La proposta dell’Agenzia per l’Ambiente statunitense dei limiti per le emissioni di carbonio dalle nuove centrali elettriche a carbone ha già aperto un dibattito sul suo impatto, ferme restando le preannunciate opposizioni legali delle compagnie minerarie del settore.
Il 25 giugno 2013 Barack Obama nell’ambito di “ThePresident’s Climate Action Plan”, il Piano con cui gli USA ritengono di poter rispettare l’impegno internazionale preso di ridurre le emissioni di gas serra del 17% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2020, aveva indirizzato all’EPA (l’Agenzia di Protezione dell’Ambiente statunitense) il Memorandum “Power Sector Carbon Pollution Standards” con cui invitava l’Agenzia a definire, in collaborazione con gli Stati federali e l’industria, standard per le centrali elettriche a carbone, come era avvenuto per i clean car standards per ridurre il consumo di carburante, dal momento che il settore è responsabile di un terzo di tutte le emissioni di gas serra nazionali.
Tali impianti debbono rispettare limiti per l’inquinamento da arsenico, mercurio e piombo, ma non hanno degli standard per quel che attiene l’inquinamento da carbonio. Ora, sulla base di quel mandato e dopo che la Suprema Corte aveva già stabilito che per effetto del Clean Air Act (la storica legge del 1970 con cui sono stati istituiti regolamenti federali e statali che limitano le emissioni degli impianti e gli inquinanti atmosferici da fonti mobili), l’EPA ha l’autorità di regolamentare le emissioni di gas serra, avendo gli scienziati dimostrato che i gas serra costituiscono una grave minaccia per la salute umana e il benessere, l’Agenzia in 3 mesi è stata in grado di formulare proposte di limiti alle emissioni delle nuove centrali elettriche a carbone, anche per il lungo lavoro di consultazione e revisione, con oltre 2,5 milioni di commenti pubblici, che era stato predisposto negli anni passati per una precedente proposta che non aveva trovato allora un forte supporto presidenziale, come viceversa è accaduto ora, e che viene perciò contestualmente abrogata.
“Il cambiamento climatico è una delle più importanti sfide alla salute pubblica del nostro tempo – ha affermato la Direttrice dell’EPA Gina McCarthy – Intraprendendo azioni di buon senso per limitare l’inquinamento da carbonio delle nuove centrali, siamo in grado di rallentare gli effetti del cambiamento climatico e di adempiere al nostro obbligo di garantire un ambiente sicuro e sano per i nostri figli. Queste norme saranno in grado di dare un impulso all’innovazione di cui abbiamo bisogno per costruire centrali elettriche di nuova generazione, aiutando al contempo la crescita di un’economia energetica più sostenibile pulita”.
Contro l’attuale media di 1.800 libbre di CO2/MW/h prodotte dalle centrali a carbone i nuovi limiti propongono una media assai inferiore di 1.100 libbre di CO2/MW/h (498 kg di CO2/MW/h).
Secondo l’EPA tali limiti garantiscono che le nuove centrali elettriche a carbone saranno costruite con tecnologie pulite per ridurre l’inquinamento da carbonio, in linea con altri investimenti simili già in corso nel settore energetico. Inoltre, questi standard introdotti con flessibilità permetteranno di utilizzare alcune di queste tecnologie che assicureranno che i nuovi impianti di produzione elettrica utilizzeranno tecnologie energetiche più pulite, come il più efficiente gas naturale, il carbone purificato, l’energia nucleare e le energie rinnovabili dell’eolico e del solare.
La nuova proposta, come prevede la legge, sarà posta a commento pubblico per un periodo di 60 giorni a partire dal giorno di pubblicazione sul Registro Federale, ma già le grandi compagnie minerarie del carbone hanno preannunciato ricorsi legali.
Al di là di controversie giudiziarie, secondo Kevin Kennedy, Direttore di US Climate Initiative del World Resources Institute, “L’annuncio di oggi fornisce un segnale forte che l’Amministrazione userà la sua autorità per affrontare i cambiamenti climatici. Queste nuove regole limiteranno l’inquinamento da carbonio in tutte le future centrali degli Stati Uniti. Questa è una buona notizia sia per le persone che per l’ambiente. Sebbene i nuovi standard siano relativamente severi, forniscono alle centrali elettriche delle opzioni per mettersi in regola, tra cui la graduale introduzione della tecnologia della cattura e stoccaggio del carbonio. Anche se non è ancora utilizzato su larga scala, il CCS è tecnicamente fattibile e potrebbe essere ulteriormente implementato a determinate condizioni”.
Insomma, queste nuove regole darebbero una notevole spinta allo sviluppo del CCS, tecnologia ancora sperimentale e assai costosa che necessita di adeguati incentivi per potersi imporre sul mercato. Tant’ che John Thompson il Direttore del Progetto Fossil Transition presso la Clean Air Task Force (CATF), ONG che si batte per promuovere le politiche federali di riduzione delle sostanze inquinanti dalle centrali a carbone statunitensi, in una recente audizione presso la sottocommissione Energia ed Elettricità del Congresso, ha dichiarato che “Queste regole non segnano la fine del carbone, ma l’inizio del CCS. Introdotta in alcuni settori dell’industria questa tecnologia si sta dirigendo ora verso quelli dell’energia. Queste regole la incentiveranno, così da avere il CCS in entrambi i settori se vogliamo avere qualche speranza di fermare il cambiamento climatico”.
Altri sono scettici sulla possibilità che questi nuovi limiti possano costituire un incentivo allo sviluppo di questa tecnologia, la cui efficacia, peraltro, sulle centrali elettriche non sarebbe ancora adeguatamente dimostrata. Secondo Howard Herzog, Ricercatore senior presso il MIT ed esperto di CCS, “Fintanto che il prezzo del gas naturale resterà basso e l’utilizzo del CCS non sarà necessario nelle centrali a gas, gli operatori continueranno a costruire centrali a gas invece di centrali a carbone dotate di impianti CCS, per cui la tecnologia non riceverà alcun incentivo. Se le normative imponessero l’applicazione del CCS anche alle centrali a gas naturale, allora credo che vi sarebbero incentivi per sviluppare la tecnologia”.
A convalidare la tesi di Herzog, i dati della US Energy Information Administration, che indicano come nel corso del prossimo decennio, le utilities abbiano in programma la costruzione di 10 nuovi impianti di produzione di elettricità alimentati dal carbone contro i 244 a gas. Chiaramente, la disponibilità di gas naturale a basso prezzo, per effetto dello shale gas e del fracking, tiene lontano gli investitori dalle centrali a carbone, a maggior ragione d’ora in poi visto che le nuove centrali dovrebbero rispettare limiti che presuppongono l’utilizzo del costoso CCS, mentre al momento tali limiti sarebbero rispettati dalle centrali a gas. A meno che l’obiettivo dell’EPA non sia quello di far passare gli standard per le nuove centrali, per proporre, seppur gradualmente, limiti a quelle già in funzione. Allora sì che si avrebbe un impatto considerevole sulla riduzione delle emissioni di gas climalteranti.