Il Digital Energy Efficiency Report 2021 dell’E&S Group del Polimi, che analizza il mercato dell’efficienza energetica industriale in Italia, rileva come l’anno scorso gli investimenti si siano ridotti di un quinto rispetto all’anno precedente e che più del Covid-19 abbia pesato l’incerto quadro normativo, in particolare il mancato rilancio dei Certificati Bianchi.
Nel 2020 in Italia gli investimenti per l’efficienza energetica nel comparto industriale (poco più di 2 miliardi di euro, di cui il 90% in tecnologie hardware e solo l’8% in software per il monitoraggio dei cicli produttivi) sono diminuiti del 19,6% rispetto all’anno precedente.
È quanto evidenzia il Digital Energy Efficiency Report 2021 dell’Energy & Strategy Group della School of management del Politecnico di Milano (POLIMI) presentato il 29 giugno 2021 nel corso di un Convegno in digital, a cui hanno partecipato, come di consueto, le imprese Partner della ricerca per discutere e approfondire le analisi svolte e renderle strumento di lavoro per tutti coloro che operano o intendono operare nell’ambito specifico oggetto dello studio.
Il Rapporto ha analizzato il mercato dell’efficienza energetica industriale in Italia, con particolare focus sull’impatto della crisi economico-sanitaria, sulla valorizzazione dei dati e sulle opportunità derivanti dal PNRR.
La riduzione degli investimenti nell’efficienza energetica, sottolinea il Rapporto, non è dipesa solo dall’impatto economico della pandemia di Covid-19, dal momento che già nel 2018-2019 era in atto una frenata, dopo la crescita del triennio 2015-2017, le cui cause sono da ricercare in un quadro normativo incerto (in particolare per i Certificati Bianchi) e volto in direzioni opposte a quelle segnalate dagli operatori come necessarie per riprendere la crescita.
“Il comparto industriale opera con due facce: come fornitura e servizi; e come investitore – ha spiegato Vittorio Chiesa, Direttore scientifico dell’E&Strategy Group – Dallo scenario analizzato sembra difficile immaginare che si possa concretizzare una situazione di mercato favorevole alla ripresa del mercato dei certificati bianchi”.
Negli anni, nonostante il varo di più decreti relativi ai Certificati bianchi e al loro rilancio, il mercato ha continuato il trend di contrazione: nel 2020 sono stati riconosciuti 1.720.903 Certificati, circa 1.180.000 in meno rispetto al 2019 (-41%, contro il -24% dell’anno precedente). In buona sostanza, negli ultimi 2 anni il numero di Certificati bianchi riconosciuti è più che dimezzato.
Il 31 maggio 2021 è stata pubblicata sulla G.U. la nuova (ennesima) riforma dei Certificati Bianchi, ma è apparso subito evidente come le proposte avanzate dagli operatori del settore non fossero state accolte, destando grandi perplessità. Il meccanismo di valorizzazione dei Certificati bianchi è particolarmente sensibile: se si combinano la normativa che regola le Aste, i Certificati bianchi virtuali e la mancanza di un floor, ossia un meccanismo di minimo valore per la definizione del prezzo, è assai difficile che si possa concretizzare una situazione di mercato favorevole.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), appena approvato dall’UE, prevede diverse misure (siano esse investimenti o riforme) relative all’efficienza energetica, tra cui lo stanziamento di 29,44 miliardi di euro per il comparto industriale e dei servizi, permettendo di stimare una crescita anno su anno del 17% e di arrivare al 2023 a quasi 3 miliardi di euro di investimenti.
“L’approvazione da parte dell’UE del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è certamente una buona notizia – ha commentato Davide Chiaroni, Vicedirettore dell’E&S Group – perché le risorse destinate al Piano Transizione 4.0 potrebbero, secondo le nostre stime, annullare entro il 2023 l’effetto negativo del Covid“.
Secondo lo scenario “policy driven” disegnato da E&S Group, qualora accanto al PNRR ci fosse una riforma vera dei Certificati Bianchi, si potrebbe raggiungere al 2023 un livello di investimenti di oltre 3,1 miliardi, pari al 120% di quanto registrato nel 2019.
Il Digital Energy Efficiency 2021 ha investigato anche la diffusione, presso le imprese, di soluzioni di sfruttamento (valorizzazione o monetizzazione) dei dati energetici.
Il 67% delle imprese del campione analizzato dichiara di applicare il paradigma di Data valorization ovvero di utilizzare i dati raccolti dalle tecnologie software presenti nell’impresa e rielaborati, internamente o da partner esterni, al fine di prendere decisioni utili all’impresa stessa all’interno della propria azienda. Fra coloro che applicano il paradigma, circa il 78% ha sviluppato la soluzione internamente, mentre il rimanente 22% è ricorso a sviluppo esterno a causa dell’assenza di adeguate competenze in-house.
Il 65% circa del campione analizzato dichiara di aver implementato investimenti in soluzioni hardware nel corso del 2020 (-4,5% rispetto al 2019). Tale percentuale aumenta se si guarda alle grandi aziende (79%, -1% rispetto al 2019), mentre diminuisce se si guarda alle PMI (45%, -11% rispetto al 2019).
Appare ancora più evidente guardando al trend come le PMI siano sempre state meno propense ad effettuare investimenti in efficienza energetica. Infatti, sebbene nel 2018 la quota parte di Grandi aziende e PMI che hanno effettuato investimenti hardware è paragonabile (88% vs 83%), a partire dal 2019 si assiste ad un netto calo di investimenti per le PMI (-27% rispetto al 2018, a confronto di un -8% per le Grandi aziende). Calo di investimenti che si conferma anche nel 2020 (- 11% rispetto al 2019) mentre rimane abbastanza stabile la quota parte di investimenti nelle Grandi aziende (-1% rispetto al 2019).
Quasi il 20% degli investimenti in soluzioni hardware ha riguardato interventi sul processo produttivo (373 milioni di euro), il 18% gli impianti di cogenerazione (350 milioni) e il 15% i sistemi di combustione efficienti (circa 300 milioni), il 12% l’illuminazione (240 milioni); in coda sistemi HVAC, motori elettrici, inverter e sistemi di aria compressa (tra il 7% e il 10% degli investimenti totali).
Molto meno confortanti i dati relativi alla Data monetization delle informazioni energetiche ovvero della vendita dei dati raccolti dalle tecnologie software presenti nell’impresa, in formato grezzo o rielaborato, al fine di ottenere un revenue stream dalla vendita dei dati stessi. Il 98% circa del campione intervistato dichiara di non applicare tale paradigma all’interno della propria azienda e tra questi, oltre il 90% dichiara che non svilupperà soluzioni di questo tipo nemmeno in futuro.
Solo il 38% del campione analizzato dichiara di aver implementato investimenti in soluzioni software nel corso del 2020 (-6% vs 2019). Tale percentuale non subisce forti variazioni se si considera la vista per PMI e grandi aziende: rispettivamente il 35% (-6% vs 2019) ed il 39% (-25% vs 2019) di esse ha effettuato investimenti in soluzioni software nel corso del 2020.
I 168 milioni di euro investiti in soluzioni software si sono concentrati su monitoraggio e sensoristica di base (oltre il 65% del totale).
Le barriere più rilevanti agli investimenti in efficienza energetica nel 2020 si confermano (rispetto al biennio 2018-2019) essere quelle relative agli eccessivi tempi di ritorno, all’incertezza del quadro normativo ed all’interazione critica con il processo produttivo, seppur in flessione rispetto agli anni precedenti. La barriera della pandemia da COVID-19, nonostante i pesanti effetti negativi generati dal punto di vista economico, risulta essere solo al 4° posto, a testimonianza del fatto che per gli operatori del settore esistono ostacoli agli investimenti ritenuti più importanti.
Nel corso del 2020 le ESCo certificate sono aumentate dell’1,6% rispetto al 2019, in continuità con il trend pari a +1% registrato tra 2019 e 2018. Interessante sottolineare come la crescita dell’ultimo biennio in termini di soggetti certificati sia rallentata rispetto all’anno precedente, segno che il mercato ha raggiunto un certo livello di maturità. Per quanto riguarda i ricavi, principalmente a causa degli effetti della pandemia e della contrazione del mercato dei Certificati Bianchi, si assiste ad un calo nel 2020 rispetto al 2019, con una diminuzione dell’3,8% ed un valore complessivo pari a 3,5 miliardi di euro.
Il quadro che emerge per quanto riguarda il trend del fatturato è una situazione di ripresa nel 2021 rispetto al trend 2020, dove la situazione pandemica ha sicuramente generato un’avversità al rischio maggiore e una contrazione del mercato, con conseguente riduzione dei ricavi. In particolare, confrontando l’aspettativa sul 2021 rispetto ai dati del 2020, più di un quarto dei rispondenti alla survey afferma che non si attende una variazione, poco più del 30% sostiene che la variazione sarà positiva dallo 0 al 10%, mentre poco più del 15%, sostiene che il fatturato aumenterà di oltre il 20%. Molto bassa è invece la percentuale dei partecipanti alla survey che afferma ci sarà un trend negativo nel 2021 rispetto al 2020, a testimonianza di un certo ottimismo tra gli operatori del mercato.