La tabella di marcia prevista dalla Commissione UE per portare a termine la registrazione delle sostanze chimiche è rallentata, probabilmente anche per l’impatto economico che grava e graverà ulteriormente sulle imprese che ne sono coinvolte.
La registrazione delle sostanze chimiche è l’adempimento cui sono soggette le imprese che producono o importano sostanze, in quantità maggiori di una tonnellata per anno, nell’Unione Europea, in base al Regolamento (CE) n. 1907/2006, noto come Regolamento REACH (acronimo di Registration, Evaluation, Authorisation of Chemicals), prevedendo pure che per essere immesse sul mercato le sostanze chimiche devono essere corredate delle informazioni e degli studi necessari ad attestarne la sicurezza per uomo e ambiente.
Dal 1° luglio 2007, data di entrata in vigore del Regolamento solo 11.000 delle oltre 50.000 sostanze stimate sono state registrate all’Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche (ECHA), con un gap notevole di tempi, dal momento che il termine è fissato al 31.12.2018.Inoltre, il Regolamento (CE) n.1907/2006 prevede strumenti di gestione del rischio per le sostanze “estremamente preoccupanti”, come quelle cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione (CMR), ma anche quelle persistenti, bioaccumulabili e tossiche (PBT), oltre agli interferenti endocrini, che potranno essere autorizzate solo per usi specifici e controllati. Ad oggi ne sono state identificate 144 che sono state incluse in una “Candidate List” per l’eventuale autorizzazione e la graduale sostituzione con alternative non pericolose. Si stima che quelle attualmente presenti sul mercato siano circa 440 che la Commissione UE si è impegnata ad inserire, tutte, entro il 2020.
Questi dati sono stati comunicati dall’ISPRA (Istituto Superiore per Protezione e la Ricerca Ambientale), nel corso della 4a Conferenza Nazionale sul Regolamento REACH, svoltasi a Roma il 16 dicembre 2013, nel corso della quale sono intervenuti vari Ministri, rappresentanti della Commissione UE e dell’ECHA, delle Regioni, dell’Istituto Superiore di Sanità e delle Associazioni delle imprese e dei consumatori.
La Conferenza è stata l’occasione, appunto, per informare sullo stato di attuazione ed efficacia del Regolamento, che ha come principale obiettivo quello di garantire un livello elevato di protezione della salute umana e dell’ambiente, assicurando, nel contempo, la libera circolazione delle sostanze chimiche a livello comunitario, rafforzando la competitività e l’innovazione dell’industria e promuovendo lo sviluppo di metodi alternativi alla sperimentazione animale.
Il tema dell’informazione del cittadino sui rischi delle sostanze chimiche è stato uno dei temi approfonditi nel corso dell’evento, anche per il diritto del consumatore a conoscere la presenza delle sostanze “estremamente preoccupanti” negli articoli acquistati. Il Regolamento, infatti, renderà disponibile anche per il pubblico il più ampio database mondiale sulle sostanze chimiche.
Proprio il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha il compito di promuovere iniziative per facilitare l’accesso dei cittadini alle informazioni sulle sostanze chimiche, al fine di tutelare la loro salute e l’ambiente.
Nel corso della Conferenza è stato trattato il sistema di vigilanza per garantire la sicurezza dei prodotti chimici messo in atto sulla base degli indirizzi dell’ECHA. Sono state, inoltre, illustrate le interazioni fra REACH e altre normative di settore riguardanti gli articoli e il sistema RAPEX (European Rapid Alert System for non-food consumer products), il sistema europeo di allerta rapida per i prodotti di consumo, ad eccezione degli alimenti, dei farmaci e dei presidi medici, che rappresentano un grave rischio per la salute e la sicurezza dei consumatori.
Una specifica sessione è stata dedicata all’industria, esaminando in particolare le criticità del regolamento per le imprese utilizzatrici di sostanze chimiche, nonché le misure che nel breve periodo produrranno un impatto crescente sulle numerose micro, piccole e medie imprese italiane coinvolte, in termini di sostituzione delle sostanze.
Il Ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato, intervenuto alla Conferenza, ha riconosciuto che il Regolamento “pone a carico delle imprese obblighi rilevanti: abbiamo 4.000 imprese che operano nella chimica. È un settore che esprime una grande dinamicità oggi, con 55 miliardi di produzione, pari al 10% della produzione europea, che ci piazza al terzo posto in Europa. L’export vale 25 miliardi ed è il quarto settore in valore per capacità di esportazione”.
In questo quadro, ha osservato il Ministro, assume “un ruolo rilevante la piccola e media impresa, pari al 39% del valore della nostra produzione. Il REACH impatta non solo sulle imprese che producono sostanze chimiche, ma anche sulle imprese che le richiedono, che da sole sono 100.000”.
Questi numeri danno “l’idea dell’impatto che ha il regolamento che deve essere visto non solo come onere, ma anche un’opportunità per le imprese”.
A margine del CEFIC (il Consiglio che raggruppa le industrie europee della chimica) che si è svolto a Monaco nel mese di ottobre u.s., il Presidente di Federchimica, Cesare Puccioni in una intervista rilasciata a Il Sole 24 ore, lamentava che la prima fase del REACH era costata solo alle imprese chimiche italiane 250 milioni di euro e a quelle europee 2,5 miliardi, ma la seconda fase che si chiuderà fra poco sarà costata molto di più, e “C’è il rischio, concreto, che il 10% delle aziende italiane più piccole non riescano a fare fronte alla terza fase”.
Se è vero che la chimica europea è diventata la più sicura al mondo, è altrettanto indubitabile, secondo Puccioni, che c’è necessità di maggiori controlli alle dogane, per verificare che i prodotti che giungono nei porti europei siano altrettanto verificati.