Uno studio realizzato da Elemens per l’AIRU (Associazione Italiana Riscaldamento Urbano) e presentato nel Convegno per il 40° quarantesimo anniversario della fondazione di AIRU, evidenzia che lo sviluppo dell’intero potenziale del teleriscaldamento farebbe risparmiare ogni anno 12 miliardi di Standard Metro Cubo di gas e ridurrebbe la CO2 emessa di 5,7 milioni di tonnellate e il PM nei maggiori centri urbani.
Il settore del teleriscaldamento, rilanciato negli ultimi anni dall’avvento dei sistemi di quarta generazione, può fornire un supporto importante per la riduzione dell’import di gas dalla Russia e per il contrasto ai cambiamenti climatici.
È quanto emerge dalla ricerca “Il teleriscaldamento: efficienza e rinnovabili a servizio della decarbonizzazione”, realizzata da Elemens (Società di consulenza indipendente specializzata nell’analisi dei mercati energetici, con specifico riferimento ai mercati RES-e, RES-h, efficienza energetica ed energia elettrica) per l’AIRU (Associazione Italiana Riscaldamento Urbano) e presentata il 29 marzo 2022 durante il Convegno “Teleriscaldamento, il calore che unisce”, organizzato in occasione del 40° anniversario della fondazione dell’Associazione.
L’evento ha rappresentato l’occasione per riaffermare il ruolo svolto dal teleriscaldamento nel processo di transizione energetica, oggi ancora più rilevante grazie ai sistemi di IV generazione sempre più efficienti nel convogliare l’energia termica di scarto e da fonte rinnovabile localmente accessibile sul territorio per metterla a disposizione delle necessità della comunità.
Ad oggi, in Italia, sono attivi soprattutto sistemi di terza generazione. Nell’’ultimo Rapporto (2021) del GSE, che traccia il quadro statistico dello sviluppo e della diffusione del teleriscaldamento e teleraffrescamento, rilevava che erano in esercizio in Italia nel 2019 circa 330 sistemi, diffusi in oltre 280 comuni, per un’estensione complessiva delle reti di 5.000 km e 9,6 GW di potenza installata. Considerando il solo settore residenziale, queste reti soddisfacevano il 2% circa della domanda complessiva di prodotti energetici per riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria del Paese.
La maggior parte degli impianti a servizio delle reti (83% della potenza) era alimentata da fonti fossili, il restante 17% da fonti energetiche rinnovabili (biomassa, geotermia, ecc.) e rifiuti; l’incidenza degli impianti alimentati da rinnovabili diminuisce man mano che cresce la taglia degli impianti. Nel 2019 l’energia complessivamente immessa nelle reti è stata pari a circa 11,9 TWh termici (oltre 1 Mtep), di cui il 63% prodotta da gas naturale, il 25% da fonti rinnovabili, il restante 12% dalle altre fonti fossili.
Uno studio realizzato nel 2020 per AIRU dai Politecnici di Milano e di Torino, aveva evidenziato per l’Italia un potenziale di sviluppo del teleriscaldamento efficiente di quarta generazione di 38 TWh (4 volte il livello attuale), pari al 12% del fabbisogno civile: le principali fonti di energia sono il calore di scarto industriale e l’energia geotermica, recuperabile anche con pompe di calore.
“Lo sviluppo dell’intero potenziale del teleriscaldamento migliorerebbe l’indipendenza energetica Italiana grazie ad una riduzione di 2,12 miliardi di SMC [Standard Metro Cubo] di gas naturale importato, equivalenti a quasi il 10% del gas importato dalla Russia – ha affermato Tommaso Barbetti, partner di Elemens e autore dello Studio – Al contempo, sarebbe poi possibile ottenere una riduzione annua delle emissioni di CO2 pari a 5,7 milioni di tonnellate e una riduzione notevole del particolato nei maggiori centri urbani”.
Lo Studio di Elemens evidenzia che, in assenza di meccanismi incentivanti, appositamente definiti per il teleriscaldamento, che sostengano gli operatori e aiutino i consumatori, meno del 30% del potenziale individuato potrà essere messo a terra.
“In Italia gli ostacoli al pieno sviluppo del teleriscaldamento – ha spiegato il Presidente di AIRU, Lorenzo Spadoni– sono principalmente di natura regolatoria, economica ed autorizzativa: le normative del settore non hanno ancora accompagnato l’innovazione tecnologica che lo ha investito, mentre non esistono meccanismi incentivanti per gli operatori e per i consumatori definiti appositamente per il teleriscaldamento, capaci di favorirne lo sviluppo”.
Una soluzione potrebbe arrivare dall’attesa attuazione delle norme recenti sui Certificati Bianchi, anche se soluzioni alternative basate sull’erogazione di contributi in conto esercizio e/o capitale potrebbero rappresentare un supporto più efficace.
“L’attuale congiuntura geopolitica ha evidenziato in maniera netta l’importanza strategica del raggiungimento dell’indipendenza energetica -ha osservato il Direttore generale di Utilitalia, Giordano Colarullo, intervenendo alla prima delle due Tavole rotonda che hanno fatto seguito alla presentazione dello Studio di Elemens – Questo obiettivo potrà essere raggiunto sia tramite l’incremento delle fonti rinnovabili, sia grazie alla riduzione dei consumi tramite l’efficienza energetica. Per raggiungere questo importante traguardo occorrerà puntare su tutte le tecnologie e le soluzioni disponibili, tra le quali figura anche il teleriscaldamento, che è a tutti gli effetti uno dei vettori fondamentali per la transizione verde. Oggi più che mai, è necessario comprenderne l’importanza e la crescita potenziale che deriva anche dal recupero del calore di scarto e dalle rinnovabili, e supportarne la centralità nel percorso verso la decarbonizzazione intrapreso dal nostro Paese”.
Peraltro, la proposta di nuova Direttiva sulle rinnovabili (la cosiddetta RED III), prevista dal Pacchetto “Fit for 55” , attualmente nella fase di trilogo, riconosce l’importanza della decarbonizzazione del sistema di teleriscaldamento e teleraffrescamento e prevede che le autorità regionali e locali predispongano piani nei Comuni con una popolazione superiore a 50.000 abitanti.