduzione delle emissioni di gas serra del settore.

Alcune compagnie di navigazione e 60 Ong hanno inviato una lettera all’IMO per chiedere che dall’elenco siano esclusi i carburanti realizzati con olio di palma o di soia. In particolare un report di Transport&Environment  evidenzia un boom di carburanti realizzati con olio di palma o di soia, più economici ma di circa due o tre volte peggiori in termini di impatto ambientale dato che produrli richiede consumo di suolo, genera deforestazione e impatta negativamente sulla biodiversità.

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