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SOFIA 2020: la pesca sostenibile funziona ed è tempo di implementarla

La FAO ha presentato il Rapporto sullo Stato globale della Pesca e dell’Acquacoltura (SOFIA 2020) checontiene prove evidenti che un’efficace gestione della pesca non solo si traduce in una solida ricostruzione degli stock ittici, ma la mancata attuazione di tali misure minaccia il loro contributo alla sicurezza alimentare e ai mezzi di sussistenza.

Il consumo mondiale di pesce ha raggiunto un nuovo record di 20,5 chilogrammi pro capite all’anno ed è destinato ad aumentare ulteriormente nel decennio a venire, sottolineando il suo ruolo determinante per la sicurezza alimentare e nutrizionale globale. Lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura e un’efficace gestione delle risorse ittiche sono fondamentali per mantenere queste tendenze.

A sottolinearlo è il nuovo RapportoThe State of World Fisheries and Aquaculture”(SOFIA 2020) la principale pubblicazione del Dipartimento  della Pesca e dell’Acquacoltura dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), lanciato oggi (8 giugno 2020) in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani.

La produzione totale di pesce dovrebbe aumentare a 204 milioni di tonnellate nel 2030, con un aumento del 15% rispetto al 2018, e con una quota sempre maggiore dell’acquacoltura rispetto all’attuale 46%. Tale crescita è circa la metà dell’incremento registrato nel decennio precedente e si traduce in un consumo annuo pro capite di cibo per pesci che dovrebbe raggiungere i 21,5 chilogrammi entro il 2030.

Il pesce e i prodotti della pesca sono riconosciuti non solo come alcuni degli alimenti più sani del Pianeta, ma anche tra i meno impattanti sull’ambiente naturale”, ha affermato il Direttore generale della FAO QU Dongyu, sottolineando che devono svolgere un ruolo più centrale a tutti i livelli in termini di strategie alimentari. Inoltre, il Direttore ha messo in risalto che il Rapporto SOFIA contiene prove evidenti che un’efficace gestione della pesca non solo si traduce in una solida ricostruzione degli stock ittici, ma la mancata attuazione di tali misure minaccia il loro contributo alla sicurezza alimentare e ai mezzi di sussistenza. Le ragioni alla base dei fallimenti della sostenibilità sono complesse e richiedono soluzioni su misura.

Circa il 34,2 per cento degli stock ittici è ora pescato a livelli biologicamente insostenibili, una percentuale troppo elevata che, peraltro, non sta migliorando a livello globale, anche se il 78,7% di tutti i pesci sbarcati proviene da stock biologicamente sostenibili.

Inoltre, le tendenze di sostenibilità per molte specie principali stanno migliorando. Le catture di tutti i tipi di tonno hanno raggiunto il livello più alto, con circa 7,9 milioni di tonnellate nel 2018, e due terzi di questi stock sono ora pescati a livelli biologicamente sostenibili: un aumento del 10% in soli due anni, a testimonianza dell’efficacia di una gestione accurata delle risorse ittiche in un settore caratterizzato da merce di alto valore e da una significativa sovraccapacità di alcune flotte pescherecce.

Il miglioramento, frutto dei contributi di molte parti interessate, attesta l’importanza della gestione attiva per raggiungere e mantenere la sostenibilità biologica e serve a sottolineare quanto urgentemente dobbiamo replicare tali approcci nelle zone di pesca e nelle regioni in cui i sistemi di gestione non sono adeguate – ha dichiarato Manuel Barange, Direttore del Dipartimento Pesca e Acquacoltura della FAO – Non sorprende come il tema della sostenibilità sia particolarmente difficile nelle aree in cui esistono fame, povertà e conflitti, per le quali non c’è alternativa per le soluzioni sostenibili“.

Il Rapporto SOFIA 2020 è ricco di dati.
– La produzione ittica globale nel 2018 è stata di 179 milioni di tonnellate, di cui 84,4 milioni di tonnellate sono dovute alla cattura in mare, 12 milioni di tonnellate, un record, dalla pesca in acque interne e 82,1 milioni di tonnellate, un nuovo massimo, da acquacoltura.  

– La produzione destinata al consumo umano come alimento è stata pari a 156 milioni di tonnellate, per un valore al 2018 di 401 miliardi di dollari, dei quali 250 miliardi da acquacoltura.

– Il numero delle persone occupate nel settore primario della pesca e dell’acquacoltura e di 59,5 milioni, di cui il 14% sono donne. L’Asia è la regione con il maggior numero di pescatori e piscicoltori (85% del totale).

– Sono 4,56 milioni i pescherecci sul Pianeta, con l’Asia che ne detiene 3,1 milioni (68% della flotta globale). Le imbarcazioni a motore di lunghezza inferiore a 12 metri sono l’82%.

– La produzione ittica globale che entra nel commercio internazionale è pari al 38%, per un valore delle esportazioni di 164 miliardi di dollari, con la Cina primo produttore ed esportatore di pesce al mondo. Oceania, America Latina e Caraibi, Paesi asiatici in via di sviluppo sono esportatori netti in termini di valore.

– La pesca più insostenibile viene praticata nel Mediterraneo e Mar Nero (il 62,5% degli stock sono sovrasfruttati), seguono il Sud-Est Pacifico (54,5%) e Sud-Ovest Atlantico (53,3%).

– I fiumi che sostengono la produzione ittica da regioni interne sono Mekong, Nilo, Ayeyarwady, Yangtze.

– L’anchoveta (acciuga) è stata la specie di mare più catturata, sostenuta da un forte rimbalzo della produzione in Perù e Cile, seguita dal pollock (merluzzo giallo) dell’Alaska e dallo skipjack (tonnetto striato).

– La pesca nelle acque interne – una fonte significativa di cibo in molti Paesi con problemi alimentari – ha raggiunto il livello più alto mai registrato, con 12 milioni di tonnellate.

Il consumo di pesce rappresenta un sesto dell’apporto di proteine ​​animali da parte della popolazione mondiale e più della metà in Paesi come Bangladesh, Cambogia, Gambia, Ghana, Indonesia, Sierra Leone, Sri Lanka e diversi Piccoli Stati Insulari in via di sviluppo (SIDS).

I significativi valori dietetici dei pesci enfatizza l’importanza dello sviluppo dell’acquacoltura, in particolare in Africa, e delle strategie di supporto per intensificarne la produzione in modo sostenibile, utilizzando tecniche innovative nei settori dell’alimentazione, della selezione genetica, della biosicurezza e degli sviluppi commerciali – ha sottolineato QU Dongyu, rilevando che l’iniziativaHand in Hand” della FAO è “un quadro ideale per gli sforzi che combinano le tendenze e le sfide della pesca e dell’acquacoltura nel contesto della crescita blu“.

Secondo uno Studio, condotto dal National Center for Ecological Analysis and Synthesis (NCEAS) dell’Università di California – Santa Barbara (UCSB), i prodotti ittici da acquacoltura possono aiutare a nutrire la futura popolazione globale, riducendo al tempo stesso uno dei maggiori impatti ambientali correlato alla produzione di carne ovvero il consumo di suolo.

Il SOFIA 2020 si basa su informazioni precedenti il COVID-19, con il settore che è stato tra i più colpiti dalla pandemia. Secondo l’Addendum diffuso dalla FAO, l’attività di pesca globale potrebbe essere diminuita di circa il 6,5% a causa delle restrizioni e delle carenze di manodopera dovute all’emergenza sanitaria

L’interruzione del trasporto internazionale ha avuto ripercussioni in particolare sulla produzione di acquacoltura per l’esportazione, mentre una forte riduzione del turismo e delle chiusure di ristoranti hanno avuto un impatto drammatico sui canali di distribuzione per molti tipi di pesci, sebbene le vendite al dettaglio siano rimaste stabili o aumentate per i pesci congelati, in scatola, marinati e affumicati per una maggior durata. In alcune aree del Mediterraneo e del Mar Nero, oltre il 90% dei pescatori su piccola scala è stato costretto a fermarsi a causa dell’impossibilità di vendere le proprie catture, anche per l’abnorme discesa dei prezzi del pescato.

I mercati di input, le problematiche del lavoro migrante e i rischi legati a mercati freschi affollati hanno tutti un impatto sulla produzione e sul consumo di pesce, con le catene di approvvigionamento informali sottoposte a stress maggiore a causa dell’assenza di relazioni contrattuali e di consolidate catene del freddo. La FAO si è concentrata principalmente sul sostegno, il riavvio e il rafforzamento delle filiere di approvvigionamento e dei mezzi di sussistenza del settore, dando priorità ai gruppi e alle regioni più vulnerabili.

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