L’edizione 2025 del Climate Risk Index, che Germanwatch ha presentato alla vigilia della Conferenza di Monaco sulla Sicurezza (14-16 febbraio 2025), per sottolineare come i leader politici non possano discutere delle sfide alla sicurezza senza affrontare il cambiamento climatico, pur confermando che i Paesi meno sviluppati sono i più colpiti dagli eventi climatici estremi, ora anche i Paesi ad alto reddito avvertono più chiaramente gli impatti sociali ed economici dei cambiamenti climatici, tra cui l’Italia, al 3° posto nella classifica del 2022 e al 5° in quella a lungo termine (1993-2022).
L’Italia è tra i Paesi più colpiti a livello globale dall’impatto economico e umano dagli eventi climatici, correlati ai cambiamenti climatici.
Il dato emerge dal Rapporto “Climate Risk Index 2025 (CRI)” di Germanwatch, Ong con sede a Bonn che si prefigge di promuovere l’equità globale e la salvaguardia dei mezzi di sussistenza, che dal 2006 analizza il grado di effetto degli eventi meteorologici estremi correlati al clima sui Paesi, in base al loro impatto economico e umano (vittime, colpiti, feriti e senzatetto), classificando il Paese più colpito al primo posto, evidenziando come tale classifica dovrebbe rappresentare un segnale di avvertimento per quei Paesi che sono a rischio di eventi frequenti o di eventi estremi rari e insoliti.
La pubblicazione è avvenuta alla vigilia della Conferenza di Monaco sul Sicurezza (14-16 febbraio 2025), l’importante incontro mondiale di politici ed esperti di politica di sicurezza a cui parteciperanno anche decine di capi di Stato e di Governo e Ministri, e il cui programma prevede nel primo giorno il focus su governance globale, resilienza democratica e sicurezza climatica.
“La crisi climatica sta diventando sempre più un rischio per la sicurezza globale e deve essere affrontata con azioni multilaterali coraggiose – ha dichiarato Laura Schaefer, a capo della Divisione per la Politica climatica internazionale di Germanwatch e co-autrice del Report – I leader della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco non possono discutere delle sfide alla sicurezza senza affrontare il cambiamento climatico. Gli ultimi tre decenni mostrano che i paesi del Sud Globale sono particolarmente colpiti dagli eventi meteorologici estremi. Se i dati di questi paesi fossero completi quanto quelli di molti paesi del Nord Globale, potrebbe emergere un impatto economico e umano ancora maggiore. Ci sono segnali crescenti che stiamo entrando in una fase critica e imprevedibile della crisi climatica, che aggraverà ulteriormente i conflitti, destabilizzerà le società e influenzerà negativamente la sicurezza umana in tutto il mondo”.

La metodologia utilizzata per il Climate Risk Index prevede l’analisi degli impatti degli eventi meteorologici estremi tramite 3 categorie di pericolo: idrologico, meteorologico e climatologico. L’indice si basa sui dati del database internazionale sui disastri EM-DAT, della Banca Mondiale (WB) e del Fondo Monetario Internazionale (IMF), e considera gli impatti assoluti e relativi, utilizzando 6 indicatori chiave: perdite economiche, decessi e persone colpite, ciascuno in termini assoluti e relativi.
Il Climate Risk Index evidenzia che dal 1993 al 2022 per gli eventi meteorologici estremi ci sono stati quasi 800.000 morti e danni per 4,2 trilioni di dollari. Repubblica Dominicana, Cina e Honduras sono stati i Paesi maggiormente colpiti dagli effetti degli eventi meteorologici estremi nel periodo 1993-2022. Se i Paesi del Sud del mondo sono i più colpiti, hanno subito notevoli impatti anche alcuni Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo, in particolare Italia (5° posto), la più colpita tra i Paesi europei con 38mila morti (soprattutto nel 2003 e nel 2022) e danni per 60 miliardi di dollari. Anche Grecia e Spagna, sono nella top ten dell’indice.

Alluvioni, tempeste, ondate di calore e siccità sono stati gli impatti più evidenti da una prospettiva a lungo termine. Dal 1993 al 2022, tempeste (35%), ondate di calore (30%) e inondazioni (27%) hanno causato il maggior numero di vittime. Le inondazioni sono state responsabili di oltre la metà delle persone colpite. Le tempeste hanno causato, di gran lunga, le perdite economiche più significative (56% o 2,33 trilioni di dollari al netto dell’inflazione), seguite dalle inondazioni (32% o 1,33 trilioni di dollari).
I Paesi più colpiti nell’indice a lungo termine per il periodo 1993-2022 possono essere suddivisi in due gruppi:
– Paesi più colpiti da eventi estremi altamente insoliti (ad esempio Dominica, Honduras, Myanmar, Vanuatu );
– Paesi colpiti da eventi estremi ricorrenti (ad esempio Cina, India, Filippine). La scienza del clima mostra chiaramente che il cambiamento climatico aumenta il rischio per entrambe le categorie e contribuisce a trasformare eventi estremi insoliti in minacce continue, creando una “nuova normalità”.
La classifica del 2022 mostra che Pakistan, Belize e Italia sono stati i Paesi più colpiti dagli effetti degli eventi meteorologici estremi nel 2022. Se tutti i Paesi in qualche modo ne sono stati interessati, 7 sui 10 Paesi più colpiti nel 2022 appartenevano al gruppo di Paesi ad alto reddito. Ciò indica chiaramente che, mentre le capacità di adattamento dei Paesi ad alto reddito superano significativamente quelle dei paesi a basso reddito, anche i paesi ad alto reddito dovrebbero aumentare la loro gestione del rischio climatico.

Il cambiamento climatico indotto dall’uomo influenza la frequenza e l’intensità degli eventi meteorologici estremi e porta a impatti climatici avversi diffusi. Le ultime ricerche scientifiche sul clima e la scienza dell’attribuzione notevolmente migliorata, suggeriscono che l’influenza del cambiamento climatico sugli eventi meteorologici estremi è “allo stesso livello di sicurezza scientifica dell’affermazione che l’influenza umana ha riscaldato il clima” (Friederike E.L. Otto, ”Attribution of Extreme Events to Climate Change”, Annu. Rev. Environ. Resour.
Secondo Germanwatch, la COP29, nel corso della quale aveva presentato, in collaborazione con CAN International e NewClimate Institute, il CCPI (Indice di performance sui cambiamenti climatici)monitoraggio indipendente sulle prestazioni di protezione del clima di 63 Paesi e UE nel suo insieme, che assommano il 90% delle emissioni di gas serra, con l’obiettivo di migliorare la trasparenza nella politica climatica internazionale, consentendo il confronto degli sforzi e dei progressi di protezione del clima dei singoli Paesi, non è riuscita a realizzare un ambizioso Nuovo Obiettivo Quantificato Collettivo (NCQG) sulla Climate Finance. Considerando le esigenze identificate i 300 miliardi dollari all’anno entro il 2035 possono essere visti solo come la risposta minima indispensabile alla crescente crisi climatica. Il NCQG non è riuscito a includere misure per affrontare perdite e danni.
“Questa lacuna deve essere colmata il prima possibile – sottolinea Germanwatch – Questa situazione è ancora più preoccupante date le ampie lacune nel finanziamento dell’adattamento rispetto alle esigenze e agli impegni (anche se sono stati fatti progressi). È necessario un sostegno sostanzialmente aumentato da parte dei paesi ad alte emissioni e di altri inquinatori per i più vulnerabili nell’affrontare gli impatti climatici”.
Il CRI 2025 evidenzia che una mancanza di ambizione e di azione nella mitigazione porta a essere fortemente colpiti, anche nei Paesi ad alto reddito. È nell’interesse dei Paesi ad alto reddito e ad alte emissioni intensificare l’azione di mitigazione, compresi obiettivi climatici più elevati e l’implementazione di tali azioni, con nuovi contributi determinati a livello nazionale (NDC), per rimanere al di sotto (o il più vicino possibile) ad un riscaldamento di 1,5 °C e mantenere gli impatti su una scala gestibile.