di Anna Rita Rossi
Seurat, pioniere del movimento neoimpressionista, nel suo dipinto “Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte” applicò nella pittura la legge della complementarità cromatica e fornì dignità scientifica ai processi ottico-visuali già intuiti dagli Impressionisti.
Georges Seurat (Parigi, 2 dicembre 1859 – Gravelines, 29 marzo 1891) dipinse “Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte” (Un dimanche après-midi à l’Île de la Grande Jatte) tra il 1884 e il 1886. Si tratta di un dipinto di notevoli dimensioni (207×308 cm) che il pittore francese realizzò con l’intento di dimostrare attraverso la pittura le nuove teorie divisioniste.
Intenzionato a mostrare praticamente la nuova tecnica, Seurat iniziò a lavorare al progetto di una nuova grande tela. Il luogo scelto dal pittore francese fu l’isolotto della Grande-Jatte, sulla Senna, presso Neuilly sur Seine.
Al mattino, con la luce migliore, l’artista andava alla Grande-Jatte e lì abbozzava scene dipinte a olio con tecnica impressionista; il resto della giornata invece lo trascorreva nell’atelier, dove disegnava a matita singoli particolari e ritoccava la tela.
Una volta ultimato, il quadro fu presentato all’Esposizione degli Impressionisti, nel 1886, e fu accolto con sdegno e disapprovazione sia da parte dei pittori sia dei critici dell’epoca, che rimasero perplessi di fronte alla singolare tecnica utilizzata da Seurat.
Anche successivamente, però, l’opera non fu apprezzata come meritava. Ci fu chi la definì “un mosaico di tedio”; chi vi lesse la testimonianza dei “giganteschi conflitti sociali presenti tra i lavoratori e i capitalisti”. Solo una voce si alzò in difesa del dipinto: il critico Félix Fénéon (1861 – 1944) che nella rivista “La Vogue” espresse tutto il suo apprezzamento sia per la “nuova maniera di interpretare la realtà” sia per i contenuti del dipinto, dove è possibile ammirare “un’umanità domenicale contenta di essersi riunita fortuitamente al fresco dell’aria aperta, assiepata tra gli alberi”.
In “Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte”, Seurat ci mostra una carrellata di personaggi di tutte le classi sociali e anche di tutte le età. Possiamo individuare due militari (sfondo a sinistra) che passeggiano sotto il sole, molte coppie distese all’ombra degli alberi, un’infermiera (a sinistra) riconoscibile per il suo cappello bianco a fasce rosse, un’arzilla vecchietta munita di un elegante parasole, dei canottieri che vogano sulla Senna, bambini che corrono sui prati e persino una donna che pesca.
Se il tema scelto da Seurat per questo dipinto è sicuramente impressionista, la tecnica da lui utilizzata si stacca da quella impressionista per diversi motivi.
L’artista francese, come i suoi colleghi impressionisti, ricerca una luminosità naturale, utilizzando pochi colori puri, ma Monet e Renoir avevano pennellate diverse dalle sue: veloci e con tocchi virgolati. Seurat, invece si esprime con tocchi di colore separati e minutissimi, spesso puntiformi.
Il pittore aveva abbracciato la legge della complementarità cromatica, teorizzata dal chimico Michel-Eugène Chevreul (1786 – 1889). Secondo tale teoria, a una visione distanziata, i vari puntini di colore puro si fondono e consentono di visualizzare un colore diverso, grazie a una ricomposizione effettuata dalla retina dell’occhio di chi guarda.
Utilizzando la tecnica del “puntinismo” (pointillisme) e sfruttando le caratteristiche dell’occhio umano, Seurat è riuscito nell’intento di ottenere una incredibile luminosità e brillantezza cromatica e per farlo non ha impiegato né impasti né velature o mescolanze chimiche. Con il suo lavoro, inoltre, è riuscito a dare dignità scientifica a quei processi ottico-visuali già intuiti dagli Impressionisti.
Osservando “Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte” si coglie l’impressione di un’atmosfera immobile, silenziosa e priva di uno svolgimento temporale, mentre le figure sono rappresentate in pose statiche.
Lo spazio del quadro è fortemente geometrizzato e si avverte prepotente l’insegnamento dei grandi maestri del passato, come Piero della Francesca.
Il pittore ha prestato particolare attenzione all’armonia geometrica tra linee orizzontali, verticali, oblique e curve e ha dato all’insieme un rigore costruttivo, concatenando le figure tra loro in modo preciso e fornendo una solida struttura all’apparente caos della rappresentazione.
L’opera è divisa in due parti uguali da un asse immaginario che possiamo individuare in corrispondenza della donna che cammina frontalmente insieme alla bambina. Ci sono poi altri due assi uno a destra (il tronco di un albero) e l’altro a sinistra (il panno sostenuto dall’uomo in primo piano). Inoltre, sul lato sinistro, i soggetti sono collocati nello spazio pittorico seguendo altre due diagonali minori.
I corpi sono raffigurati solo di fronte o di profilo e sono costruiti sulle forme geometriche del cilindro e del cono; non possiedono plasticità: “sono fatti dello stesso pulviscolo multicolore che pervade lo spazio”.
Anche la profondità riserva una sorpresa, in quanto non è il risultato del consueto effetto illusionistico dato dalla prospettiva, bensì un attento lavoro cromatico: dalla zona in ombra in primo piano, si passa all’area dello sfondo, luminosissima.
Uno degli aspetti più rilevanti di “Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte” è, in ogni caso, la luce sprigionata dal colore, realizzata con una tecnica mista di stesura.
In copertina: Georges Seurat, “Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte” (1884-86), olio su tela (dimensioni 207×308 cm), conservato all’Art Institute of Chicago