Cambiamenti climatici Territorio e paesaggio

Legambiente: la Mappa delle città a rischio climatico

Legambiente la Mappa delle città a rischio climatico

Legambiente ha presentato la Mappa interattiva delle città italiane che rischiano di più per l’impatto dei cambiamenti climatici ed eventi meteorologici estremi su un territorio già compromesso dal dissesto idrogeologico, che le scarse risorse finanziarie, nonostante l’impegno della task force presso la Presidenza del Consiglio, rischiano di non mettere adeguatamente in sicurezza.

Può un Paese dove l’81,2 % dei Comuni è a rischio di dissesto idrogeologico, e con quasi 6 milioni di persone che abitano in aree a forte rischio idrogeologico, continuare senza una strategia che dia risposte urgenti e integrate a questi fenomeni climatici?

Con questa domanda “drammatica”, più che capziosa, si chiude il Rapporto di Legambiente per la presentazione della “Mappa del rischio climatico nelle città italiane” che raccoglie le informazioni sui danni provocati in Italia dai fenomeni climatici.

In questa prima elaborazione, sono stati presi in considerazione gli episodi avvenuti dal 2010 ad oggi, per cominciare a creare una prima carta della geografia del rischio in Italia. L’obiettivo è di capire i caratteri e l’entità degli impatti provocati, di individuare le aree a maggior rischio, approfondire dove e come i fenomeni si ripetono con maggiore frequenza in modo da analizzare gli impatti provocati e cominciare ad evidenziare, laddove possibile, il rapporto tra accelerazione dei processi climatici e problematiche legate a fattori insediativi o infrastrutturali nel territorio italiano.

I risultati sono già ora, e lo diventeranno sempre di più, uno strumento prezioso in particolare rispetto a una questione oggi non più eludibile: abbiamo bisogno di nuovi modelli di intervento, in particolare per le città, per affrontare fenomeni di questa portata.
Se è condivisa l’urgenza della messa in sicurezza, è del tutto evidente che larga parte dei progetti che vengono portati avanti sono inadeguati rispetto alle nuove sfide che i cambiamenti climatici pongono con sempre maggiore urgenza.
Non è continuando a intubare o deviare i fiumi, ad alzare argini o asfaltare altre aree urbane che possiamo dare risposta a equilibri climatici e ecologici complessi che hanno bisogno di approcci diversi e strategie di adattamento – si sottolinea nel rapporto – È in questa direzione che vanno le politiche comunitarie e i piani clima delle città europee, è ora che anche l’Italia e le sue città si muovano in questa direzione”.

La mappa sarà dinamica e periodicamente aggiornata per consentire di leggere informazioni, immagini e dati sugli episodi e provare così a comprendere le possibili cause antropiche che ne hanno aggravato gli impatti, e arrivare a individuare le aree a maggiore rischio clima, con una particolare attenzione nei confronti delle città che sono maggiormente esposte.
Proprio le aree urbane devono diventare oggi la priorità di politiche che tengano assieme prevenzione del dissesto idrogeologico e adattamento ai cambiamenti climatici – ha affermato Edoardo Zanchini, Vicepresidente di Legambiente – Politiche che attualmente viaggiano completamente separate e seppure il tema del dissesto è affrontato oggi da una task force presso la presidenza del Consiglio, il cambiamento nella dimensione dei fenomeni climatici è tale da far apparire inadeguata anche questa impostazione”.

Proprio alla task force “#italiasicura”, l’unità di missione della Presidenza del Consiglio, le Regioni hanno presentato il 4 dicembre 2014 un elenco di 4.751 opere di contrasto al dissesto idrogeologico e per ridurre i danni di frane e alluvioni.
I lavori proposti dalle Regioni richiederebbero un plafond di 14,7 miliardi di euro, il doppio delle risorse disponibili. La task force del Governo selezionerà le opere sulla base della qualità e dell’urgenza e, a gennaio 2015, stipuleranno gli accordi di programma per realizzarle.
Gli interventi cantierabili tra il 2015 e il 2017 sono solo 1.054 per un investimento di 3.2 miliardi di euro, una cifra garantita dai fondi Bei, Fsc e cofinanziamenti statali ed europei – ha dichiarato Erasmo D’Angelis, il Coordinatore della task force – La gran parte delle opere, purtroppo, è ancora da progettare o ferma ancora alla fase di studio di fattibilità o di preliminare, ma anche queste riceveranno finanziamenti per iniziare o completare la fase di progettazione e poter così essere pronti per la seconda fase di cantiere dal 2018 in poi”.

Nel rapporto di Legambiente, alla domanda in incipit: “La risposta è scontata per diverse ragioni, non ultime economiche con 61,5 miliardi di euro spesi tra il 1944 ed il 2012 solo per i danni provocati dagli eventi estremi”.Tags: 

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