Il 1° Rapporto Censis-Federproprietà “Gli italiani e la casa” evidenzia che gli italiani oltre ad essere in Europa tra quelli con il più alto numero di abitazioni di proprietà, sono anche quelli per i quali la proprietà immobiliare è un fattore costitutivo della società, ma per oltre 3 italiani su 4 pesano fortemente sul bilancio familiare i costi di gestione.
Come stanno cambiando ruolo e funzioni della casa per gli italiani nel periodo post-pandemia?
Nel succedersi delle crisi e nell’incertezza pervasiva, quanto è importante per gli italiani la proprietà dell’abitazione in cui vivono?
Quanto le scelte e gli investimenti dei proprietari delle case possono contribuire alla transizione verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale?
E quanto è importante anche per i giovani l’accesso alla proprietà della casa rispetto ad altre forme di possesso e utilizzo?
Sono alcuni dei quesiti a cui cerca di dare risposte il 1° Rapporto “Gli Italiani e la casa” di Federproprietà e Censis, in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti (CDP), presentato da Francesco Maietta, Responsabile area politiche sociali Censis, il 12 dicembre 2022 a Roma e in diretta streaming, che disegna un affresco originale e misura quanto è cresciuto il valore sociale della casa.
Dal Rapporto emerge che il 70,8% delle famiglie italiane è proprietario della casa in cui vive (e il 28,0% di queste è proprietario di altri immobili), l’8,7% gode della casa in usufrutto o a titolo gratuito, il 20,5% vive in affitto.
L’Italia è uno dei Paesi con il più alto numero di proprietari di abitazioni: la proprietà immobiliare è un fattore costitutivo della nostra società, inscritto nel dna degli italiani. La proprietà non è una prerogativa solo dei benestanti: nel quinto delle famiglie più povere, il 55,1% è proprietario dell’abitazione in cui vive e la percentuale aumenta via via fino all’83,9% tra le persone più abbienti.

La percentuale di famiglie proprietarie è più elevata tra le coppie con figli (73,9%) e tra i residenti nelle piccole città (il 76,1% nei comuni piccolissimi, fino a 2.000 abitanti, e il 74,3% in quelli con un’ampiezza demografica tra 2.000 e 10.000 abitanti.
Secondo l’indagine realizzata dal Censis, per il 91,9% degli italiani la casa è un rifugio sicuro, soprattutto dopo l’esperienza del Covid. L’89,7% si sente tranquillizzato dal fatto di essere proprietario dell’abitazione in cui vive. Per l’83,1% la casa riflette anche la propria identità e la propria personalità. Il 54,5% vorrebbe aiutare figli o nipoti ad acquistare la prima casa, perché l’immobile di proprietà resta la pietra angolare della sicurezza economica e esistenziale.
“Dal Rapporto emerge come la funzione sociale della casa si sia evoluta da mero luogo del privato e della relazionalità familiare in una direzione sempre più multifunzionale – ha dichiarato Giovanni Bardanzellu, Presidente di Federproprietà (Federazione Nazionale Proprietà Edilizia) – È aumentato il valore sociale della casa, che però non ha trovato rispondenza nel suo valore economico. Anzi, la casa è oggi vista come una sorta di catalizzatore di tasse e costi, questi ultimi aggravati ulteriormente dalla guerra russo-ucraina che si è innestata sull’economia mondiale già scossa fortemente dalla pandemia. È il momento in cui la politica deve intervenire per eliminare o almeno frenare l’evidente salasso fiscale che tartassa la casa, in modo da sfruttare il suo forte valore sociale per recuperare l’antico valore economico”.
La pandemia ha contribuito a rendere multifunzionali le abitazioni e molte attività continuano a essere svolte in casa. Al 47,1% degli italiani capita ancora di lavorare da remoto (il dato sale al 54,5% tra i giovani di 18-34 anni che lavorano). Il 96,3% degli studenti si dichiara attrezzato per seguire le lezioni in modalità DaD. Ma il 63,0% degli italiani non si si limita a restare in casa solo per svolgere le funzioni essenziali, per poi uscire: addirittura il 78,0% vi trascorre gran parte del tempo libero. In casa gli italiani fanno sport (il 43,7%, il 60,0% dei giovani), cucinano (l’89,3%, il 94,8% dei giovani) e coltivano parte delle loro relazioni sociali (l’84,5%, il 90,9% dei giovani). Al 17,7% degli italiani (il 23,6% tra gli anziani) capita di curarsi in casa o di ricevere assistenza a domicilio.
Per l’87,2% degli italiani gli spazi della propria abitazione sono adeguati e ben suddivisi, e la casa è confortevole. Il 29,5% ha apportato cambiamenti importanti alla propria abitazione a seguito alla pandemia per adeguare gli spazi alle nuove esigenze: lo hanno fatto di più le coppie con figli (36,4%), i 18-34enni (45,6%) e i residenti nelle zone centrali delle grandi città (37,0%). Cresce l’attenzione per la salubrità degli ambienti e la sostenibilità della casa: l’88,9% ritiene salubre la propria abitazione, per l’86,0% ha un effetto positivo sulla propria salute fisica e mentale. L’84,4% è comunque pronto a renderla più sostenibile attraverso il controllo dei consumi energetici. Ma il 71,4% dichiara che la propria abitazione è già dotata di infissi che evitano la dispersione del calore.
Il 51,7% dei proprietari di casa è convinto che il valore della propria abitazione non sia aumentato negli ultimi dieci anni. In effetti, tra il 2010 e il 2019 i prezzi degli immobili residenziali in Italia sono diminuiti del 16,6% (mentre nello stesso periodo nella media dei Paesi europei aumentavano del 19,4%), per poi registrare un rialzo del 4,6% tra il 2019 e il 2021 e un +5,2% nel secondo trimestre del 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Sono però fortemente aumentati i costi legati alla casa (bollette, condominio, ecc.): per il 76,5% degli italiani tali costi pesano “molto” sul budget familiare e per il 71,7% le tasse che ruotano intorno alla proprietà immobiliare sono troppo alte.

Il 5,9% degli italiani vive in condizione di deprivazione abitativa. A questo dato si aggiunge il disagio degli studenti fuori sede, che possono contare su un numero di posti letto pari ad appena l’8% del totale degli studenti fuori sede italiani. Una soluzione innovativa è certamente l’housing sociale, avviato dal Piano nazionale di edilizia abitativa, che prevede un sistema integrato di fondi immobiliari con al centro il Fondo Investimenti per l’Abitare gestito da CDP Immobiliare SGR. L’obiettivo è di mobilitare fino a 4 miliardi di euro sui territori, con la partecipazione di investitori terzi, tramite 29 fondi immobiliari locali per la realizzazione di 20.000 alloggi e 7.500 posti letto in 110 comuni.
“Il Rapporto del Censis, confermando il ruolo della casa come bene rifugio, attribuisce al social housing la capacità di fornire una risposta alle nuove esigenze abitative nazionali – ha osservato Giancarlo Scotti, Direttore Immobiliare di CDP e Amministratore Delegato di CDP Immobiliare Sgr – Da oltre dieci anni CDP, attraverso il Fondo Investimenti per l’Abitare (FIA), ha contribuito a promuovere interventi immobiliari di social housing in Italia, consolidando un modello virtuoso di collaborazione tra istituzioni pubbliche e istituzioni private. La questione abitativa riguarda un numero crescente di famiglie e individui che, pur in presenza di un reddito stabile, riscontrano difficoltà di accesso all’abitazione sul libero mercato, temi ancor più acuiti dalla pandemia e dalla difficile congiuntura economica. Da qui la rilevanza crescente del bene casa nella più ampia configurazione di infrastruttura sociale. Proprio nell’ottica di rafforzare l’impegno di CDP in uno dei campi di intervento previsti nel Piano strategico è stato promosso un nuovo strumento, il Fondo Nazionale dell’Abitare Sostenibile, che intende dare una risposta alle nuove tendenze socio-demografiche stimolando interventi di rigenerazione urbana destinati alle tre S dell’abitare: social, student e senior housing”.