Il Rapporto quadriennale di BirdLife International sullo stato degli uccelli del mondo rivela una crisi della biodiversità sospinta dall’agricoltura intensiva la cui espansione e intensificazione ha un impatto sul 73% delle specie minacciate, dalla deforestazione e dai cambiamenti climatici.
Quasi la metà di tutte le specie di uccelli è in declino, con più di una su 8 a rischio di estinzione a causa dell’espansione e intensificazione dell’agricoltura, della deforestazione e dei cambiamenti climatici.
È l’ulteriore allarme che viene dalla V edizione di “State of the world birds”, il Rapporto di punta quadriennale di BirdLife International (Lipu-BirdLife Italia è partner e lo diffonde nel nostro Paese) che esamina la salute delle popolazioni di uccelli che, in quanto barometri della salute del Pianeta, ci informano sullo stato della natura, sulle pressioni esercitate su di essa, sulle soluzioni esistenti e su quelle necessarie.
I dati rappresentano un quadro decisamente preoccupante: quasi la metà delle specie di uccelli nel mondo è in declino mentre solo il 6% è in aumento. Sebbene i dati sulle tendenze a lungo termine delle popolazioni di uccelli siano più completi per l’Europa e il Nord America, è sempre più evidente che il declino si sta verificando in tutto il mondo. Ad esempio, si stima che dal 1850 le specie tipiche delle foreste e delle zone umide in Giappone siano diminuite rispettivamente del 94% e dell’88%, mentre le popolazioni delle specie di rapaci del Kenya sono diminuite in media di quasi tre quarti dal 1970.
“Abbiamo già perso oltre 160 di uccelli negli ultimi 500 anni e il tasso di estinzione sta accelerando – ha affermato Lucy Haskell, responsabile scientifico e autrice principale del Rapporto – Storicamente, la maggior parte delle estinzioni si è verificata sulle isole, ma è preoccupante che vi sia un’ondata crescente di estinzioni continentali, guidata dalla perdita di habitat su scala paesaggistica”.
Le pressioni che causano questi cali sono ben conosciute e riconducibili per lo più alle attività umane. In particolare, l’espansione e l’intensificazione dell’agricoltura sono la principale minaccia per gli uccelli del mondo e riguardano il 73% di tutte le specie minacciate. L’aumento della meccanizzazione, l’uso di prodotti agrochimici e la conversione dei pascoli in terreni coltivati hanno causato in Europa un declino del 57% degli uccelli degli habitat agricoli dal 1980. In Etiopia, ad esempio, la perdita di prati e pascoli a favore dei terreni agricoli ha causato dal 2007 una diminuzione dell’80% del numero di allodola libica (Heteromirafra archeri), una specie endemica che non si trova in nessun altro luogo del Pianeta, della quale rimangono meno di 50 coppie riproduttive limitate a due soli siti e si teme che possa diventare la prima estinzione di uccelli dell’Africa continentale nei tempi moderni, a meno che non vi sia una rapida azione di conservazione.
Anche il disboscamento e la gestione forestale non sostenibili rappresentano un’altra significativa minaccia. Ogni anno vengono persi oltre 7 milioni di ettari di foresta, un’area più grande della Repubblica d’Irlanda, con un impatto su quasi la metà delle specie di uccelli minacciate nel mondo. Particolarmente colpite sono le specie che dipendono da grandi alberi secolari, come l’aquila arpia (Harpia harpyja), il rapace più grande e potente del mondo. Residente nelle foreste pluviali del Sud America, dove caccia scimmie e bradipi, nidifica sugli alberi secolari che sono per il 90% quelli presi più di mira dal disboscamento, tanto da essere stata inclusa recentemente come “vulnerabile” nella Lista Rossa della IUNC.
Preoccupante è anche l’impatto considerevole che viene dai cambiamenti climatici che stanno colpendo il 34% delle specie minacciate con tempeste senza precedenti, devastanti incendi e prolungate siccità, e con la tendenza all’intensificarsi dei fenomeni.
Oltre a queste minacce devono essere annoverate le catture accessorie della pesca, lo sfruttamento eccessivo e le specie invasive che storicamente sono state la principale causa di estinzione degli uccelli e continuano tuttora guidarne il declino.
Complessivamente sono 1.409 le specie di uccelli che la Lista Rossa della IUNC considera “minacciate”, di cui 755 “vulnerabili”, 423 “in pericolo” e 231 “in pericolo di estinzione”.
Fortunatamente gli uccelli ci indicano anche quali azioni sono necessarie per aiutare la natura a riprendersi, mostrandoci come le azioni di conservazione intraprese stiano funzionando. Nel rapporto si descrive dettagliatamente molti esempi di specie salvate dall’estinzione, di popolazioni che si stanno riprendendo, di minacce efficacemente gestite e di ecosistemi che vengono ripristinati.
“Gli uccelli ci informano sulla salute del nostro ambiente naturale: ignoriamo i loro messaggi a nostro rischio e pericolo – ha sottolineato Patricia Zurita, Direttore generale di BirdLife International – Molte parti del mondo stanno già sperimentando incendi, siccità, ondate di calore e inondazioni estreme, mentre gli ecosistemi trasformati dall’uomo lottano per adattarsi ai cambiamenti climatici. Se la pandemia di Covid e la crisi globale del costo della vita hanno indubbiamente distolto l’attenzione dall’agenda ambientale, la società globale deve rimanere concentrata sulla crisi della biodiversità”.
La soluzione più importante per la maggior parte delle specie minacciate è la salvaguardia e la protezione di siti importanti per la natura, il ripristino degli ecosistemi danneggiati, la lotta alle principali minacce per gli uccelli e la biodiversità.
Una delle azioni più urgenti è la conservazione, la salvaguardia e la gestione efficace dei siti più critici da cui dipendono gli uccelli e la biodiversità. BirdLife International ha individuato oltre 13.600 (IBA) che costituiscono il nucleo di una più ampia rete di aree chiave per la biodiversità e che sono sempre più utilizzate per la designazione di aree protette. Dal momento che c’è un crescente slancio verso l’impegno a preservare il 30% della superficie terrestre e marittima, è fondamentale che questi siti siano usati come modello per la designazione di aree protette. Oltre a ciò, per molte specie minacciate è fondamentale affrontare l’eradicazione delle specie invasive dalle isole remote e l’attuazione di azioni di conservazione per specie.
Nonostante lo stato disperato in cui versa il mondo naturale, molte azioni messe in atto si sono dimostrate efficaci e hanno reso possibile salvare le specie e recuperare la natura. Dal 2013, 726 specie di uccelli minacciate a livello globale hanno beneficiato direttamente di azioni della partnership di BirdLife e oltre 450 IBA sono state designate come aree protette grazie agli sforzi di advocacy dei Partner di BirdLife International.
“Gli uccelli dimostrano che siamo vivendo una crisi di estinzione, con almeno 187 specie confermate o sospettate di essersi estinte dal 1500 – ha concluso Stuart Butchart, ricercatore capo di BirdLife International – Non si può negare che la situazione sia disastrosa, ma sappiamo come invertire questo declino. Le nostre ricerche dimostrano che tra le 21 e le 32 specie di uccelli si sarebbero estinte dal 1993 senza gli sforzi di conservazione intrapresi per salvarle. Specie come il parrocchetto di Mauritius, il condor della California, l’ibis eremita e il cavaliere nero della Nuova Zelanda non esisterebbero più. Se diamo alla natura una possibilità, essa può riprendersi”.
BirdLife International sottolinea che il Global Biodiversity Framework post- 2020 che dovrà essere adottato nel corso della Conferenza delle Parti della Convenzione ONU sulla Biodiversità (CBD-COP15) che avrebbe dovuto svolgersi in Cina a Kunming nell’ottobre 2020, e che dopo una serie di rinvii e sessioni online è stata definitivamente spostata in Canada (Montreal, 7-19 dicembre 2022) sarà la migliore e forse l’ultima possibilità per fermare la perdita di natura: “Questa volta i Governi devono riuscire dove in precedenza hanno fallito, traducendo le loro promesse in azioni concrete. Il nostro futuro, e quello degli uccelli del mondo, dipende da questo”.
In copertina: Pellicano dalmatico detto pure pellicano riccio (Pelecanus crispus) la cui popolazione è in declino del 40% sia per progressiva scomparsa del suo habitat che per un focolaio di influenza aviaria. Foto © Florian Warnecke)