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Rischi finanziari: elevati quelli correlati ai cambiamenti climatici

Un nuovo Studio di ricercatori italiani evidenzia per la prima volta come i rischi finanziari connessi ai danni per i disastri dei cambiamenti climatici minino la stabilità anche di un settore apparentemente meno esposto, valutando i costi che la finanza pubblica dovrebbe sostenere per difendersi da questa instabilità.

Intervenendo il 16 ottobre 2019 al Seminario-Evento “Can Central Banks Fight Climate Change?”, nell’ambito degli annuali Meeting di Washington (14-20 ottobre 2019) della Banca Mondiale (WB) e del Fondo Monetario Internazionale (IMF), la neo- Direttrice IMF Kristalina Georgieva ha affermato che “Il Fondo Monetario Internazionale si sta velocemente preparando per integrare i rischi climatici nel nostro lavoro di sorveglianza. Quando stiamo lavorando con Paesi che sono dei grandi emettitori di carbonio, e quindi hanno necessità di una transizione, o che sono ad alto rischio di shock da carbonio, non c’è modo di affrontare i fondamenti delle loro economie senza considerare questi rischi climatici“.

Proprio  ai rischi finanziari correlati agli impatti dei danni economici dei cambiamenti climatici si concentra lo Studio The public costs of climate-induced financial instability”, pubblicato online il 29 ottobre 2019 su Nature Climate Change e condotto da un team di ricercatori italiani presso il CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, l’European Institute on Economics and the Environment (EIEE)- RFF-CMCC, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, l’Università Bocconi e il Politecnico di Milano.

Questo Studio sui rischi finanziari è complementare all’altro di cui ci siamo già occupati, relativo ai danni economici causati da disastri naturali indotti dai cambiamenti climatici, come alluvioni, tempeste, uragani, ondate di calore estreme, siccità, incendi e frane, che sono aumentati considerevolmente negli ultimi 50 anni. Peraltro, alcuni autori dello studio hanno partecipato anche a questo nuovo che analizza come gli impatti dei danni per i disastri dei cambiamenti climatici minino la stabilità anche di un settore apparentemente meno esposto come quello del sistema finanziario, valutando i costi che la finanza pubblica dovrebbe sostenere per difendersi da questa instabilità.

Per effetto dei cambiamenti climatici, l’instabilità del sistema bancario potrebbe aumentare considerevolmente – sottolineano gli autori – e questa instabilità, a sua volta, amplificherebbe gli impatti che i cambiamenti climatici hanno sulla crescita economica”.

Lo studio per la prima volta prova a quantificare tali effetti:
i fallimenti delle banche in futuro sarebbero, a causa dei cambiamenti climatici, più frequenti (da +26% fino a +248%);
– salvare le banche insolventi comporterebbe un costo per i governi pari a circa il 5%-15% del PIL all’anno, portando a un’esplosione del debito pubblico
,che potrebbe arrivare a raddoppiare nel 2100.

L’idea alla base della nostra ricerca era cercare di capire quanto gli impatti dei cambiamenti climatici influenzino il settore bancario – ha dichiarato l’autore principale dello Studio Francesco Lamperti, Assistant professor alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e junior scientist a RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment – Gli impatti in realtà sono impatti a livello d’impresa, perché vanno a ridurre la produttività o mettono a rischio gli stock di capitale. Questi però hanno il potere di influenzare, per effetto del fallimento delle aziende, il sistema finanziario. In particolare, volevamo comprendere quanto il sistema delle banche potesse essere messo in crisi dalle perdite dovute all’insolvenza delle imprese, e di quanto aumentassero i costi per i governi per le necessarie operazioni di salvataggio delle banche. Da un lato quindi, volevamo saggiare quanto fosse forte e stabile questo sistema, dall’altro volevamo indagare quanto il canale finanziario (financial distress), dato dal deteriorarsi delle condizioni di bilancio delle banche, avesse un impatto sulla crescita economica. Sappiamo infatti che quando le banche sono sotto stress danno meno credito alle imprese, che quindi hanno a disposizione meno fondi per investire, con una riduzione ulteriore della crescita”.

L’approccio utilizzato nello studio ha previsto l’uso di un modello ad agenti eterogenei (agent-based), che permette di descrivere il sistema economico a livello di singoli attori (imprese, banche, decisori politici, ecc.) esposti ai danni dei cambiamenti climatici, che derivano endogenamente dalle emissioni dell’economia. Date le incertezze relative sia alle proiezioni future delle emissioni che dei danni macroeconomici associati ai cambiamenti climatici, sono stati presi in esame diversi scenari di emissione e diverse ipotesi di impatto, per mostrare quanto i risultati fossero robusti per queste diverse assunzioni.

Il risultato principale è che i cambiamenti climatici avranno un impatto sostanziale sul mondo della finanza: dai nostri risultati appare chiaro che mentre la probabilità di sopravvivenza delle imprese si riduce di circa tre volte, il rischio di fallimento delle banche arriva a raddoppiare – ha spiegato Massimo Tavoni, co-autore e Direttore di RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment, nonché Professore al Politecnico di MilanoQuesto a sua volta implica dei costi ulteriori per la finanza pubblica, dove ci aspettiamo un aumento del 5%-15% di PIL che deve essere speso ogni anno per ripianare le perdite delle banche e assicurare il loro salvataggio”.

Che i cambiamenti climatici influenzeranno negativamente la crescita economica, sia riducendo la produttività dei lavoratori che quella dello stock di capitale delle imprese, è ormai un dato che vari studi, ma questo pubblicato su Nature Climate Change evidenzia come questi effetti saranno ulteriormente aggravati dagli effetti, finora inesplorati, sul sistema bancario.

(Fonte: Nature Climate Change)

Quello che ci siamo chiesti è quanto degli effetti negativi sulla crescita economica siano direttamente attribuibili agli impatti diretti dei cambiamenti climatici e quanto invece derivino dal canale che abbiamo studiato, quello del sistema finanziario – ha sottolineato Valentina Bosetti, senior scientist a RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment e Professoressa all’Università Bocconi di Milano – Ed ecco quello che abbiamo osservato: il 20% della riduzione della crescita dovuta ai cambiamenti climatici è attribuibile a questo canale finanziario”.

Un altro risultato interessante dello studio riguarda le possibili misure correttive che i regolatori finanziari possono implementare per ridurre questi rischi, in particolare attraverso le politiche macro-prudenziali, che sono progettate per mitigare il rischio di solvibilità del sistema finanziario.

Lo studio ha evidenziato –  ha commentato a sua volta Andrea Roventini, Professore presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – come, in presenza di impatti da cambiamenti climatici, il regolamentatore finanziario può richiedere alle banche di fissare un limite ai prestiti erogati alle imprese che tenga conto anche dell’andamento del clima, così da minimizzare i rischi a cui il sistema finanziario si espone”.

Escludere il sistema finanziario da una valutazione degli impatti dei cambiamenti climatici potrebbe portare quindi a una loro sottostima, mentre la regolamentazione finanziaria potrebbe avere un ruolo fra le possibili strategie di mitigazione e adattamento. Anche agendo sui parametri di politica macro-prudenziale, però, i danni restano comunque ingenti, per cui gli autori suggeriscono di associare sempre a questo strumento strategie di mitigazione e adattamento forti e incisive.

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