L’annuale Rapporto “Bio in cifre” di ISMEA-SINAB conferma il trend in continua crescita di superfice e operatori del biologico in Italia, saldamente in testa tra i Paesi UE, e registra anche un vero boom del biologico nel carrello della spesa degli Italiani, trainato dall’emergenza del Covid-19.
I consumi domestici di alimenti biologici in Italia raggiungono la cifra record di 3,3 miliardi per effetto di una crescita del 4,4% nell’anno terminante a giugno 2020, sotto la spinta della svolta green degli italiani favorita dall’emergenza del Covid-19.
È quanto emerge dal Rapporto “Bio in cifre 2020” che ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) e SINAB (Sistema di Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica), hanno presentato il 1° ottobre 2020 ad un incontro organizzato da Coldiretti, che registra i principali numeri del settore in Italia: mercato, superfici, produzioni del biologico, con le tendenze e gli andamenti storici.
In Italia il settore del biologico gode di ottima salute: dal 2010 il numero degli operatori è cresciuto del 69%, mentre gli ettari di superficie biologica coltivata sono aumentati del 79%. Secondo le analisi infatti nel 2019 in Italia si è arrivati a sfiorare i 2 milioni di ettari di superfici biologiche, con un incremento rispetto al 2018 di quasi il 2% di SAU (Superficie Agricola Utile). Ciò si è tradotto in 35mila ettari in più in soli 12 mesi: una crescita non solo in termini di superfici ma anche di soggetti coinvolti nel settore, che sono saliti a 80.643 unità, con un incremento rispetto all’anno precedente del (2%)
L’incidenza della superficie biologica nel nostro Paese ha raggiunto nel 2019 il 15,8% della SAU nazionale, e questo posiziona l’Italia di gran lunga al di sopra della media UE, che nel 2018 si attestava al 7,5% e a quella dei principali Paesi produttori come Spagna (10,1%), Germania (9,07%) e Francia (8,06%).
Come per l’agricoltura italiana, il livello compositivo delle superfici resta stabile e definito dai 3 orientamenti produttivi che pesano sul totale per oltre il 60%: Prati pascolo (551.074 ha), Colture foraggere (396.748 ha) e Cereali (330.284 ha). A queste categorie seguono, per estensione, le superfici biologiche investite a Olivo (242.708 ha) e a Vite (109.423 ha).
Tra i Seminativi, che aumentano di poco più di 12 mila ettari, si confermano in crescita le coltivazioni biologiche a Grano duro (6%); Orzo (3%) e Riso (12%); Girasole (26%) e Soia (15%); Erba medica (8%); Pomodori (21%) e Legumi (13%). Tra le colture permanenti sono da rilevare gli incrementi positivi di Olivo e Vite, delle superfici ad Agrumi che tornano ad aumentare, dopo la diminuzione del 2018, di un +3%. Infine, sono interessanti gli incrementi registrati da Mele e Pere, le cui estensioni raggiungono rispettivamente gli 8.235 e 2.788 ettari.
Quanto agli operatori, le Regioni che ne registrano il maggior numero la Sicilia (10.596 unità), la Calabria (10.576 unità) e la Puglia (9.380 unità). Nuove Regioni si affacciano al biologico con incrementi interessanti: è il caso delle Marche (+32%), del Veneto (+13%), del Lazio (+8%) e dell’Umbria (+6%). E se l’Umbria ha confermato nel 2019 una crescita già iniziata nel 2018 (+8%), Regioni come l’Emilia-Romagna (+2%), la Lombardia (+3%) e la Provincia Autonoma di Bolzano (+4%) confermano il trend positivo che avevano fatto registrare nel 2018.
L’evoluzione positiva del settore è confermata anche dai dati sul mercato interno del biologico; secondo le stime ISMEA gli acquisti di prodotti certificati sono aumentati di un +4,4% nel corso dell’ultimo anno, superando i 3,3 miliardi di euro (Ho.re.ca e Green Public Procurement non compresi) e facendo salire l’incidenza complessiva del biologico sul carrello della spesa degli italiani al 4%.
La situazione emergenziale, unita ad un fenomeno già evidente da qualche anno, conferma la spinta che la GDO (Grande Distribuzione Organizzata) sta imprimendo al mercato biologico mostrando, durante il lockdown, un incremento delle vendite nei supermercati del +11%.
I numeri descrivono una situazione eterogenea lungo lo stivale, che vede il Nord del Paese esprimere oltre il 63% del valore e le aree del Sud spendere meno e in altri canali (il 77,5% della spesa bio stimata al Sud passa attraverso il canale tradizionale).
Gli italiani continuano a premiare il biologico nel fresco (frutta +2,1% e ortaggi +7,2%) e in alcune categorie specifiche, da tempo portabandiera del settore (es. uova +9,7%). Durante il lockdown tutti gli ingredienti necessari per la produzione casalinga di pasta o pizza sono andati a ruba (farine bio +92%, base e pizze +63%).
Relativamente alle importazioni di prodotti biologici da Paesi terzi, nel 2019 si è registrato un incremento complessivo del 13,1% delle quantità totali rispetto al 2018. I cereali, le colture industriali e la frutta fresca e secca sono le categorie di prodotto biologico più importate, con un’incidenza rispettivamente del 30,2%, 19,5% e 17,0%. Tale crescita è da attribuire alla sostanziale tendenza positiva dovuta all’aumento del volume importato per la categoria di colture industriali (+35,2%), di cereali (16,9%) e per la categoria che raggruppa caffè, cacao, zuccheri, tè e spezie (+22,8%).
“L’Italia è uno dei maggiori importatori di alimenti biologici da Paesi extracomunitari da dove nel 2019 ne sono arrivati ben 210 milioni di chili di cui quasi un terzo dall’ Asia – ha osservato al riguardo il Presidente di Coldiretti, Ettore Prandini,- Occorre dare al più presto seguito alla raccomandazione della Corte dei Conti europea che invita a rafforzare i controlli sui prodotti biologici importati che non rispettano gli stessi standard di sicurezza di quelli Europei. È necessario intensificare le attività di controllo e certificazione del prodotto biologico in entrata da Paesi extracomunitari anche con un maggiore coinvolgimento delle autorità doganali, al fine di garantire sia i consumatori finali rispetto alla qualità delle produzioni, sia una corretta concorrenza tra produttori intra ed extra UE. L’immissione di prodotti biologici sia subordinata non solo a verifiche documentali, ma anche a ispezioni fisiche e controlli analitici”.
Nel complesso lo stato del biologico italiano mostra che ci sono ampi spazi per dare modo alle imprese agricole e della trasformazione di essere competitive nello sviluppo di attività produttive ed economiche, in chiave di aggregazione, innovazione ed internazionalizzazione.
La Strategia “From Farm to Fork” , cuore del Green Deal eurpeo, “percorso green” per raggiungere, entro il 2050, la neutralità climatica nel nostro continente, vede l’agricoltura protagonista nel suo contributo alla riduzione del 50% dell’utilizzo dei fitofarmaci di sintesi e degli antibiotici, nonché del 20% dei fertilizzanti chimici. Per l’agricoltura biologica l’obiettivo è di raggiungere, come minimo, il 25% della SAU agricola. Un quadro in cui l’Italia non solo sta già facendo la sua parte, ma in cui la reputazione del nostro Paese per la qualità dei prodotti e la serietà dei controlli è già ben alta a livello europeo, come dimostrano appieno i dati del Rapporto.
“L’agricoltura biologica rappresenta un tassello sempre più importante dell’agroalimentare italiano di qualità – ha affermato il Direttore generale, Raffaele Borriello – Promuovere il ricorso a materia prima italiana certificata riducendo i volumi delle importazioni, potrà inoltre fornire un ulteriore stimolo di crescita al comparto e concorrere al raggiungimento del target del 25% di superficie investita a coltivazioni biologiche, indicato nella strategia Farm to Fork, uno dei pilastri del New Green Deal. Un’occasione da non perdere, visto anche il boom di domanda di prodotto 100% italiano a cui abbiamo assistito negli ultimi anni”.
E.B.