Per la prima volta sono stati annunciati i tempi e i costi per rimuovere la Great Pacific Garbage Patch, considerata la più grande isola di rifiuti di plastica, che gira in vortice nell’Oceano Pacifico e che ad oltre 20 anni dalla sua scoperta, è stata di fatto oscurata e irrisolta, quando i costi e i tempi necessari per relegarla nei libri di storia sarebbero abbordabili.
L’eradicazione del Great Pacific Garbage Patch (GPGP) è realizzabile entro un decennio e i costi della bonifica pari a 7,5 miliardi di dollari con le attuali tecnologie, potrebbero essere dimezzati con gli sviluppi tecnologici.
La notizia è stata diffusa il 6 settembre 2024 da The Ocean Cleanup, un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro che sviluppa e amplia tecnologie per liberare gli oceani del mondo dalla plastica, sia attraverso strategie di intercettazioni delle plastiche nei fiumi prima che raggiungano i mari sia per ripulire ciò che si è accumulato negli oceani. Per quest’ultima strategia, The Ocean Cleanup sviluppa e distribuisce sistemi su larga scala per concentrare in modo efficiente la plastica attraverso una rimozione periodica. La plastica viene tracciata e intercettata per certificare le dichiarazioni di origine quando viene riciclata in nuovi prodotti. Per frenare la marea attraverso i fiumi, The Ocean Cleanup ha sviluppato Interceptor™ Solutions per arrestare e prelevare la plastica fluviale prima che raggiunga l’oceano.
La plastica oceanica si accumula in 5 isole di immondizia oceaniche, la più grande delle quali è la Great Pacific Garbage Patch, situata tra le Hawaii e la California e nota anche come Pacific trash vortex, che in realtà si compone di due distinte raccolte di detriti delimitate dall’enorme North Pacific Subtropical Gyre.
Era stato il californiano Charles Moore, fondatore del Centro di Ricerca Marina Algalita, nonché capitano dell’Alguita, una nave di ricerca oceanica privata, a descrivere per primo il fenomeno nel 2003, raccontando di aver osservato nel 1997, di ritorno a casa attraverso il North Pacific Gyre dopo aver gareggiato nella Transpacific Yacht Race, un’enorme distesa di detriti galleggianti. In collaborazione con l’oceanografo ed esperto di rifiuti marini Curtis Ebbesmeyer di Seattle (Wa), Moore aveva localizzato le aree dove si sono accumulati i rifiuti, particolarmente quella tra la costa occidentale degli USA e le Hawaii, e affermava che nel nord Pacifico la plastica sopravanza lo zooplancton, in termini di concentrazione, in un rapporto di peso di 10 a 1, e il fenomeno non è limitato solo all’area oggetto della ricerca, perché a largo di Los Angeles (Ca) il rapporto era già di 2,5 a 1.
Per risolvere il problema, non solo bisogna impedire che altra plastica defluisca nell’oceano, ma anche ripulire quella che è già lì fuori. La plastica galleggiante intrappolata nelle isole continuerà a circolare finché non si scomporrà in pezzi sempre più piccoli, diventando sempre più difficile da pulire e sempre più facile da scambiare per cibo per la fauna marina. Se lasciata circolare, la plastica avrà un impatto sui nostri ecosistemi, sulla nostra salute e sulle nostre economie per decenni o addirittura secoli.
“Oceani puliti possono essere ottenuti in tempi gestibili e a un costo chiaro – ha dichiarato Boyan Slat, CEO e Fondatore di The Ocean Cleanup nel 2013 – Grazie al duro lavoro degli ultimi 10 anni, l’umanità ha gli strumenti necessari per ripulire l’oceano, dimostrando che ciò che sembrava impossibile ora è attuabile. L’unica cosa che manca è sapere chi porterà a termine questo compito. Facciamo appello al mondo affinché del Great Pacific Garbage Patch si parli solo nei libri di storia. Questa catastrofe ambientale è stata ignorata, irrisolta, per troppo tempo; per la prima volta possiamo dire al mondo quali sono i costi, cosa è necessario fare e quanto tempo ci vorrà. È il momento di agire”.
The Ocean Clean Up, che ha sede nei Paesi Bassi, era salpata per San Francisco 6 anni fa con l’ambizione di sviluppare una tecnologia per liberare gli oceani del mondo dalla plastica, e vi è ritornata ora per mostrare i risultati delle sue più recenti operazioni di estrazione della plastica nella Great Pacific Garbage Patch, grazie al System 03, rimuovendo oltre 450 tonnellate di rifiuti, pari allo 0,5% di quella accumulata nella cosiddetta “isola di plastica”.
I dati e la modellazione di queste e future operazioni dimostrano in modo conclusivo che il problema è risolvibile entro un decennio e potrebbe essere risolto in 5 anni a un costo di 4 miliardi di dollari. Il conto, presentato è frutto di sei anni di ricerche e tre di operazioni sul campo condotte con imbarcazioni dotate di sistemi di recupero delle plastiche in mare.
Si tratta ora di trovare i fondi per portare avanti il progetto. Nel frattempo, la Fondazione si prenderà un periodo di pausa operativa, per tutto il 2025, al fine di mappare i “punti caldi“, ovvero le aree di intenso accumulo di plastica nel Great Pacific Garbage Patch, così da rendere il recupero più efficace.